Magazine Cinema
1989, Giappone, colore, 100 minuti
Regia: Masato Harada Sceneggiatura: Masato Harada
Scopro dagli amici di Asianfeast che sul finire degli anni Ottanta viene indetto un concorso per trovare soggetti interessanti per un nuovo film su Godzilla, tra i partecipanti un americano, James Bannon, sceneggiatore alle prime armi e, stando a imdb, futuro signor nessuno. Il suo spunto non piace tanto da vincere, ma viene riutilizzato dalla Toho che, assieme alla Sunrise, mette in cantiere un progetto estremamente ambizioso, un costosissimo, per l’anno e il luogo d’origine, kolossal di fantascienza robotica destinato, nonostante gli enormi limiti, a diventare un piccolo, sconosciuto cult. A scrivere e dirigere viene chiamato Masato Harada, ma storia e messinscena risultano trascurabili e irrilevanti, soprattutto considerando le vicissitudini che le coinvolgono: copione riscritto una decina di volte, tempi ristretti di realizzazione, e per di più un rimontaggio/doppiaggio killer per l’uscita in America che porta Harada a rinnegare del tutto l’opera.
Quello che importa, e quello che piace, in Gunhed, è il ruolo di mr Macross Shoji Kawamori e di Koichi Kawakita, che rispettivamente disegnano e realizzano i mecha protagonisti, colossi di ferro in scala 1:1, robottoni alti dieci metri (!) che, pur non potendo chiaramente permettersi le movenze e l’agilità delle loro controparti animate nelle serie di Gundam, Votoms e simili che proprio in quegli anni creano i massimi capolavori dell’animazione robotica, entrano di diritto nella storia degli effetti speciali.
Son grossi così! Siamo in un futuro non troppo lontano, quanto basta per la costruzione di una super-fabbrica dove sfornare super-robot e di un super-computer, Cyron-5, che la dirige e che, di punto in bianco, dichiari guerra al mondo intero. Al termine del conflitto, più di un anno di battaglie sanguinose che si concludono con uno sterminio totale, microchip e parti di ricambio diventano merce assai preziosa, per questo uno squadrone di sciacalli cyberpunk si introduce nell’imponente edificio/fabbrica piramidale dove risiede il dormiente Cyron-5, con lo scopo di rubare tutto il possibile, ma ovviamente va tutto storto.
Non è male la base di partenza di Gunhed, con una ventina di minuti dedicata all’attività criminale dei pirati spaziali e al loro massacro sequenziale da parte di un’entità umano/cibernetica che a dirla tutta ricorda un po’ la mosca ne L’esperimento del dottor K. Ehm...
Poi Harada si perde progressivamente per strada, incapace di tenere le redini di una storia assai semplice ma esposta con esagerata lentezza ed enorme confusione. Gunhed, per quanto film di totale azione, manca di ritmo e velocità, per tutta la sua durata sembra di vedere i suoi protagonisti vagabondare senza meta nello sterminato edificio e non è mai, mai chiaro lo scopo delle loro azioni, il motivo che li spingono a dividersi per poi ritrovarsi per poi combattere per poi inserire strane aggeggi in strane fessure. In generale Gunhed è un film molto brutto e molto noioso, insopportabile nell’accompagnamento musicale elettropop ultraripetitivo, diretto grossolanamente e pure mal recitato (clamorose le scene in cui Brooklyn e Texas inciampano e sparano, esempi lampanti in cui mostrano che stanno recitando, per non parlare dell’inefficacia del montaggio), un monumentale boh che si accetta perplessi e straniti, sperando in un qualche chiarimento che però non arriva mai.
Ma ci sono i robot, in particolare il Gunheddo, come lo pronunciano loro, questo colossale mezzo semovente, una sorta di carro armato forse più simile alla concezione robotica di un Masamune Shirow che a quella su cui si è costruito la fama Kawamori, una macchina che muove busto, braccia e armi (gigantesche machine gun e cannoni laser) oltre a trasformarsi, con largo uso di pistoni, componenti che si incastrano e dettagli meccanici, come nelle più classiche serie anime di super-robot, in un vero e proprio veicolo militare, il tutto realizzato e filmato senza un briciolo di CG (erano anche altri anni, eh) né ricorrendo ai più consueti modellini in scala. Ed è emblematica la ripresa, sicuramente la più bella del film, in cui la camera segue Brooklyn mentre scala il Gunhed, si rimane a bocca aperta per la maestosità del mecha, per l’abilità meccanica e per l’ambizione nel portare a termine un simile progetto che, come vuole la tradizione, si dimostra essere unico, incredibile pregio di un prodotto altrimenti inutile.
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