Il monaco sollevò di poco il cappuccio nero e prese a fissarla. Da lontano, le carni bianche della ragazza, emergevano spettrali sullo sfondo di calce annerita dal fuoco e dalla muffa. Quel corpo smagrito si offriva alla conta di ogni ossa. Le braccia in tensione aprivano incavi profondi tra le ascelle e i seni. Su quel foglio vivo non era possibile vergare altre accuse. Le pinze arroventate andavano poggiate altrove. Esausta, la giovane non poteva più rispondere con la voce. Ogni nuova passata dei ferri provocava solo delle contrazioni muscolari che facevano risuonare le catene dei magli. Si stava andando avanti da ore. Ordinarono che venisse rianimata grazie agli effluvi di erbe aromatiche e aceto. Quando il monaco fece calare nuovamente il cappuccio sugli occhi, i suoi assistenti all'interrogatorio compresero che era il momento del divaricatore. Avrebbero cercato il diavolo laddove sapevano era solito rintanarsi: nella vagina. La porta da cui si entra al mondo da peccatori. Con una secchiata d'acqua a terra liberarono il pavimento dagli escrementi e dall'urina rilasciati nella prima parte dell'inchiesta. Allargarono le cosce della giovane grazie a delle cinghie di cuoio. Lo sfrigolio prodotto dalle parti arrugginite dei ferri sul fuoco annunciavano che lo strumento era pronto. Il monaco inizio la sua litania in latino: una preghiera che in alcuni passaggi pareva riprodurre o annunciare prossimi e ben più sinistri lamenti. Sant'Anna, Santa Barbara, Santa Elena, chiamate a testimoni, avrebbero combattuto instancabili qualsiasi spirito uscito dall'immondo rifugio. Il monaco si asciugò le labbra che si erano inumidite per i continui passaggi della lingua, a meglio far scorrere le preghiere, e impugnò penna e pergamena, pronto a raccogliere la confessione della strega.Quando il divaricatore fu posizionato tuttavia non vi fu più alcuna confidenza da riportare. Solo altra acqua da spargere e l'ora del decesso da trascrivere. Opera del demonio indubbiamente. Confessione certa di colpa. Su questo convennero tutti i presenti.Gianluca Meis
Magazine Diario personale
Il monaco sollevò di poco il cappuccio nero e prese a fissarla. Da lontano, le carni bianche della ragazza, emergevano spettrali sullo sfondo di calce annerita dal fuoco e dalla muffa. Quel corpo smagrito si offriva alla conta di ogni ossa. Le braccia in tensione aprivano incavi profondi tra le ascelle e i seni. Su quel foglio vivo non era possibile vergare altre accuse. Le pinze arroventate andavano poggiate altrove. Esausta, la giovane non poteva più rispondere con la voce. Ogni nuova passata dei ferri provocava solo delle contrazioni muscolari che facevano risuonare le catene dei magli. Si stava andando avanti da ore. Ordinarono che venisse rianimata grazie agli effluvi di erbe aromatiche e aceto. Quando il monaco fece calare nuovamente il cappuccio sugli occhi, i suoi assistenti all'interrogatorio compresero che era il momento del divaricatore. Avrebbero cercato il diavolo laddove sapevano era solito rintanarsi: nella vagina. La porta da cui si entra al mondo da peccatori. Con una secchiata d'acqua a terra liberarono il pavimento dagli escrementi e dall'urina rilasciati nella prima parte dell'inchiesta. Allargarono le cosce della giovane grazie a delle cinghie di cuoio. Lo sfrigolio prodotto dalle parti arrugginite dei ferri sul fuoco annunciavano che lo strumento era pronto. Il monaco inizio la sua litania in latino: una preghiera che in alcuni passaggi pareva riprodurre o annunciare prossimi e ben più sinistri lamenti. Sant'Anna, Santa Barbara, Santa Elena, chiamate a testimoni, avrebbero combattuto instancabili qualsiasi spirito uscito dall'immondo rifugio. Il monaco si asciugò le labbra che si erano inumidite per i continui passaggi della lingua, a meglio far scorrere le preghiere, e impugnò penna e pergamena, pronto a raccogliere la confessione della strega.Quando il divaricatore fu posizionato tuttavia non vi fu più alcuna confidenza da riportare. Solo altra acqua da spargere e l'ora del decesso da trascrivere. Opera del demonio indubbiamente. Confessione certa di colpa. Su questo convennero tutti i presenti.Gianluca Meis
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