La paura di cambiare e il desiderio di cambiare sono aspetti che spesso si intrecciano nella nostra vita. Chi rimanda tutto al giorno dopo e poi a quell’altro ancora vorrebbe riuscire a fare le cose proprio nel momento in cui vanno fatte. Chi è timido vorrebbe diventare socievole, chi è depresso vorrebbe avere più speranza. Eppure cambiare non è facile, anzi. E cambiamenti quali una nuova casa, una nuova relazione, un nuovo lavoro, una vacanza (oltre a eventi oggettivamente drammatici come la perdita di una persona cara) possono generare tensione e conflitti. Come ho scritto in un altro post, è la paura di cambiare che a volte trattiene dal rivolgersi a uno psicologo.
Se a prevalere è la paura di cambiare, il risultato è l’immobilità, una palude in cui nulla si può muovere perché si pensa che, se c’è un movimento, sarà in direzione di un peggioramento o che il dolore da affrontare sia troppo. Di cosa abbiamo paura quando diciamo che abbiamo paura di cambiare?
Aneddoto
Qualche giorno fa mi è successa una cosa davvero singolare. Da anni prendo la metropolitana per recarmi al lavoro e da anni scendo alla stessa fermata (Lepanto) ed esco su via Marcantonio Colonna.
L’altra mattina non andavo al lavoro ma la fermata che mi era utile era comunque Lepanto. Così, sono scesa a Lepanto ma ho usato un’altra uscita, che – l’indicazione era chiara – mi ha fatto sbucare su via Giulio Cesare. Per una manciata di secondi non ho riconosciuto l’incrocio e c’ho messo un po’ per capire dove mi trovavo e quale direzione prendere. In quei pochi secondi mi sono sentita sospesa nello spazio, spaesata.
Cosa mi è successo? Cambiare il punto di vista su un incrocio di strade in cui passo da anni mi ha mostrato tante cose a cui non avevo mai fatto caso, ad esempio un chiosco collocato lì chissà quando e mai notato. Ho cambiato l’angolo da cui guardare l’incrocio e ciò che mi era arcinoto ha smesso di esserlo. Una sensazione buffa, incredibile e spiacevole insieme.
E c’è anche chi ha paura di non cambiare più.
Che cos’è la paura di cambiare
Beh, credo che la paura di cambiare si possa ricollegare alle sensazione che ho appena descritto. Insieme a tanti altri elementi, a farci paura è l’eventualità di non riconoscere più il nostro mondo e, peggio, l’eventualità di non riconoscere neanche noi stessi.
Non cambiare, rimanere aggrappati a modi di vivere che creano tonnellate di sofferenza, restare incollati sempre agli stessi pensieri e alle stesse vecchie giustificazioni sono tutte scelte (consapevoli e/o inconsapevoli) che danno dei vantaggi: ad esempio, evitano di affrontare lo spaesamento, la fluttuazione, la sospensione, la confusione.
Affrontare il cambiamento vuol dire affrontare una sensazione di estraneità.
La paura di cambiare è allora tante cose:
- paura di affrontare l’incertezza di ciò che non si conosce;
- paura di ciò che non si controlla, dentro e fuori di noi;
- paura di sbagliare;
- paura di crescere;
- paura che, cambiando, nessuno ci voglia più e di ritrovarci più soli di prima.
George Kelly diceva:
Non conta tanto ciò che l’uomo è ma piuttosto quello che osa fare di se stesso. Per fare il balzo, l’uomo deve fare qualcosa di più che scoprire se stesso: deve rischiare una buona quota di confusione.
Ehm, chi mi pensasse ancora all’incrocio di Lepanto può rasserenarsi: dopo qualche secondo ho recuperato la mia bussola mentale e sono andata dove volevo andare…
Per approfondire
Perché è così difficile chiedere aiuto a uno psicologo?
Photo credit: WikiCommons
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