Ma il secondo e il terzo pilastro, l’adesione senza se e senza ma, ai voleri di Bruxelles, Berlino e Bce oltre al rimaneggiamento della Costituzione scritta come strumento di sopravvivenza della sistema politico fondato su una indecorosa Costituzione materiale, rimane in piedi e aiuta il Cavaliere nella sua battaglia: la minaccia di rendere impossibile il raggiungimento dei massacri comuni e la messa in mora del Pdl gettano un’ombra sul voto per la decadenza oltre che spiazzare le colombe. Ma forse la guerriglia generalizzata con gli schioppi caricati a salve, vista la sostanziale convergenza delle politiche, eccettuate le aree di clientela e il nome delle tasse, è ancora più funzionale della pace perché salva entrambi i contendenti dal figurare come responsabili unici del disastro a cui ci stanno conducendo. Di certo un Berlusconi guerrigliero piace al Pd che forse potrebbe tentare un esile governo con la raccolta di qualche transfuga, ma che poi pagherebbe il conto alle elezioni. E Silvio dal canto suo con la rivoluzione al passato di Forza Italia potrebbe sottrarsi all’accusa di aver votato quei provvedimenti che per la sua base sono come l’aglio per i vampiri.
Il fatto è che sia Pdl che Pd fanno cose odiose per i loro rispettivi elettorati e non di rado per entrambi: a questo punto la finzione del conflitto, anzi la sua reiterazione grottesca all’interno dello stesso governo e della medesima maggioranza, è qualcosa che aiuta lo svolgimento della commedia assai più di una pace mortuaria. Certo questo rischia di rallentare il progetto neo democristiano di Letta e Napolitano, di rompere le uova nel paniere prima della schiusa, ma allontana anche il pericolo che movimenti e partiti alternativi in incubazione o intenti alla loro definizione, finiscano per decimare quelli maggiori. L’ideale sarebbe di tirare in lungo il più possibile la questione della decadenza del Cavaliere per tenere vivo l’impressione di uno scontro che c’è, ma solo sulle questioni giudiziarie del tycoon. Tutto il resto è paranoia.