Scritto da: Fiammetta Montiali
Hadjira Mouhoub e Claudine Rabaa Le avventure del couscous (Tommasi ed., 2009, € 13,00, pp. 278). In agosto sono stata in Marocco. Ho attraversato le città imperiali, mi sono incantata sul tramonto nel mare di Casablanca, nello splendore di Meknes, nella casbah di Rabat, nella medina di Fès, in quel gioiello che è Marrakesh con la sua piazza, nel fascino di Essaouira. È stata anche la scoperta di un popolo gentile, accogliente ed ospitale, con il cuore in mano, uomini dallo sguardo fiero, donne disponibili alle chiacchiere e agli abbracci, bambini con uno sguardo dolcissimo, artigiani meravigliosi, pittori, musicisti, amanti del proprio Paese e della propria cultura.
Ma il Marocco è stato anche spiagge, oceano, deserti, kasbah, montagne e cedri dell’Atlante, alberi di argan e musiche, dolcissimi richiami del muezzin, atmosfere, colori, profumi e cibi. Cibi inebrianti come le tajine di carni e verdure, i datteri, il profumo delle spezie e il couscous, questo alimento povero ma ricchissimo di significati.
Nel turbinio del rientro, tra sensazioni, emozioni, ricordi, foto, pensieri ho iniziato a scavare per trovare libri. E così tra storia, leggende, poesia, viaggi nel deserto, musica gnaua, ho scoperto Le avventure del couscous che non è solo un libro di ricette. È la storia dei popoli, dei Paesi del Maghreb e dell’Africa ma soprattutto è una storia di donne che nei secoli si sono tramandate la preparazione di questo piatto.
Pensare che il couscous sia da considerare solo un alimento è profondamente sbagliato. Il couscous è un atto di socialità, un rito, un pezzo di cultura.
È quasi una preghiera.