Oggi su Repubblica è stato pubblicato un trafiletto (qui sulla rassegna stampa della Camera) con un’intervista a Horacio Verbitsky, lo scrittore argentino che in passato accusò il cardinale Jorge Bergoglio (oggi Papa Francesco) di connivenze col sanguinoso regime della giunta militare di Jorge Rafael Videla, al potere in Argentina dal 1976 al 1981.
Verbitsky, autore de “L’isola del silenzio” e attuale presidente del CELS – una Ong impegnata a salvaguardare i diritti umani e i valori democratici, sostiene che il neo Papa avrebbe tenuto un atteggiamento “tiepido” nei confronti della dittatura che si ritiene aver causato trentamila vittime.
In un articolo apparso ieri su Página 12, un giornale di Buenos Aires, Verbitsky commentava una presunta operazione di riabilitazione di colui che sarebbe diventato il nuovo Pontefice:
“L’arcivescovo di Buenos Aires ha da poco pubblicato la sua autobiografia, Il gesuita. L’obiettivo di Bergoglio è soprattutto respingere le accuse di aver collaborato con la dittatura quando ricopriva l’incarico di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. I sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics lo accusano di averli consegnati ai militari”
Orlando Yorio e Francisco Jalics nel 1976 erano due gesuiti attivi nelle comunità di Buenos Aires: portavano principalmente aiuto e conforto ai poveri delle baraccopoli argentine. Jorge Bergoglio all’epoca aveva 36 anni ed era il capo provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina.
Secondo i fatti narrati dallo scrittore, i due opposero un rifiuto ad un ordine del cardinale di abbandonare il loro ruolo nella comunità – giudicato sovversivo dai militari della giunta. Pochi giorni dopo furono rapiti e portati all’Esma, la scuola della marina argentina, dove furono torturati per cinque mesi, fin quando vennero rilasciati. Altre persone rapite con i due quel giorno – tra cui Mónica Candelaria Mignone, figlia di Emilio che fondò il CELS tre anni dopo – non vennero mai ritrovate, come migliaia di altri desaparecidos.
Le colpe imputate a Bergoglio da Verbitrsky si possono leggere nell’epilogo del suo libro: sia Yorio che Jalics hanno sostenuto una certa doppiezza nel comportamento di Bergoglio – che non li avrebbe difesi come promesso, ma anzi avrebbe acconsentito al loro sequestro. Questa tesi è sostenuta anche da una lettera che Yorio (morto nel 2002) avrebbe spedito da Roma nel novembre ’77 a padre Moura, l’allora assistente generale dei gesuiti argentini, donata all’autore in segno di ringraziamento per la sua inchiesta.
Per quanto accuse così gravi meritino senza dubbio impianti più chiari e inequivocabili, rimane il fatto che la Chiesa in Argentina, come in altri paesi finiti nel baratro di regimi dittatoriali, non fece abbastanza per contrastare i crimini di Videla e Massera.
Gli interessati avranno modo di chiarire e, se necessario, smentire le testimonianze chiamate in causa.
UPDATE: Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel argentino nel 1980 per la denuncia dei crimini della giunta, è intervenuto a difesa di Papa Francesco.
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