Magazine Cinema

HAMLET, con Rory Kinnear. Al cinema dal National Theatre di Londra: solo il 28 gennaio (recensione)

Creato il 27 gennaio 2014 da Luigilocatelli

Hamlet di William Shakespeare. Regia di Nicholas Hytner. Con Rory Kinnear (Amleto), Clare Higgins (Gertrude), Patrick Malahide (Claudio), David Calder (Polonio), James Laurenson (il re) e Ruth Negga (Ofelia). Una produzione National Theatre di Londra. Edizione originale con i sottotitoli. Distribuito da Nexo Digital. L’elenco delle sale sul sito Nexo Digital.
Con la trasmissione in digitale in sala di eventi speciali, teatrali e cinematografici ma non solo, Nexo Digital ha inventato nel nostro paese uno spazio di mercato che non esisteva, e che potrebbe riservare sviluppi interessanti per il pubblico, con la possibilità di accedere a spettacoli, e anche a mostre, altrimenti difficili da raggiungere. Questo Hamlet, per esempio, nei cinema domani 28 gennaio e solo domani, è una produzione di gran successo e impatto del 2010 del National Theatre di Londra, ora rimesso in circolo al cinema per celebrare i 50 anni del teatro. Attenzione, edizione integrale, durata di 4 ore e passa, compresa l’introduzione allo spettacolo del regista Nicholas Hytner e qualche fuori scena. Allestimento contemporaneo e contemporaneizzato che ci tiene a proclamare e esibire la propria modernità, tutto in abiti e arredi tra tardo Novecento e primi Duemila, in una delle tante attualizzazioni di classici che ormai da decenni si sono imposte e sono dilagate a teatro e all’opera. Operazioni spesso discusse e discutibili, qualche volta pertinenti, qualche (rara) volta rivelatrici di sottotesti rimasti nascosti e negletti e capaci di aprire squarci impensati. Il regista Nicholas Hytner (nella sua carriera di direttore artistico del National Theatre ha messo in scena tra l’altro History Boys e La pazzia di Re Giorgio) colloca la tragedia di tutte le tragedie shakespeariane, un successo ininterrotto da quattro secoli e mezzo, in un Palazzo che è il quartier generale di un regime autoritario, un regime di polizia con l’ossessione del controllo totale e manicale sui sudditi e sugli stessi ospiti della corte, tra spionaggi e delazioni e intercettazioni, e un Polonio responsabile dei servizi segreti e informativi di stato. Lettura non così forzata e stravagante, perché il testo di Shakespeare è impregnato della paranoia di Claudio, re uspurpatore che ha ucciso il fratello, legittimo sovrano, e ne he impalmato la vedova Gertrude, madre di Amleto, e teme di essere rovesciato. Un clima di sospetto regna a Elsinore, e la regia sottolinea, anche oltre il legittimo e il dovuto, la rete spionistica tesa dal potere sul regno, qualcosa tra la Ddr evocata da La vita degli altri e la Romania di Ceausescu e della Securitate. In my opinion, un’interpretazione che non aggiunge molto, e che non apre particolari finestre di significato, ma che neppure nuoce. Funziona meglio invece il clima di guerra moderna che si respira, e che ha i suoi fondamenti in Shakespeare (la guerra di frizione tra Danimarca e il regno di Norvegia, la spedizione in Polonia sempre dei Norvegesi che alla fine entrano da vincitori e pacificatori nella corte del dopo-massacro), con i kalashnikov imbracciati e pronti a colpire. Amleto è un giovane uomo per niente ragazzo (Rory Kinnear non è di sicuro un adolescente, è un trentenne pure parecchio stempiato) che la sua finta pazzia, volta a smascherare gli inganni dello zio usurpatore e assassino e della madre traditrice, la gioca c0n veemenza e una certa aggressività. La modernizzazione di questa messinscena sta soprattutto nel ritmo, alto, impresso agli attori e nel tono della recitazione di tutti, ma di Kinnear in particolare, scevra da ogni enfasi e altisonante verbosità e aulicità, e invece tesa, immediata, sporca, perfino sovreccitata, tant’è che anche la meravigliosa e a volte barocca lingua di Shakespeare ci sembra nostra contemporanea. Un allestimento senza polvere e accademismi, ma assai rispettoso del testo, che resta il centro indiscusso e il punto di forza, non soverchiato da scenografie e idee registiche troppo ingombranti. Edizione integrale, con tutte quelle parti che nelle molte versione cinemtaografiche son state ridimensionate o tagliate. Allestimento apparentemente spiccio e senza grandeur, e che dunque rischia di deludere i nostalgici degli Amleti sontuosi secondo Olivier e Zeffirelli, ma che restituisce in pieno la potenza della parola shakespeariana. Non ci si annoia un attimo, Shakespeare vince e sravince ancora confermandosi uno dei più grandi storyteller di sempre. Cast assai multietnico, ed è un segno dei tempi. Certo, un buon Amleto, ma non è il mio preferito, che resta quello corrusco, potente, barbaro – una meraviglia – del film russo-sovietico Gamlet del 1964 di Grigori Kozintsev. Con Innokenti Smoktunovski e le musiche di Shostakovich.

RorykinnearinHamle_1773695i


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :