di Grazia Nonis. La pancia è gonfia, enorme sul corpicino scheletrico. Sulla sua pelle uno stuolo di mosche danza una macabra ballata di morte. Meravigliosi occhi neri, grandissimi, fissano la telecamera. Attraversano l’obbiettivo, colpiscono al cuore. Non molto lontano, altre immagini.
Teste di bambini infisse su dei bastoni. Avanzi di braccia e gambe giacciono a terra. Tante foto a fare il giro del mondo senza scuotere le anime, spalancare le coscienze, buttar giù le frontiere. Senza applausi, senza pulpiti, senza inni alla gioia. I bambini salgono in cielo, si bloccano. Sgorgano lacrime di morte mentre provano pietà per il corpo senza vita del fanciullo sulla spiaggia. Quello che ha sconvolto il mondo. Guerra di fame, guerra di religione, guerra di potere, guerra di follia. Modi diversi di morire, ma per troppi non c’è stata fuga attraverso il deserto, nessuna bagnarola a prendere il largo, nessun morto annegato. Nessun corpo raccolto da un soldato misericordioso. Centinaia di scatti, immagini, reportage. Per loro nemmeno un avanzo di pietà. I bambini che non scuotono il mondo. Anche le loro mamme sono morte. Tante per la fame, troppe con la testa sgozzata dopo aver subito tortura, violenza, stupro. Un coro di anime innocenti che hanno sperato, supplicato, pregato che qualcuno andasse ad aiutarli, a sfamarli, a difenderli. Pane, acqua, medicine, chiedeva quello della pancia gonfia. Angeli col fucile, chiedeva la testa infilzata sullo spiedo di legno.