di Rina Brundu. “Ma dai Capanna, non mi faccia la storia della Repubblica e non venga qui a prendermi in giro! Le pippate? Pippate a me non me lo dice … Le pippate io qui non le faccio! Lei quanto tempo ha fatto il politico? 15 – 16 anni? Lo sa quanto ha versato di contributi? Non lo sa? Glielo dico io? Trentamila euro a fronte di 380000 già ricevuti! Però ancora non ha la decenza di accettare di decurtarsi i vitalizi del 10% come le ha chiesto la Regione…. Ha finito con gli insulti? Io non lavoro per gente come lei”. Et voilà!… il libro di Capanna vola per terra sul pavimento dello studio.
Quello testé buttato giù è un sommario potpourri dell’epico scontro odierno tra Mario Capanna, ex leader sessantottino e di Democrazia Proletaria, e il ruspante Massimo Giletti de L’Arena (Rai1, ore 14.00). E per amor di ogni verità bisogna scrivere che il rampante conduttore pubblico questa volta ha davvero strapazzato l’ospite, una vittoria su tutta la linea. E non tanto rispetto alla pacata modalità di conduzione di un dibattito che si è risolto in una continuata accusa, un reiterato batti e ribatti, con nello sfondo le solite minacce di querele e controquerele, quanto piuttosto rispetto a ciò che Giletti è stato capace di tirare fuori: ovvero la rappresentazione oggettiva del marcio ideale che attanagliava la nostra Prima Repubblica.
Di fatto quando Capanna si è seduto davanti a Giletti e ha cominciato ad elencargli quelli che riteneva essere i suoi (del conduttore) peccati capitali, primo fra tutti l’averlo acccusato in absentia per una mezzora continuata nella trasmissione precedente, le simpatie personali stavano ancora con il vecchio leader della lotta dura senza paura e delle barricate. Almeno in considerazione di quella sostanza di fondo che il mito mi imponeva di preservare e curare nel ricordo. Tuttavia, a Massimo Giletti sono bastati cinque minuti per buttarle giù quelle barricate, polverizzarle e per ottenere il risultato con un discorso diretto, chiaro, mirando subito al punto della questione, non lasciando il tempo all’avversario di raccapezzarsi e senza mostrare mai alcuna sudditanza di sorta.
Un abisso con i discorsi inconsistenti dell’anziano politico, con il suo vocabolario desueto, l’idealismo senza arte ne parte, il forbito parlare sulla decadenza del presente usati come scudo per difendere l’indifendibile. Il trito e ritrito con cui la casta ci ha ammorbato per quelli che ormai paiono secoli.
In conclusione è stato un poco come risvegliarsi da un incubo e riscoprirsi improvvisamente curati. Non so quanto durerà ma in questa particolarissima occasione sarebbe atto di profonda disonestà intellettuale non dire ciò che bisogna: bravissimo Giletti, habemus giornalistam!
Featured image, Mario Capanna as student leader in 1968, source Wikipedia in English.