Gypsy Rose Lee è uno dei numi tutelari per tutte le performer neo-burlesque. Non solo perché è stata una grande esponente del burlesque classico, dotata di classe e charme non comuni, ma anche perché metteva in primo piano un elemento che, in quel tempo e in quell’ambito, era in qualche modo innovativo: la testa.
Se la maggior parte delle colleghe basava le performance sull’aspetto corporeo del burlesque, Gypsy sapeva spostare l’attenzione sull’aspetto intellettuale della seduzione, sempre con un tocco di ironia se non addirittura di umorismo, mai greve, che poteva far arrossire ma non certo mettere in imbarazzo (“Let me entertain you, let me make you smile”, canta Natalie Wood nel film di cui stiamo per parlare).
Di più: l’intelligenza di Gypsy stava anche nell’annullare i due luoghi comuni principali, allora imperanti (ma mai del tutto scomparsi), sulle donne. Da una parte, le donne sottomesse agli uomini; dall’altra, le “donnacce” prive di morale. O persone fragili, quasi asessuate, sicuramente inferiori, o esseri forti, dalla spiccata sessualità, che rischiavano di travolgere e stravolgere il potere maschile. O bianco o nero. Nessuna sfumatura di grigio.
A riempire quel vuoto, almeno nello spettacolo, Gypsy Rose Lee, la cui eredità è stata abbracciata in pieno e positivamente estremizzata nel neo-burlesque, soprattutto anglo-americano. La battuta di Dirty Martini riguardo al burlesque come spettacolo “fatto dalle donne per le donne” ne è un esempio chiarissimo.
Karl Malden, Rosalind Russell e Natalie Wood nel film.
Probabilmente, più che questo, è stata la sua travagliata ascesa nel mondo dello spettacolo a rendere la storia di Gypsy interessante per mezzi di intrattenimento. Ma ci piace credere che, in qualche modo, anche le suddette “sfumature di grigio” abbiano avuto un loro ruolo.
La sua biografia Gypsy: A Memoir (1957, pubblicata in italiano nel 2011 da Adelphi) è stata alla base del musical teatrale Gypsy: A Musical Fable (1959), il quale ha a sua volta originato la versione cinematografica Gypsy (1962, in italiano La donna che inventò lo strip-tease).
Come l’originale teatrale, il film diretto da Mervyn LeRoy si focalizza in modo particolare sulla figura della madre Rose Thompson Hovick, che riversa sulle due giovani figlie i suoi antichi desideri di successo nel mondo dello spettacolo. La piccola June è una vera star in miniatura, biondissima, forte di capacità tecniche, presenza scenica e impatto sul pubblico. Louise è il brutto anatroccolo, mora, sgraziata, messa sempre in secondo piano. Inutile dire chi sia la cocca di mamma. Apparentemente anaffettiva (tanto da costringerle a tour de force di continue prove e frequenti cambi di alloggio in oscure topaie) e totalmente concentrata sulla carriera delle figlie, la signora Hovick crolla quando June abbandona la famiglia e lo showbiz per amore. Per Louise sarà il momento del riscatto e il bruco si trasformerà nella farfalla Gypsy.
Natalie Wood
Dell’originale su palco, la versione per il grande schermo eredita anche le musiche e l’atmosfera sempre in bilico tra il sognante e il malinconico. Il cast, invece, è scelto ad hoc: Natalie Wood è Louise/Gypsy, Rosalind Russel è la madre, Ann Jillian è June, Karl Malden è Herbie, uomo di spettacolo e pretendente della signora Hovick. Il film fu fortemente voluto dalla stessa Rosalind Russel, la quale, nel 1962, si aggiudicò il Golden Globe come migliore attrice nella categoria musical e commedia.