Sergio Pennacchini Giornalista freelance, scrive di videogame da troppo tempo per ricordarsi esattamente quando ha iniziato. Vive a Londra ma non è un cervello in fuga perché mancano le basi, cioè il cervello. Lo trovate su Facebook e Twitter.
La prima a provarci, come spesso è capitato nella storia, è stata Sega. Erano anni in cui la casa di Sonic era splendidamente folle, pronta ad abbracciare qualsiasi idea, anche la più stramba, e trasformarla in realtà. Erano gli anni di console a noi semisconosciute e dai nomi che sembrano usciti da un cartone animato dei Power Rangers, come Wondermega, MegaJet o Multimega. Erano anche gli anni in cui qualcosa stava per cambiare, nuove tecnologie si affacciavano all'orizzonte, pronte a scardinare il nostro modo di guardare la tv, ascoltare musica, giocare. Nel 1990, in Giappone, Sega lancia il Mega Modem, una costosa (circa 90 euro, al cambio attuale) periferica per Mega Drive che permetteva di collegarsi al servizio Meganet per giocare ad alcuni titoli inediti, pagando un piccolo abbonamento mensile. L'idea, per quanto rivoluzionaria, non funzionò: i prezzi troppo alti e una tecnologia ancora acerba portarono il progetto Mega Modem al fallimento. Nonostante fosse previsto il lancio anche in America, la periferica venne presto abbandonata. Qualche anno dopo, negli Stati Uniti il colosso Time Warner è alla ricerca di partner per lanciare il suo nuovo servizio di tv via cavo. Time Warner e Sega cominciano a parlare di un'idea, un progetto: creare un servizio via cavo per scaricare demo e giochi per Mega Drive, qualcosa di simile al Meganet, ma più veloce e più vasto. Dopo qualche esperimento nel 1993, a gennaio 1994 nasce ufficialmente il Sega Channel.
Una periferica con cartuccia da inserire nel Mega Drive, per collegarsi a un servizio via cavo che permetteva di scaricare demo dei giochi in uscita, oppure versioni complete di giochi già disponibili (anche se a volte con qualche piccola rinuncia a causa di limitazioni di memoria). Sul Sega Channel gli utenti americani (e, in seguito, anche i colleghi giapponesi e pochi paesi europei) poterono provare alcuni titoli che da loro non uscirono mai su supporto fisico, come quel capolavoro di Alien Soldier della Treasure, oppure Mega Man: The Wily Wars. Per giocare bisognava ovviamente pagare un abbonamento, piuttosto salato, che permetteva di accedere a un catalogo di una cinquantina di titoli che ruotavano dopo un po' di tempo. Il successo di questa avveniristica iniziativa però fu soltanto discreto, probabilmente a causa dei costi un po' troppo elevati: si parla di circa 250.000 utenti registrati nel miglior periodo, un buon numero ma non sufficiente a convincere Sega a insistere in questo progetto. La casa giapponese chiuse il servizio Sega Channel il 31 luglio del 1998: l'arrivo del Saturn spinse i piani alti a Tokyo a lasciar perdere definitivamente il Mega Drive e tutti i progetti collegati alla console a 16-bit. Nel frattempo, però, a Kyoto qualcuno aveva osservato curiosamente le mosse di Sega: bell'idea, avranno pensato in Nintendo, ma noi possiamo fare di meglio...
Verso l'infinito e oltre
Sento GIGA era una piccola compagnia con sede nel quartiere di Akasaka, a Tokyo, a nord di Roppongi, il quartiere più "notturno" della megalopoli giapponese. Era una radio, ma molto speciale: fu una delle prime al mondo a trasmettere i propri programmi via satellite. Audio di alta qualità, musica jazz, new age, anche un po' di classica, che si poteva ascoltare su abbonamento. Ai tempi, era un'idea molto innovativa: potendo contare sui soldi delle sottoscrizioni e su clienti molto affezionati, le trasmissioni di St. GIGA non avevano dj, niente parlato, niente pause pubblicitarie, solo musica con una qualità audio molto elevata. L'emittente aprì i battenti nel 1990 per volontà del canale TV satellitare WOWOW. Nintendo, nel frattempo, guardava all'esperimento di Sega e progettava di realizzare qualcosa di simile anche per il suo Super Nintendo che, seppur ormai sul viale del tramonto, godeva di vendite ancora fortissime, soprattutto in Giappone. Dopo una prima fase di entusiasmo iniziale, gli abbonamenti di St. GIGA crollarono. Forse per via di un modello di business troppo particolare, troppo innovativo per quei tempi (stiamo parlando dei primissimi anni '90), l'emittente satellitare navigava in cattive acque.
Nintendo decise di intervenire, acquistando una consistente quota della società nell'ottica di una partnership legata a un innovativo servizio per il suo Super Famicom: nasce l'idea di Satellaview. Satellaview non era il primo tentativo di Nintendo di connettere una sua console a questo nuovo e affascinante mondo del web. Già nel 1988 la Nintendo creò il Famicom Net System, un modem per il primo NES che permetteva di accedere ad alcuni servizi come trucchi e consigli per i giochi del momento, previsioni del tempo, scommesse sui cavalli, mercato azionario, ecc. Si trattava ovviamente di un esperimento: ai tempi la tecnologia non era ancora abbastanza sviluppata per poter realizzare la visione di Nintendo. Quello che serviva era una connessione più veloce, più stabile, più sicura, in grado di permettere il download di quantitativi più sostanziosi di dati. Il Satellaview era tutto questo. Un servizio che avrebbe permesso a Nintendo di creare un canale diretto con i suoi appassionati più fedeli che, in cambio di un abbonamento mensile, avrebbero ricevuto materiale esclusivo, non disponibile altrove. Ecco la grande differenza e l'intuizione vincente di Nintendo: a differenza di Sega Channel, che per la maggior parte non faceva altro che proporre demo e giochi già disponibili su cartuccia, il Satellaview permetteva l'accesso a giochi sviluppati ad hoc, non disponibili altrove, alcuni dei quali hanno in qualche modo fatto storia, come Legend of Zelda. Anche per questo, nonostante il Satellaview arrivò alla fine della carriera del Super Nintendo e circa un anno prima dell'arrivo del Nintendo 64, il progetto di Nintendo fu un successo in Giappone e durò per diversi anni.
Il Netflix dei videogame
L'incontro con St. Giga porta alla nascita del Satellaview. Era una periferica che costava, ai tempi, circa 18.000 Yen (che oggi corrispondono a 130 euro e spicci). Si posizionava sotto al Super Famicom, a cui si collegava attraverso la porta espansione, rimasta inutilizzata fino ad allora. La periferica era accompagnata da una speciale cartuccia che conteneva il sistema operativo, che consisteva in una città liberamente esplorabile dal giocatore, dove ogni edificio corrispondeva a un certo servizio oppure a un gioco. " La città cui avevano rubato il nome", questo il nome di questo strano villaggio fatto di pixel colorati, era di fatto il menu principale del Satellaview, con contenuti che cambiavano quotidianamente, a volte ogni ora. Si poteva creare il proprio avatar, controllare le classifiche, le ultime news, leggere il magazine dedicato agli abbonati, e ovviamente accedere ai vari giochi disponibili. Era di fatto un gioco nel gioco, con tante attività secondarie da svolgere e persino una moneta virtuale interna che permetteva di acquistare nuovi oggetti e accessori. Nella cartuccia era presente anche uno slot per la memoria: 8MB che servivano per scaricare dati e soprattutto archiviare salvataggi e impostazioni di gioco. Per accedere al servizio bisognava pagare un abbonamento mensile e in più avere uno speciale adattatore che permetteva di ricevere il segnale dal satellite, venduto separatamente. Se ci pensate bene, era una specie di Netflix ante litteram.
Come il popolare servizio di video on demand, anche Satellaview prevedeva un modello ad abbonamento fisso e un sistema di distribuzione basato su finestre temporali, con il catalogo che veniva aggiornato con nuove uscite, mentre i titoli più vecchi venivano eliminati dal menu. Inoltre, proprio come Netflix, anche il Satellaview aveva dei contenuti esclusivi, disponibili solo su quella piattaforma. Se ci pensate, ai tempi, stiamo parlando del 1995, era una offerta rivoluzionaria. Quelli erano anni in cui il web stava muovendo i primi, timidissimi passi: in un tessuto del genere, innestare un'idea come il Satellaview era la dimostrazione di quanto Nintendo, al contrario di quello che molti pensano, sia sempre stata una compagnia rivolta al domani, alla continua ricerca dell'innovazione.
Peccato che il Satellaview avesse anche diversi problemi. Il principale era legato all'accardo con St. Giga. La stazione radio infatti andò avanti con i suoi programmi musicali, lasciando al Satellaview solo alcune ore del proprio palinsesto. In generale, ci si poteva collegare alla Città solo dalle 4 alle 7 del pomeriggio. Solo in questo frangente di tempo era possibile accedere agli edifici e scaricare i giochi disponibili. I giochi, a proposito, si dividevano in due categorie. Quelli liberi, che si potevano immagazzinare sulla cartuccia e giocare anche quando il servizio era disattivato, e quelli in tempo reale, legati allo scorrere del tempo, che invece erano disponibili solo quando il servizio era accessibile. E, inutile dirlo, i progetti più interessanti sviluppati per Nintendo Satellaview appartenevano proprio a questa seconda categoria. Progetti come il fantastico BS: Legend of Zelda.
Zelda su satellite
BS significava, molto semplicemente, Broadcast Satellite. BS: Zelda no Densetsu, ovvero BS The Legend of Zelda, era un episodio a parte, uno spin off che non aveva come protagonista il caro Link. Al suo posto, invece, il giocatore poteva utilizzare l'avatar creato per girare le vie della città del Satellaview. BS Zelda era un titolo davvero unico, speciale, diverso da tutto quello che i fan di Zelda avevano provato fino ad allora. In generale, era un adventure con visuale dall'alto, simile per certi versi al primo Zelda per NES.
In realtà, però, BS Legend of Zelda era anche molto altro. Fu rilasciato a episodi, quattro in tutto. Il primo episodio debuttò il 6 agosto 1995 e quelli successivi vennero distribuiti le settimane seguenti. Grazie alla tecnologia messa a disposizione da St. Giga, BS Legend of Zelda fu il primo titolo della saga Nintendo ad avere un vero e proprio doppiaggio. C'era una voce narrante che accompagnava il giocatore lungo l'avventura, indicandogli gli eventi da non perdere. Anche Zelda e Ganon avevano una voce. Ma la caratteristica più interessante del gameplay è che tutti gli eventi del gioco erano condizionati dal tempo. Il gioco si doveva affrontare in tempo reale, con l'orologio che avanzava anche se mettevamo in pausa. Uno Zelda Clock sullo schermo ricordava lo scorrere dei minuti: il giocatore doveva recarsi in certi punti della mappa a un orario preciso per ottenere preziosi bonus, armi extra o più semplicemente per far andare avanti la trama e sbloccare un nuovo dungeon o uno scontro con un boss. Dal punto di vista del gameplay, BS Legend of Zelda ricalcava lo stile del primo episodio, unendolo a uno stile grafico più al passo coi tempi. Alcuni lo considerano una sorta di remake del primo Zelda, ma in realtà era qualcosa di diverso: anche se alcune delle mappe erano simili e la storia, inizialmente, praticamente identica, il fatto di basare il gioco sullo scorrere del tempo creò delle dinamiche totalmente inedite. Il successo fu tale che Nintendo fu costretta a ritrasmetterlo diverse volte nel palinsesto del Satellaview per soddisfare tutte le richieste dei fan.
Qualche tempo dopo arrivò anche BS Zelda no Densetsu: Map 2, una nuova avventura con mappe inedite, anch'essa divisa in quattro episodi. L'amore tra Zelda e il Satellaview scoppiò fragoroso: Nintendo decise di realizzare un altro episodio per la sua innovativa periferica e, nel 1997, arriva Inishie no Sekiban, sequel di A Link to the Past per SNES. Anche in questo caso non si controllava Link bensì il nostro alter ego creato per il Satellaview. La storia è ambientata sei anni dopo gli eventi di A Link to the Past e inizia facendo una visita da un indovino nella Città cui hanno rubato il nome. Da lì, il nostro eroe viene trasportato nella terra di Hyrule, dove la principessa Zelda lo accoglie, raccontandogli dell'imminente ritorno di Ganon. Inizia così un'avventura che porterà all'inevitabile scontro finale con Ganon stesso, lungo quattro episodi che, ancora una volta, sfruttavano la tecnologia del Satellaview per aggiungere voci e doppiaggio ai personaggi principali. Come BS Legend of Zelda, anche Inishie no Sekiban era fortemente basato sullo scorrere del tempo. Bisogna tenere sotto controllo costantemente l'orologio del gioco per non perdersi preziosi extra e altri dettagli sulla trama principale. Fu un successo.
F-Zero, Chrono Trigger e tutti gli altri
Nonostante l'arrivo del Nintendo 64, la casa di Super Mario lavorò duramente per portare sempre nuovi contenuti sul Satellaview. Non solo videogame, ma anche programmi musicali dedicati ai videogame del momento, approfondimenti, trucchi, consigli, strategie. Ma il vero cuore dell'offerta Nintendo erano ovviamente i giochi. Ci furono tantissimi titoli che ebbero seguiti o remake su Satellaview, da Super Mario a F-Zero, da Dragon Quest a Fire Emblem. Fire Emblem, sullo stile di Zelda, era un gioco di ruolo diviso in quattro episodi che fu pubblicato nel 1997. Nel 2010, questa piccola perla fu inclusa in Fire Emblem: Hikari to Kage no Eiyu, remake del classico Fire Emblem Mystery of the Emblem uscito solo in Giappone su Nintendo DS. F-Zero Gran Prix fu in pratica l'unico sequel di F-Zero sviluppato per Super Nintendo, prima di F-Zero X per Nintendo 64. Square Enix invece pubblicò il primo seguito di Chrono Trigger, Radical Dreamers. Si trattava di una visual novel, le avventure testuali tipiche del Giappone, che raccontava la storia di Serge, Kid e Magil, scritta e diretta da Masato Kato, responsabile del primo Chrono Trigger e poi di capolavori quali Xenogears e Chrono Cross.
Su Satellaview arrivarono anche versioni speciali di Super Mario e una sorta di remake del primo Excitebike. Sono solo alcuni esempi di quanto speciale fu la carriera del Satellaview, che sarà segnata da circa un'ottantina di titoli sviluppato ad hoc. Titoli unici, che era possibile giocare solo se abbonati a quel servizio: pochissimi di questi titoli sono poi usciti in altre forme, e quindi non sono più recuperabili. La loro esistenza solo digitale, l'assenza totale di un supporto fisico su cui sono stati archiviati, ha così reso davvero difficile la vita a chi voleva rigiocarli. L'emulazione è insomma un problema, anche perché molto del fascino dell'esperienza di gioco era legato allo scorrere del tempo, costringendo il giocatore a fare delle scelte, oppure a organizzare la propria giornata in funzione della programmazione del Satellaview per essere sicuro di non perdersi qualcosa.
L'importanza della conservazione Satellaview fu un successo, relativamente parlando: Nintendo non ha mai svelato i dati di vendita ufficiali, ma il supporto per la macchina durò a lungo. La spina venne staccata solo nel 2000, quando ormai i videogame si stavano affacciando all'era moderna con l'arrivo delle prime console "multimediali" come Dreamcast, Xbox, PlayStation 2 e, seppur meno multimediale della concorrenza, anche il GameCube. Si chiuse così una pagina importante della storia di Nintendo, che in qualche modo anticipava molti dei concetti che la casa di Super Mario riprese anni dopo quando dovette creare la sua nuova piattaforma per l'online: il sistema operativo "chiuso" di Wii e Wii U e la nascita dei Mii affondano le loro radici, in qualche modo, anche nel Satellaview.
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