Nessuno stupore, se consideriamo l’importanza della reputazione online al giorno d’oggi: che sia per una selezione di lavoro o per l’accesso all’università, le tracce che abbiamo lasciato sul web potrebbero compromettere la nostra carriera.
La responsabile della ricerca del Pew, Mary Madden, spiegava al Corriere della Sera: “impiegati, esaminatori, partner: tutti utilizzano i motori di ricerca per scavare nel passato e nel presente delle persone. Per questo motivo la gestione della reputazione online è diventata un affare sociale e professionale per molti nell’era digitale”.
Oltre a ciò che scegliamo di condividere, spesso ci sono molte altre informazioni che diamo senza esserne consapevoli (uno degli esempi più chiari è la geolocalizzazione dei dispositivi mobili).
Se è vero che la reputazione online è diventata anche un business (chi può “ripulire” la vostra immagine digitale può chiedere fino a diecimila euro), è vero che siamo sempre noi i primi a poter decidere quali informazioni e quali dati condividere online. Non solo facendo attenzione a ciò che pubblichiamo sui nostri profili ma anche leggendo le informative sulla privacy dei servizi e delle applicazioni che usiamo ogni giorno.
Un atteggiamento fatto di consapevolezza e attenzione ci permetterà di evitare conseguenze spiacevoli: quasi tutti i servizi hanno ormai strumenti avanzati per la gestione della privacy (compresi i contenuti che ci riguardano pubblicati dai nostri contatti). Per esempio, possiamo verificare le autorizzazioni di Facebook e controllare (e cancellare) ciò che Google sa di noi.
E se cerchiamo uno strumento in più, che tenga sotto controllo la circolazione dei nostri dati personali e finanziari in rete, possiamo rivolgerci a Sicurnet.