Il ficus ha ramificato fin dentro le finestre della caserma ed è apparso quell' omino biondo, gesticolando.- Sono il giardiniere di villa Ahrens, quel ficus appartiene al giardino della villa non può abbatterlo.Ho pensato per un momento che aveva ragione. Sono italiano io, non sono tedesco. Amo la bellezza e sono pronto a chiudere un occhio, anche due se di mezzo c'è una bella donna che mi apre le cosce. E quella donna potrebbe essere la signora bionda che vedo nascosta tra le tende. Mi fremono le narici per l'odore che zaffa malgrado la distanza. Mi fremono i muscoli che vorrei scaricare dentro quel corpo di burro. Una bella mattanza.I giardini e la villa appartengono ad un tedesco ebreo, Ahrens, dicono che la moglie sia di una bellezza teutonica. Gli ha promesso la mano con un telegramma: ja. Una sola parola, simbolo della parsimonia e avarizia. Uno spreco dire di più. Chiedo di incontrarla, non abbatterò il ficus solo se mi riceverà.
Le restano poche possibilità per non accettare, deve essere carina con chi le toglierà il marito, la casa, gli averi, il vino, i tessuti, le perle. I commerci che quello squallido unto ebreo porta avanti, ma la guerra ha fermato ogni cosa. Deve essere carina per forza, le perle non le riempiono il bicchiere, le trine dei colletti si consumano, le sete perdono lucentezza.
Mi accoglie con stile. Ma la freddezza è di questo popolo, niente potrà scalfirla, la bellezza non l'attenua. Sarà azzurra e bionda e come un tenero agnello sacrificale cederà al nemico forte e sinuoso. Sono italiano, non tedesco, la piegherò con la seduzione e la stritolererò tra le mie spire.
Scendono le scale, i passi pesanti divengono felpati, le baionette in armi passeranno da parte a parte chi si opporrà, fino alla pesante porta che chiude le cantine. L'odore di vino satura ogni cellulla dell'olfatto, ma non copre quella del sudore diaccio di paura. Avrà sentito i passi, il trambusto, le voci.
- Gradisce un pò di vino Ahrens?- la voce le trema ma non lo sguardo. Limpido e offuscato in fondo mentre corruccia le sopracciglia. Cosa sarà?
Resterò intrappolato nelle sue bionde e azzurre spire? Il serpente diventa cardellino?! Le sfioro il polso mentre mi porge il bicchiere e le rimando - Il vostro commercio di vini con la guerra ha avuto un tracollo! Non fa una grinza. Indugia sul mio polso. E accendendo un sigaro, lei una sigaretta, attraverso i fumi ci misuriamo, con quanta certezza in ambedue non è dato sapere.
Le cameriere vengono ammotolite, spinte contro i muri, imbavagliate, legate e allontanate verso stanze remote. Gli uomini, senza un grido, abbandonano la casa, correndo. Dietro la porta pesante si consuma il terrore dell'uomo.
- Solo a una condizione - lei dice- Che mio marito sia salvo!
La mattanza può ora iniziare, lei si offre al sacrificio nuziale. Lancio il berretto a visiera dalla finestra, fa un volo elegante cadendo, sarà il segnale, io non lo vedo già. Gli uomini in attesa dietro la pesante porta, non fiatano, attendono.
E' maggio, l'odore di rose è come ogni anno. Si intreccia la festa di S.Rita alle rinnovate celebrazioni delle stragi. La benedizione delle rose e le stragi.
"La scuola adotta un monumento" quest'anno ci porta alle ville e il mare. Palermo è in festa, anno 1998, sono passati cinque anni. Le visite ai luoghi adottati dalle scuole sono intensissime: le ville della Piana dei Colli, casene e ville patrizie del '700, disseminate nella piana delimitata dai colli Gallo, Billiemi e Monte Pellegrino. Oggi visiterò villa Adriana detta del Cassaro e poi anche detta "Bordonaro" da Adriana Bordonaro che ne fu proprietaria. La brochure che il giovane studente mi porge con un sorriso recita: Negli anni prossimi alla seconda guerra mondiale la zona fu interessata dallo stanziamento dell'Esercito che vi realizzò dei magazzini e una caserma; anche la villa venne occupata dalle truppe per un breve periodo. Poco distante da villa Adriana sorge Villa Ahrens un tempo appartenuta ad un ebreo tedesco dedito alla produzione di vini e al commercio di tessuti. Il fregio con l'uva sul portico ne è testimonianza. Durante la guerra fu confiscato l'edificio e perse, oltre alla casa, i commerci cui si era dedicato. Si racconta che la moglie, una nobildonna tedesca, rispose alla sua proposta di nozze con un telegramma: ja. L'ultima delle eredi conserva ancora il telegramma dentro un monile appeso al collo, come portafortuna. Dopo la confisca l'edificio divenne proprietà dell'esercito ed archivio di questo. Lo è ancora oggi.Chissà perchè penso ad un sogno di tanti anni fa, nitido malgrado il tempo passato, in cui il sogno sembrava realtà, e una villa e un ufficiale...ed io...ero dunque...
Non è possibile!!!CLA