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Forse è un bene che certi film non arrivino in Italia.Non tanto perché così rimangono culti per pochi astuti fortunelli che se la possono tirare per essere fan di registi come Sono che le persone normali manco sanno chi sono.Al di là di questo, che pure dà un ulteriore piacere alla visione, il motivo principale è che vederli in italiano farebbe perdere una enorme fetta del loro fascino originale, in questo caso tutto orientale.Al proposito c’è una scena fondamentale in questo Guilty of Romance, in cui la protagonista Izumi si guarda allo specchio nuda e ripete una frase a mo’ di mantra. Non pensate a chissà quale frase profonda che sveli il segreto della vita. Niente di tutto questo. È semplicemente una frase fatta con cui Izumi ferma i clienti nel supermercato in cui lavora per far assaggiar loro delle specie di salcicciotti. Ogni riferimento sessuale è puramente voluto. E la cosa importante non è nemmeno il fatto che sia nuda, sebbene abbia pure due tette davvero ma davvero ma davvero notevoli. Eppure, ripetendo questa frase in giapponese di poca importanza che ti si incolla in testa, Izumi realizza se stessa, diventa un’altra persona, ha una nuova consapevolezza, subisce una trasformazione.Ed ecco che ho pensato a questo Guilty of Romance come a una sorta di versione nipponica di Black Swan.
La protagonista Izumi è una giovane affascinante donna che si è appena sposata con un noto scrittore. Non sto parlando di Moccia che sarà anche noto ma NON è uno scrittore.
Izumi sembra assolutamente felice della sua vita e serve il marito con una dedizione parecchio orientale. Roba che qui in occidente molte donne, ma non solo loro, considererebbero una vera e propria forma di schiavitù. Però Izumi accetta di buon grado il suo ruolo di moglie/serva devota che presenta le pantofole al marito sempre nel loro esatto posto ogni mattina. Una cosa però manca nel suo matrimonio, una cosa a cui non può rinunciare. La libertà? No, questo NON è Braveheart thanx God!, bensì il sesso. Il marito infatti sembra non voler cedere ai piaceri della carne, nonostante i due siano legittimamente sposati e non si capisce bene il perché.Se il porgergli le pantofole e fargli da donna schiava lo accetta anche con piacere, a Izumi questa cosa del nada sesso non va proprio bene e la sua vita comincia a sembrarle vuota. Così decide di mettersi a fare la modella… pornografica. La variante con gli occhi a mandorla della casalinga disperata diventa così ben presto una specie di pornostar, nemmeno tanto soft-porno, comincia a scopare in giro con chiunque le capiti sotto tiro e finisce in men che non si dica nel giro della prostituzione, anche grazie alla frequentazione con la misteriosa figura di Mitsuko.Ne Il cigno nero, Nina la ballerina perfettina finiva risucchiata dalla spirale della perversione grazie all’amicizia con Mila Kunis. Qui succede qualcosa di analogo e, soprattutto da un punto di vista sessuale, persino più estremo, con Izumi che viene assorbita dalla vita di Mitsuko nel Castello. Una casa di prostituzione dal nome non a caso kafkiano in cui succederà di tutto e di più.
Raccontata così sembra la trama di un manga porno. E forse un po’ è così. Ma da un punto di vista cinematografico, Guilty of Romance è però anche un film strepitoso. Il regista Sion Sono conferma ancora una volta di essere un gran pervertito e un maniaco sessuale, come già ci aveva mostrato con l’estremo (e non solo in senso di Oriente) Cold Fish. Un film che a questo è del tutto speculare, con il suo raccontare della vita di una persona (apparentemente) normale travolta dagli eventi e da particolari frequentazioni, che finiscono per trasformarla del tutto in qualcosa d’altro. Di perverso. Ma in fondo la perversione è una caratteristica comune a molti altri grandi registi, da David Lynch a Quentin Tarantino fino a Woody Allen. Si può cercare tante analisi profonde delle loro pellicole, ma per lo più girano sempre e solo intorno a una cosa… sì, quella.
Guilty of Romance è un thriller/horror, ma anche un viaggio godurioso e lussurioso, vissuto attraverso una protagonista strepitosa sia per l’intensità con cui si dona al suo personaggio, sia per il fascino del suo volto ingenuo, che per il suo corpo da porno-manga-vivente. Se Sono a questo giro riesce a mantenere la durata della pellicola sotto le due ore (sebbene sembra che a Cannes sia circolata pure una versione più lunga), limitando la sua dirompente ma spesso incontrollata energia creativa, la vera forza del film è lei, la protagonista Izumi interpretata dalla super dotata (in tutti i sensi) Megumi Kagurazaka.In attesa di Himizu, il primo film sul Giappone post-terremoto che potrebbe a sorpresa arrivare nelle sale italiane nel corso del 2012, e dopo i qui già osannati Ekusute e Cold Fish, inseriti nella mia lista dei film migliori della scorsa annata, il regista nipponico ha infilato un’altra piccola anzi grande perla a una filmografia sempre più pazzesca.Arigato Sion Sono. Arigato.(voto 8)
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