Che lo Stadio Olimpico fosse un porto franco dove tutto è possibile e tutto è concesso era già noto da tempo. Eppure le polemiche degli scorsi anni avevano lasciato intendere che ci fosse la volontà di risolvere il problema. Guardando queste immagini verrebbe da chiedersi a che razza di incompetenti abbiamo affidato questo compito. Andare allo stadio oggi significa rischiare la vita. E questo accade ormai solo in Italia. In Inghilterra, in Germania, in Olanda, avevano molti più problemi di noi sotto questo punto di vista. Tutti noi ricordiamo il fenomeno hooligans, la massa urlante dei tifosi ubriachi che distruggevano tutto quello che incontrava sulla propria strada. Ebbene, all'estero il problema lo hanno risolto. Gli hooligans ci sono ancora ma le risse da stadio sono solo un ricordo. E in Italia? Qui da noi siamo ancora fermi al medioevo, abituati ad accantonare i problemi o a risolverli in maniera approssimativa e superficiale. Infiliamo i tifosi in stadi che sembrano gabbie per polli, non riusciamo neanche a fare in modo che le due tifoserie avversarie vengano a contatto. Così il giorno dopo il derby si contano i danni: una macchina bruciata (e per poco una donna nigeriana con due bambini non ci lasciava le penne), cassonetti spaccati, tre accoltellati di cui uno alla gola (si, avete capito bene: alla gola!) ricoverato in gravi condizioni. E tutto questo nell'indifferenza generale. Mentre i volontari antidegrado andavano a pulire i muri di Trastevere gli ultras preparavano l'armamentario, composto da mazze, asce, seghe, bastoni e coltelli (per citare solo il materiale sequestrato). Questi qui ti tolgono anche la gioia di esultare per un gol. Al solo pensiero di cosa accadrebbe ai muri dei palazzi se per caso si dovesse vincere lo scudetto, mi viene quasi da augurarmi che tutto questo non avvenga.
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