Animali e libri: due protagonisti che sono da sempre nei cuori di tutti i bambini. E questo lo sa benissimo Guido Sgardoli, visto che nella vita è un veterinario per professione e uno scrittore per passione.Da anni crea fantastiche storie che sono diventate dei veri must per i piccoli lettori: Grandi classici in poche parole, la serie Skynner boys, Il giorno degli eroi, Che notte è questa, Nemmeno un giorno, Muso rosso, Il castello della paura e, pubblicato da poco, Dragon boy sono solo alcuni esempi.Nato a San Donà di Piave, vive e lavora da anni a Treviso; il suo esordio letterario prende il via con con la casa editrice Salani nel 2004 con George W. Blatt - Amministratore Condominiale , al quale segue una continua e fortunata pubblicazione di capolavori per bambini e ragazzi con i più importanti editori italiani. La sua fantasia e la sua creatività non hanno affascinato solo l'Italia, ma hanno varcato i confini e contagiando anche l'estero, dove sono presenti moltissime traduzione delle sue opere.Molti i riconoscimenti che hanno confermato la magistrale capacità letteraria di Guido Sgardoli: ad esempio il Premio Bancarellino nel 2009 per "Eligio S. I giorni della ruota" (Giunti); il Premio Andersen 2009, come miglior scrittore per lo stesso libro; White Ravens 2012 con "The Frozen Boy" (Edizioni San Paolo); e Premio Andersen 2015 - Libri per l'Infanzia e l'Adolescenza sulla Grande Guerra a "Il giorno degli eroi" (Rizzoli).Il suo impegno per la letteratura per l'infanzia è così forte e sentito che lo scrittore aderisce insieme ad altri autori e illustratori a Writers With Children, un movimento a favore del riconoscimento del diritto di cittadinanza per le bambine e i bambini stranieri nati in Italia, e a ICWA, la prima Associazione Scrittori Italiani per l'Infanzia e l'Adolescenza.
Tra pochi giorni potremo trovare in tutte le librerie il suo nuovo lavoro, "Che genio" (Edizioni El): un altro importante traguardo per Sgardoli, che sicuramente sarà in grado di regalare altre pagine di suspance ed emozioni ai suoi giovani affezionati lettori.
- Tra pochi giorni troveremo in libreria il suo ultimo libro, “Che genio”: ci anticipi qualcosa…
Si tratta delle biografie di 18 grandi personaggi della storia: da Picasso alla Callas, da Kubrick a Mandela, da Ghandi ad Einstein, dalla Montalcini a Gutenberg. Vediamo le loro vite prima che diventassero dei geni, per capire, se c’è, cosa rende tali.
- Da veterinario a scrittore, come è avvenuto questo particolare “passaggio”?
In realtà ho iniziato scrivendo le mie prime storie già alle medie. Quindi direi che sono uno scrittore che ha fatto anche il veterinario. Quand’ero ragazzino sembrava difficile se non impensabile poter vivere grazie alla scrittura. Così ho intrapreso un percorso di studio che mi ha portato alla laurea. Ma non ho mai abbandonato i miei sogni, le mie fantasie letterarie.
- Ci confidi tre ingredienti che in un libro per ragazzi non dovrebbero mai mancare...
Avventura, una punta di mistero e, se possibile, un finale totalmente spiazzante.
- Un altro suo grande capolavoro amato dai ragazzi è “Dragon Boy”: perché secondo lei affascina questo personaggio?
Dragon Boy incarna la rivincita di chi si sente ultimo, di chi ha poca stima di se stesso, di chi fatica per affermarsi. È un eroe semplice, come lo è Zorro o Spiderman, una persona come tante che trova il coraggio e la forza per diventare super.
- Ha mai pensato di trasformare un protagonista dei suoi libri in un candidato per una serie tv per bambini?
L’ho fatto, ed attualmente è al vaglio di chi dovrebbe produrlo.
- Lei ha scritto numerosissimi libri: da dove e come nascono i suoi personaggi e le sue storie?
Le storie e i personaggi che le popolano sono intorno a noi o nei nostri ricordi: basta saper osservare e cercare, essere recettivi. Chi inventa storie è un po’ come un archeologo: a volte deve scavare dove sembra che non ci sia nulla.
- C'è un suo libro che ricorda in particolare perché legato a qualche ricordo particolare?
Il mio primo libro pubblicato con Salani: “George W. Blatt amministratore condominiale”. È stato il primo di una serie incredibile (circa 60) e un’autentica sorpresa il fatto che qualcuno fosse disposto a pagare per avere una mia storia. Tra un paio di mesi, quel libro verrà ripubblicato da Giunti nella nuovissima collana Colibrì con il titolo “Blatt”. E sarà una nuova emozione.
- I suoi racconti vengono tradotti in molti paesi stranieri, come ad esempio la Turchia: come riesce a gestire questa popolarità?
Mi fa piacere. Sapere che ragazzini che parlano una lingua diversa dalla mia, che abitano in paesi anche molto lontani, condividono con me la stessa storia mi riempie di entusiasmo e mi spinge a continuare, a fare sempre meglio e di più. E mi onora. In effetti la Turchia è il Paese in cui sono maggiormente tradotto (una dozzina di titoli) e uno dei miei editori turchi mi ha invitato alla prossima Fiera del Libro di Istanbul, in novembre. Un’altra fantastica esperienza.
- Come descriverebbe il suo stile letterario?
Classico. Nel senso che, a prescindere dal genere e dalla forma, prediligo un modo di scrivere tradizionale, che prende spunto dai grandi scrittori del passato, quelli che mi hanno accompagnato durante la mia crescita letteraria e ai quali mi sono ispirato quando ho cominciato a dare un senso ai miei disordinati tentativi di scrittura. Significa curare la scelta delle parole, non utilizzare troppi neologismi, non servirsi dello slang (della lingua parlata) per accattivarsi le simpatie dei lettori, utilizzare una architettura narrativa non necessariamente semplice. In altri termini non penso che al lettore debba essere servita la pappa pronta: leggere significa anche fare qualche piccola gratificante fatica.
- C'è qualche autore del passato al quale si ispira?
Ce ne sono stati tanti: London, Verne, Poe, Steinbeck, Faulkner. Ma anche Roald Dahl, uno dei miei preferiti.
- Quale è, secondo lei, la situazione dell'editoria italiana attuale?
Quella per adulti è messa male e vive di estemporanei (e discutibili) best seller, tipo il giornalista, il comico, lo sportivo, il panettiere o i romanzi che solleticano gli appetiti inconfessabili. L’editoria per ragazzi segna sempre un passo positivo, anche se minimo, ed è quella che tira il mercato. I ragazzini leggono molto più degli adulti. Merito della loro mente non ancora impigrita e contaminata, e dei tanti insegnanti e bibliotecari che si dannano per spingerli a considerare i libri e le storie delle alternative alla televisione, ai videogiochi, allo smartphone e al nulla che spesso hanno intorno.
- Lei che consiglio darebbe, in base alla sua esperienza, per dare una marcia in più alla letteratura per ragazzi?
Non ho ricette sicure, altrimenti le avrei già proposte e mi avrebbero fatto Ministro della Cultura! Però è indubbio che i lettori di domani, gli adulti responsabili e coscienziosi che guideranno il mondo nel futuro, si celano tra i bambini che oggi incontriamo nelle scuole o nelle biblioteche o ai festival. Dobbiamo convincerli che leggere aiuta ad aprire la mente, a capire la realtà che ci circonda, che permette di diventare persone complete, capaci di prendere decisioni e di motivarle. Neil Gaiman ha detto che leggere aiuta ad immaginare e immaginare qualcosa di diverso da com’è può servire a costruire un mondo nuovo e migliore di questo. E poi le famiglie: l’esempio è la base dell’educazione. Se qualche genitore in più si facesse vedere dai propri figli con un libro in mano, sarebbe d’aiuto.
- Quale è il rapporto con i suoi piccoli lettori?
Come detto, li incontro spesso. Li ascolto, per capire cosa amano e dunque come creare le mie storie. Mi scrivono, a volte, ed io rispondo sempre.
- Guido Sgardoli da bambino sognava...
Molte cose. Avventure, viaggi, conoscere posti e popoli, disegnare, scrivere. Alcuni di questi sogni ho avuto la fortuna di vederli realizzati.
- Il suo sogno nel cassetto?
Tanti. Scrivere per il teatro e vedere un mio libro diventare cartone animato o film, altre due mie grandissme passioni.
- Ha qualche progetto “in pentola”?
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Intervista di Isa Voi