Un mattino di vento si decise per l'unica soluzione che le parve accettabile. Nell’attimo in cui la concepì vide tutto con occhi diversi. Anche il passato. Vide il marito sbattere la porta urlando che era una pazza. Vide i medici, i vicini, le donne del paese che la compativano e si davano di gomito, mentre passeggiava col quel burattino che chiamava “figlia”. Rassegnata e muta prese dalla legnaia l'ascia con la quale ancora adesso, nonostante l'età, si procurava da sola la legna per il camino. Prese delicatamente la figlia dalla solita poltrona e la adagiò a terra. Calò su di lei una serie di colpi, precisi e secchi. Piangendo. Nella sua mente sentiva le urla strazianti della piccola. Vedeva il sangue schizzare per la stanza e sentiva il rumore delle ossa rompersi. Ma si ripeteva caparbia che erano solo fantasie. Prese infine i resti, di quell’unica figlia che era riuscita ad avere, di quel’unica compagnia che ha accolto i giorni con lei per oltre cinquantenni, e li mise nel camino. Quella vecchia legna, seppur accuratamente dipinta con colori a olio, spesso ravvivati nel tempo, bruciò in fretta. La donna rimase seduta davanti al camino finché l'ultimo tizzone non fu spento, finché non si convinse che i gemiti di dolore della piccola non fossero finiti. Immerse le mani nella cenere che andava raffreddandosi e se ne sparse un po' tra i capelli e sulle guance. Salì al secondo piano della casa e da quello, attraverso una scaletta esterna, raggiunse il tetto. Guardò il vento ripulirle le mani dalla cenere che volava via anche dai suoi capelli, formando piccole nubi nere ben visibili nel grigio del cielo. E le raggiunse in volo.Gianluca Meis
Un mattino di vento si decise per l'unica soluzione che le parve accettabile. Nell’attimo in cui la concepì vide tutto con occhi diversi. Anche il passato. Vide il marito sbattere la porta urlando che era una pazza. Vide i medici, i vicini, le donne del paese che la compativano e si davano di gomito, mentre passeggiava col quel burattino che chiamava “figlia”. Rassegnata e muta prese dalla legnaia l'ascia con la quale ancora adesso, nonostante l'età, si procurava da sola la legna per il camino. Prese delicatamente la figlia dalla solita poltrona e la adagiò a terra. Calò su di lei una serie di colpi, precisi e secchi. Piangendo. Nella sua mente sentiva le urla strazianti della piccola. Vedeva il sangue schizzare per la stanza e sentiva il rumore delle ossa rompersi. Ma si ripeteva caparbia che erano solo fantasie. Prese infine i resti, di quell’unica figlia che era riuscita ad avere, di quel’unica compagnia che ha accolto i giorni con lei per oltre cinquantenni, e li mise nel camino. Quella vecchia legna, seppur accuratamente dipinta con colori a olio, spesso ravvivati nel tempo, bruciò in fretta. La donna rimase seduta davanti al camino finché l'ultimo tizzone non fu spento, finché non si convinse che i gemiti di dolore della piccola non fossero finiti. Immerse le mani nella cenere che andava raffreddandosi e se ne sparse un po' tra i capelli e sulle guance. Salì al secondo piano della casa e da quello, attraverso una scaletta esterna, raggiunse il tetto. Guardò il vento ripulirle le mani dalla cenere che volava via anche dai suoi capelli, formando piccole nubi nere ben visibili nel grigio del cielo. E le raggiunse in volo.Gianluca Meis
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