di Patrizia Poli
Guelfo Civinini (1873 – 1954) è nato a Livorno solo perché i genitori vi si rifugiavano per sfuggire alla malaria.
Ha vissuto principalmente a Roma, dove si è spento nel 54, ma la sua vita è stata particolare, piena attività che ne fanno un personaggio interessante, al di là della scrittura.
Corrispondente del “Corriere della Sera” fu inviato di guerra in Libia e in Grecia, seguì l’impresa di Fiume di d’Annunzio e aderì al fascismo, diventando uno dei firmatari del “Manifesto degli intellettuali fascisti” ma, dopo le leggi razziali e il patto con la Germania, si distaccò dall’ideologia di Mussolini fino a diventare scrittore “non gradito” al governo.
Fra le due guerre viaggiò molto, soprattutto in Africa orientale, dove realizzò il documentario Aethiopia per conto dell’Istituto Luce. Organizzò persino una spedizione alla vana ricerca di un esploratore morto.
Comprò sull’Argentario la Torre di Santa Liberata, compiendovi degli scavi che portarono alla luce una villa romana.
Una figlia gli morì suicida nel 29.
La sua produzione parte dalle poesie crepuscolari di “l’Urna” e “I sentieri e le nuvole” - che lo fanno rientrare a pieno diritto nel Decadentismo con una visione intimista, malinconica e sfiduciata - passa attraverso la produzione teatrale per sfociare nel verismo delle novelle, basate sui ricordi d’infanzia e sull’ambiente maremmano ma anche africano.
Rimane famoso soprattutto per aver scritto il libretto de “La fanciulla del West” musicata da Giacomo Puccini.