Ha a che fare.

Creato il 14 dicembre 2012 da Cristiana

Capita che, almeno per me, non è cambiato nulla, anche se ho detto che voglio candidarmi alle primarie che selezioneranno parte dei parlamentari del mio partito.

Non sono ancora uscite le regole, la data sembra sarà il 28 dicembre. Non si capisce se si vota su base provinciale o cittadina o di collegio, se ci sarà la doppia preferenza, quanti posti Bersani terrà per se e quanti verranno decisi dalle primarie. E’ comunque giusto provarci, così come abbiamo fatto nella battaglia nazionale.

Ma capita che in queste ore mi è tornata la voglia di usare questo blog come una volta per dire semplicemente quello che penso – come sempre – e di farlo di notte, quando ho il tempo e la calma.

Che in queste ore di caos totale ci vuole molta calma : Berlusconi gioca con il Paese in cerca del numero migliore, come fosse una cabala, per assicurare soluzione ai propri problemi personali e a quelli dei suoi sodali. E Monti senatore a vita forse si candida e tutti lo vogliono e nello stesso tempo non lo vogliono.  Un gioco perverso che non permette quasi a nessuno di avere chiaro il quadro istituzionale dei prossimi anni. Il livello di incertezza è enorme e questo ha un impatto grave, gravissimo sulle cose da pianificare e da mettere in campo per dare al Paese quella svolta di cui ha bisogno. La cosa più certa sembra un Monti Bis. Da verificare se con una maggioranza di centro destra o di centro sinistra. Impossibile dire che sia la stessa cosa, ma anche spiegare che sarebbe diverso non è facile manco per niente.

Mi preoccupa (eh, un po’ sì) che Bersani dica che SeL è forza rilevante su ambiente e diritti, come se non ci fosse tutto un tema legato al lavoro ed alla economia che è fondamentale per SeL e che è impensabile dire a SeL di abdicare a parte del proprio patrimonio culturale a meno che la strada non sia definita prima e  non sia solo tattica per una campagna elettorale.

Mi preoccupa questo dare per scontata l’alleanza con il centro, che forse serve per tenerselo vicino (il centro) e non farlo andare altrove, come se stessimo cedendo di nuovo al ricatto di Berlusconi che rinuncerebbe alla candidatura, di nuovo, in cambio di una grande alleanza di centro destra, lega compresa. Anche se per fortuna pare che rimettere insieme tutti sia complicato, ma lo abbiamo già visto accadere. Mi preoccupa, però, se questo impedire la fuga del centro verso destra ha un costo che in Sicilia stiamo già pagando: è già indagato un eletto in consiglio regionale dell’UDC, alleato con il PD e che sostiene il governo Crocetta. Che costo dobbiamo pagare, tutti noi, per avvelenarci in questo abbraccio? Quanto costerà al Paese?

Insomma quale velenosa alchimia sta stregando da decenni la politica italiana che non riesce a trovare un solco comune e ragiona solo per alleanze, accordi tra sigle, patti di sangue. Cosa ha a che fare con gli asili nido, con il trasporto pubblico, con la scuola pubblica, con il rilancio di nuove industrie e con il consumo di suolo.

Tutto, in realtà. Parlare di questo, della questione morale, della selezione della classe dirigente, dell’avere un programma e non un piano di alleanze ha, purtroppo, a che fare proprio con la nostra vita di ogni giorno, quella di chi sta pensando a come pagare l’Imu, sperando (se ne ha diritto) che la tredicesima arrivi per tempo. Ha a che fare con quel signore che incontro ogni giorno al semaforo, non dico dove, che è italiano e forse è un esodato o comunque deve chiedere soldi, dignitosamente, ma deve.

Insomma non è facile per niente in questo momento mantenere la barra dritta, ricordarsi perché e dove si è cominciato a voler cambiare le cose. Io so solo che se non cambiamo le cose nella stanza dei bottoni (non le persone, non le generazioni, ma il metodo e i legami basati sul potere e non sul Paese) non serve a nulla riempirsi la bocca di belle parole, di chilometri di bei progetti di green economy o di altro. Serve, maledizione, avere un governo di persone che abbiano a cuore il Paese prima del proprio destino personale e che nell’ambizione di poter fare qualcosa, abbiano l’ambizione del servizio. L’ambizione non di “restare” al potere, ma di “restare” per quello che si è modificato con il proprio passaggio.


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