La celebre immagine dei “pillars of creation” di Hubble(NASA/ESA)
Happy Birthday, Hubble ! Il telescopio più famoso del mondo, dopo quello di Galileo del 1609, messo in orbita nel 1990, compie tra poco un quarto di secolo di splendido servizio. La NASA lo festeggia in modo elegante: ripropone la immagine più famosa della galleria cosmica di Hubble, ripetuta e migliorata. Si tratta dei famosissimi “Pillars of Creation”, i Pilastri della Creazione che, visti da Hubble nel 1995, fecero subito il giro del mondo, stampati su T-shirts come su tazze da caffè (americano, viste le dimensioni dell’immagine). Adesso la NASA ne pubblica una seconda immagine, appena fatta, più profonda e più bella.
Il nome “pilastri”, dato dagli scopritori, descrive in realtà un gruppo di nuvole fatte di gas e polveri interstellari che, per caso, hanno forme allungate nella stessa direzione. Girate la foto, però, e i pilastri diventano radici, o stalattiti, o carote cosmiche…qui c’entra la famosa “gestalt”, il nostro modo di vedere le forme. ”Creazione”, invece, è molto più appropriato. Dentro alle fotogeniche nubi (invisibili all’occhio umano), la materia diffusa può condensarsi, collassando, cioè cadendo su se stessa a causa della forza che muove tutto l’Universo, la gravità.
Alla fine del collasso, miracolo, nasce una stella. Cioè la materia diventa così densa e calda da far accendere le reazioni nucleari, le stesse che tengono acceso il nostro Sole. E di solito le stelle non nascono da sole, ma a grappoli, tutte insieme: dentro e intorno a quei “pilastri” si intravedono delle pouponnières di stelle appena create. E se ci sono stelle appena create, potrebbero esserci tantissimi pianeti appena nati, come era la nostra Terra quattro o cinque miliardi di anni fa. Chissà come evolveranno.
Le dimensioni dei pilastri, e anche delle nurseries stellari, sono astronomiche, naturalmente. Le nubi di materia che Hubble ha fotografato si trovano a più di seimila anni luce da noi, e quindi il nostro Sole, se fosse lì, sembrerebbe una delle tante stelline deboli dell’immagine. Ma naturalmente non si vedrebbe traccia di un sistema planetario intorno a lui né, tanto meno, di un eventuale terzo pianeta del sistema stesso…Anche per questo è difficile guardare l’immagine senza fermarsi un attimo a pensare.
Alcune delle stelle neonate sono particolarmente calde (tipo ventimila gradi in superficie) ed emettono getti di radiazione ultravioletta ad alta velocità. Anzi, confrontando le due immagini separate da 20 anni si scopre che uno di quei getti ha un allungamento misurabile: la materia cosmica si muove, sembra viva.
Nate insieme, le stelle poi muoiono una ad una, perché hanno evoluzioni e durate di vita diverse. Alcune, le più grosse, alla fine esplodono, tornando ad essere gas e polvere. In questo modo, le stelle arricchiscono le nubi interstellari degli elementi chimici prodotti durante la loro vita e nell’esplosione finale. E’ così che fu creato il calcio delle nostre ossa, il ferro del nostro sangue o l’oro dell’orecchino che abbiamo appena regalato per Natale.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giovanni Bignami