Jean Markale
“L’anno celtico, basato su un calendario lunare, con un mese aggiunto ogni cinque anni, è diviso nettamente in due stagioni, inverno ed estate; ne deriva che il suo asse principale va dal primo novembre al primo maggio (…). La festa principale è quella del primo novembre, SAMAIN o SAMHUIN, in gaelico, che etimologicamente significa la < fine dell’estate >, in altri termini l’inizio dell’inverno. E’ il primo giorno dell’anno nuovo, o piuttosto la prima notte, poiché i celti contano per notti.(…). In quel giorno, la comunità dei viventi e la comunità dei morti si incontrano. I sidh, cioè i tumuli dove vivono gli dei e gli eroi, sono aperti. I due mondi si compenetrano. Il giorno della festa cristiana di Ognissanti (il primo novembre), che è poi l’erede di SAMAIN, ha conservato l’aspetto di < comunione dei santi >, e, nei paesi anglosassoni, i festeggiamenti più o meno pagani di HALLOWEEN sono un proseguimento dei banchetti e dei travestimenti della festa celtica.”
Brano tratto da “IL DRUIDISMO religione e divinità dei celti” di Jean Markale
Jean Markale è uno studioso francese, specialista di letteratura e di leggende celtiche. Ha pubblicato diversi libri sulla letteratura e le leggende celtiche. “LO DRUIDISMO religione e divinità dei celti” è uno fra questi. La festa di SAMAIN (si pronuncia sho-uinn) era una festa di rilievo presso i celti, alla quale ogni membro della comunità doveva obbligatoriamente assistere. Un’antica cronaca celtica dice: < ogni uomo del clan degli Ulaid che non veniva in occasione della notte di SAMAIN perdeva la ragione e veniva costruito il suo tumulo, la sua tomba e la sua pietra l’indomani mattina. > La festa consisteva in un’assemblea di tutti gli uomini e le donne che componevano la comunità. Vi si discuteva degli affari politici, economici e religiosi, e si svolgevano dei sontuosi banchetti caratterizzati da carne di maiale e da vino. Secondo la concezione celtica, la carne di maiale da l’immortalità e il vino procura l’ebbrezza che porta ad uno stato di trance nel quale si può superare la realtà ed entrare nella dimensione soprannaturale. Non si sa molto dell’antico rituale della notte di SAMAIN (che inizia al tramonto del 31 ottobre e termina all’alba del 1 novembre). Pare che la vigilia tutti i fuochi dovevano essere spenti, quale segno evidente dell’anno vecchio che muore, e che l’anno nuovo sarebbe poi rinato quando i Druidi (i sacerdoti detentori di un sapere immenso presso i celti) avrebbero acceso il fuoco nuovo all’alba del primo novembre. La notte di SAMAIN si svolgevano grandi avvenimenti mitici, battaglie, spedizioni nell’Aldilà, morti rituali di re, conflitti con i Tuatha de Danann (la mitica stirpe divina primordiale che ha popolato l’Irlanda), morte violenta di un eroe che ha violato un divieto importante per la comunità. La notte di SAMAIN il tempo rallenta, si assottiglia, si restringe fino a scomparire del tutto entrando nell’Eternità. In effetti, se SAMAIN è il punto di incontro fra il mondo divino e il mondo umano, ciò significa che il tempo normale è stato abolito o sospeso. Pertanto, lo spazio temporale di SAMAIN equivale all’Eternità. Nel pensiero celtico non vi sono nè morti nè vivi la notte di SAMAIN. Ma vi è tutto. Ovvero, il debole confine fra il mondo dei morti e il mondo dei vivi viene abolito; si apre un varco che “collega” le due dimensioni, e nessuna distinzione è più possibile fra mondi, dimensioni, realtà. Oggigiorno, l’antica SAMAIN è chiamata HALLOWEEN (ALL HALLOWS EVE’S, vigilia di Ognissanti). E’ da sempre molto popolare nei paesi anglosassoni (Irlanda, Inghilterra, Scozia, Stati Uniti d’America), anche se, proprio in questi ultimi anni, si è diffusa un pò dapertutto (paesi mediterranei e di ogni parte del globo). E’ più che altro una festa popolare, ritenuta la notte in cui le streghe, i fantasmi e i folletti vanno in giro a spaventare la gente. Nei paesi anglosassoni, i ragazzi e i bambini passeggiano per le vie di cittadine e villaggi mangiando noccioline e mele, vestendo strani costumi (di folletti, di mostri, di streghe, di fantasmi ecc. ecc.), bussando alle porte delle case dicendo: < Un dolcetto o uno scherzo >, cantando canti tradizionali e portando delle lanterne accese, chiamate Jack – O’ lanterns’, fatte di zucche svuotate e con dei fori all’esterno e una candela accesa all’interno. Queste lanterne sono chiamate Jack – O’ lanterns’ (lanterne di Jack) perchè una leggenda racconta che un uomo di nome Jack, nel 1600, dopo la morte non andò in Paradiso per aver fatto dei brutti scherzi al Diavolo e giocato con Lui in molte occasioni, per il qual motivo è stato condannato ad errare con una lanterna accesa in testa fino al Giorno del Giudizio. Negli USA, la notte di HALLOWEEN ha un carattere del tutto particolare, in quanto a volte può sfociare in terribili violenze e in atti di vandalismo o di teppismo, talvolta mirati, talvolta puramente gratuiti. La festa si prolunga per almeno due o tre giorni, fino al tre o al quattro novembre, e l’atmosfera, esaltata ed esaltante, produce ebbrezza; voglia di divertirsi; mondi e realtà dove ogni confine o consuetudine vengono aboliti; rallentamento e soppressione del tempo. Ogni quattro anni coincide anche con l’elezione del presidente dell’Unione, forse quale antico retaggio celtico in cui, la notte di SAMAIN, si discuteva nell’assemblea generale di affari politici e di governo. Ho vissuto e sentito interiormente in modo profondo molte volte, negli anni passati, la notte di SAMAIN… forse perchè l’antico mondo celtico con i suoi miti, le sue tradizioni, la sua cultura e ogni altro suo aspetto esercitano da sempre un fascino e una “presa” mentale unici su di me. Mi è anche sempre piaciuto e mi piace pensare che la notte di SAMAIN è una “notte magica”, dove non avviene nulla ma può avvenire di tutto, nella quale soprattutto le abitudini, le consuetudini che logorano e opprimono, i pregiudizi e i luoghi comuni insieme al tempo ordinario sono aboliti…almeno per lo spazio di una notte: dal tramontare di un sole “logoro” per la fatica di un intero anno al sorgere di un sole rinnovato e giovane poichè tutto ricomincia.
Francesca Rita Rombolà
Brandon Lee nel film "Il Corvo"
Nel 1994, il regista americano Alex Prayas mette a punto la pellicola IL CORVO (THE CROWE). Film che ha fatto molto discutere e ha diviso le coscienze degli spettatori. Il protagonista del film è Brandon Lee, figlio del campione mondiale di arti marziali Bruce Lee. E’ la sua ultima, tragica interpretazione; infatti, l’attore muore sul set del film per un colpo di pistola partito accidentalmente, anche se le dinamiche dell’atto sono rimaste per sempre oscure. L’argomento de IL CORVO è una dolorosa vicenda di amore e morte ambientata proprio la notte di HALLOWEEN in una città americana. Eric Draven, chitarrista di un gruppo tecno – heavy metal, sta per sposare la bella Shelly Webster quando, la notte prima delle nozze (la viglia di HALLOWEEN), un gruppo di teppisti irrompe nel loro appartamento; uccide Eric gettandolo dalla finestra; violenta e picchia selvaggiamente Shelly, che morirà, di li a poco, in ospedale. L’anno dopo, la notte di HALLOWEEN, Eric Draven “ritorna” dal Regno dei morti per vendicare la propria morte e quella della fidanzata, sterminando, uno dopo l’altro, i balordi che un anno prima, la stessa notte, si erano macchiati di tali crimini. Egli si aggira come un fantasma, uno spirito inquieto in cerca di vendetta e di pace, ma allo stesso tempo si presenta come una persona normale: con un corpo capace di sensazioni, una mente e un cuore in grado di ragionare e di soffrire o di gioire. Da ciò forse si deduce la conoscenza che, la notte di SAMAIN o di HALLOWEEN, l’argine che separa il mondo dei vivi da quello dei morti è saltato e quindi tutto è possibile: anche ritornare dall’Aldilà con il corpo, svegliarsi come da un sonno profondo e uscire normalmente dalla propria tomba. Siamo quindi in piena concezione celtica per quel che succede in questa famosa notte. La figura più inquietante e decisamente orrifica è, però, il corvo, che precede e segue Eric in ogni suo atto, mostrandosi nella funzione di psicopompo, cioè di accompagnatore – guida dell’anima del defunto, tramite e intermediario fra la dimensione terrena e quella ultraterrena, chiara manifestazione di appartenenza alla cultura celtica antica, che vedeva nel corvo, appunto, un messaggero misterioso proveniente dall’Oltretomba.