Magazine Psicologia

Hai paura di dire quello che pensi? Devi solo trovare il modo

Da Mercedescoach

“Glielo puoi dire tu?”

“Ma come faccio a dirglielo?”

“E se si offende?, e se si arrabbia?”

Penso che ti sarai trovato/a qualche volta a pensare o dire cose simili. C’è chi lo sente più spesso, a volte ogni giorno all’interno di un rapporto. E quindi ogni giorno si riempe dentro di cose non dette, di fastidi azzittiti, e i rapporti si ingriggiscono di malintesi.

Sai cosa c’è a monte di questa paura, soprattutto di questi giorni?. La paura di perdere l’amore, la stima dell’altro. La paura, in questi tempi di social networking, di beccarsi un “non mi piace”, (tasto che i social network, per diversi motivi, non inseriranno mai).

Hai paura di dire quello che pensi? Devi solo trovare il modo
E io ti chiedo, ma cosa mai può succedere se ti becchi un “non mi piace”?, accaso chi ti da un “mi piace” ad un qualcosa che hai detto, magari una frase che hai copiato da un’latro, ti stà dichiarando accettazione al 100% e amore eterno? No! stà solo dicendo che concorda con te su quella specifica cosa che hai detto/fatto. E perché non possiamo prendere nella stessa forma un “non mi piace”?. E’ vero che tendenzialmente ci troviamo più in sintonia con chi la pensa come noi, ma è altretanto vero che abbiamo molta stima di chi ci dice qualcosa di scomo inizialmente, ma che ci fà crescere dopo, una volta metabolizata quella cosa. I complimenti ci riassicurano e ci dicono che stiamo andando bene, le critiche costruttive, i feedback ci fanno crescere.

Ti racconto una breve storia simpatica. Quando andavo all’università, c’era questo professore di una materia psicanalitica, che era estremamente rigido. Alle sue classi non potevi arrivare con cinque minuti di ritardo perchè ti beccavi un “assente” anche se rimanevi per tutte le due ore, e dopo tre assenti avevi perso l’anno e ti tocava dare l’esame come uno che non aveva frequentato. MA, alla faccia della coerenza, lui spesso arrivava con 20 e oltre minuti di ritardo, e a volte non arrivava nemmeno.

Un giorno di questi, mentre attendevamo tutti molto infastitiditi il suo arrivo, io scrivo sulla lavagna una frase e un  proverbio argentino che diceva: “Allora anche noi possiamo arrivare in ritardo, perchè “Ley pareja no es rigurosa” cioè, se la legge è uguale per tutti non è dura. Dopo cinque muniti la nostra prima donna arriva, legge la lavagna e si inca..vola come una iena. Era verde di rabbia. Ha guardato la lavagna per qualche seconod, poi si è girato e ha chiesto “chi l’ha scritto”. Tutti muti. E non c’è l’ho fatta a rimanere nell’anonimato, quindi dal fondo dell’aula ho alzato la mano, e dietro di lei tutta me stessa. “Ti credi molto furba” mi ha detto lui, e io gli ho risposto “Non professore, non è questione di furbizia. Forse è stato idiota da parte mia scriverlo sulla lavagna, e gli chiedo scusa se l’ho offessa. Le dico quindi personalmente che tutti noi abbiamo accolto la sua regola di essere svizzeramente puntuali  nell’arrivare alle sue classi e trovo anche che sia un’abitudine positiva,  e ci aspettiamo da lei lo stesso trattamento, perchè anche il nostro tempo è importante, e se lei arriva con 40 minuti di ritardo, o come è successo, non arriva neanche, per il motivo che sia, le chiediamo che al meno faccia una chiamata in segreteria e ce lo faccia comunicare”. E mi sono seduta.

Applausi!. No, solo nei film. 

:-)
I miei compagni tutti zitti, e mi hanno ringraziatto dopo classe stupiti dal fatto che io avessi alzato la mano. Il professore non è più arrivato in ritardo, ma in compenso me l’ha fatto proprio sudare tutto l’anno, con l’obiettivo chiaro di bocciarme. E se mi bocciava davvero? Non importa, sarei andata a parlare con il titolare della catedra, e a chiedere a loro di esaminarmi.

Cioè, secondo me non c’è riccato valido per starsene zitti in certe cirsconstanze. Imparare a dire le cose ti da una gran dose di potere personale e puoi fare del bene alle persone che sono in rapporto con te.

Io ti chiedo, se una persona che stà condividendo con te diciamo un corso, e tu ogni volta che arriva vuoi scapare perchè ha un odore di ascelle impossibile. Glielo dici?. Sicuramente penserai ma no, come faccio a dirglielo, lo ferisco, e poi come glielo, magari lo sa già, ecc ecc. Io penso: chissà quante persone lo evitano come me in questo momento. Chissà quanti posti di lavoro ha perso, quante donne, quante possibilità di conoscere persone nuove. E quindi gliel’ho detto

;-)
E sono stata la prima a farlo!.

Parlare può essere liberatorio. Come fai a  stare e a crescere in un rapporto, che sia di lavoro, di amore, di amicizia, senza dire certe cose, magari non tutte tutte, non c’è bisogno, ma se c’è qualcosa che stà sporcando, che stà faccendo troppo rumore, rompendo l’empatia, quella cosa va detta, quella domanda va fatta.

Ma attenti qui!!!!

Va detta bene. Va rimossa l’intenzione di “tiè!, te l’ho detto”. Va fatta prima anche un’autocrita, un “mi metto nei tuoi panni un’attimo per tentare di vederla come te”. Vanno scelte le parole,  e questo ai corsi di PNL lo si impara splendidamente, perchè come diceva il grande Moretti “Chi parla male pensa male, vive male. Bisogna trovare le parole giuste, le parole sono importanti”.

Mi farebbe molto piacere ricevere un tuo commento, sapere cosa ne pensi, cosa senti al riguardo. Prima di salutarti ti lascio un video che mi piace molto e che sicuramente conosci già, è simpatico, e (apparte gli schiaffi) mi trova completamente d’accordo.

Alla prossima!


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog