Era il mio primo inverno a Bruxelles quando una singolare combinazione di entusiasmo, frustrazione, speranza e senso di liberazione mi spingevano ad avviare le pubblicazioni.
In questi due anni il blog è stato un'ancora di salvezza che mi ricordava chi ero, un luogo terapeutico dove esprimermi, dove esercitare lussuriosamente la mia passione per la scrittura, un luogo dove pubblicare anche quando nessun altro mi pubblicava.
Molto ho scritto e molto ho censurato, per non espormi troppo nella bolla bruxellese. C'è stato un momento in cui ho il ragionevole dubbio che il blog mi abbia messo nei pasticci. Ma, dopo settimane di sudori freddi e riflessioni sull'identità virtuale, ci siamo ripresi.
In fondo il blog è come un amico: non importa cosa ti succeda, che lavoro tu faccia o che lavoro tu perda, lui c'è. C'è a ricordarmi che qualsiasi cosa succeda là fuori, qui dentro c'è un nocciolo che non si scalfisce. E quel nocciolo sono io.