Hansel & Gretel: Cacciatori di streghe (3 D)

Creato il 23 maggio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

C’era una volta un regista, Tommy Wirkola, il quale, dopo il successo ottenuto nel 2009 con l’horror Dead Snow al Sundance Film Festival (opera seconda, il debutto risale al 2007, Kill Buljo, parodia del tarantiniano Kill Bill), calamitava l’attenzione di alcuni produttori, laggiù, ad Hollywood.
Costoro, nelle vesti di buone fatine, appena conosciute le intenzioni del nostro di offrire una sua personale visione della fiaba Hansel e Gretel, riportata dai fratelli Grimm, si fregarono le mani per l’ennesima rivisitazione da inserire nel fruttuoso filone che da un po’ di tempo a questa parte era divenuta la nuova gallina dalle uova d’oro di un cinema sempre più povero d’idee, e diedero vita ad un prodigioso incantesimo, in forma di cospicuo finanziamento, comprensivo dell’immancabile realizzazione stereoscopica.

Gemma Arterton e Jeremy Renner

E così il buon Wirkola, già carico di un’aura da moderno ed innovativo visionario, si mise all’opera, almeno con l’accortezza di non realizzare la solita riscrittura, bensì un sequel cinematografico della citata fiaba, Hansel & Gretel: Cacciatori di streghe, offrendo la sua interpretazione di cosa fosse mai successo ai due bimbetti una volta arrostita la strega che li aveva attirati ed accolti nella casetta di marzapane, con lo scopo di servirsene per un lauto banchetto, dopo essere stati abbandonati dal papà, una notte, nel bosco.
Se un povero ingenuo come lo scrivente, nella sua fantasia fanciullesca, li aveva immaginati ormai proprietari di una rinomata pasticceria in qualche borgo tedesco, ora se li ritrova innanzi di cuoio vestiti, armati sino ai denti, Hansel (Jeremy Renner) con un protofucile a ripetizione, sarcastico e carico di rabbia, Gretel (Gemma Arterton) forte di una balestra a doppia canna, dal carattere invece più pacato e riflessivo.

Pihla Viitala

Sono infatti divenuti negli anni abili cacciatori di streghe, li vediamo giungere nel paese di Augsburg, salvare dal rogo una presunta fattucchiera, Mina (Pihla Viitala), scontrarsi con lo sceriffo (Peter Stormare), ed essere ben accolti dal sindaco, che li ha assunti per far luce sulla scomparsa di undici bambini. Per i due fratelli sarà l’inizio di una nuova avventura, che li porterà a fare i conti anche col doloroso passato.
In un impianto dichiaratamente anacronistico, uno stilizzato Medioevo dove fanno la loro comparsa i più disparati oggetti moderni (peccato manchino le auto a propulsione umana, come in The Flintstones, la serie cartoon di Hanna & Barbera), il film presenta una caratterizzazione horror, dai forti toni splatter, spesso gratuiti, senza dimenticare lo spaghetti western e il teen drama d’impronta televisiva (l’adolescente Ben, Thomas Mann, fan sfegatato del duo, che diverrà loro alleato).

Derek Mears

Wirkola, anche sceneggiatore, delinea una storia certo lineare, ma sin troppo elementare nel suo sviluppo narrativo, nell’evidente scopo di fornire un semplicistico tratteggio psicologico dei due protagonisti e puntare tutto sull’ azione pura e semplice. Appare chiaro ad un certo punto come la logica del plot vada a farsi benedire: dapprima forti ed invincibili, stando alle gesta narrate in animazione nei riusciti titoli di testa, i fratellini al’improvviso divengono due schiappe maldestre e, per di più, si sceglie di far percorrere loro strade separate, così da giustificare un amplesso acquatico fra Mina e Hansel (Viitala e Renner espressivi ambedue come una Fiat Duna, per chi se la ricorda) ed un rapporto simil King Kong tra Gretel e il troll Edward (Derek Mears), improntato però sul platonico/protettivo, con la prima che nel frattempo da indomita guerriera è divenuta, senza colpo ferire, scipita fanciulla in attesa di un salvatore.

Thomas Mann

Le inquadrature, poi, appaiono imbarazzanti nel loro pressapochismo, soprattutto da un punto di vista estetico, con il 3d sfruttato anch’esso al puro fine ludico, fra liquami organici, dardi e altro lanciati in sala, mentre il montaggio mi è parso piuttosto grezzo, in particolare nelle confuse scene d’azione, inutilmente velocizzate.
“Eh dai, è puro divertimento, rilassati”, mi hanno detto in molti, al sentire le mie opinioni sul film. Sì, va bene, ma non giochiamo a nascondino: concordo, il cinema è (anche) intrattenimento, ma questo non deve essere imposto, sulla base di una furba operazione che di moderno, nel senso di al passo coi tempi, ha solo il cinismo commerciale. Il divertimento va anche ricercato, occorre prendere gli spettatori per mano e portarli nel tuo mondo, offrirgli la tua visione delle cose, coinvolgerli, attirarli verso quanto hai inteso visualizzare sullo schermo, altrimenti tutto rimane una semplice idea che avevi in testa e hai potuto realizzare come volevi, ma nulla di più, sostanziandosi in un film da dimenticare.
Morale della fiaba: Wirkola vivrà felice e contento, un sequel è garantito, ma, almeno a mio modo di vedere le cose, il cinema, anche quello di puro intrattenimento, non abita più qui.

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