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Guy Bourdin: "E' la moda, baby".

Da Treasures
Guy il ragazzo visionario e un po' crudele. Guy il fotografo, futuro protetto di Man Ray. Guy il nemico della stampa e della mondanità, contraddittorio e ruvido, che negli anni ottanta espresse uno straordinario talento visivo, fotografia dopo fotografia: è la moda, baby.
Sempre un po' in disparte, Guy Bourdin ha segnato l'immaginario della fotografia di moda del ventesimo secolo, forzandone i cardini espressivi in chiave enigmatica e leggermente nonsense, spingendosi ai limiti delle calligrafie narrative di Helmut Newton e Richard Avedon.
Quest'ometto con la reputazione di cattivo - alle spalle il suicidio della moglie, numerose denunce di crudeltà da parte delle modelle, tutte puntualmente ritirate all'ultimo minuto - eccolo che insegue, con le sue colorate metafore, la perfezione di corpi sempre in bilico.
La sua è la ricerca di un senso attraverso il labirinto senza fine della passione e dell'incoscienza, fino alla sublimazione finale, ed eterea, degli elementi narrativi dei suoi soggetti preferiti: le donne. Donne che giocano tra loro, sovrastate da oggetti e vittime dell'accumulo tipico della moda. Quelle stesse donne che da sempre ci sfuggono nella loro essenza glamour e sensuale, un poco crudele; carnali come le dames di Tamara de Lempika, eteree come le ladies di Edward Hopper.
Non volle mai pubblicare memorie, né scrivere nulla sulla sua tecnica, per non rischiare di insegnare qualcosa a qualcuno. Un vero maestro, insomma. 

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