Postato il gennaio 12, 2012 | TEATRO | Autore: Giuseppe Floriano Bonanno
Platea e galleria del Teatro EuropAuditorium, ricolme in ogni ordine di posto, con i bimbi delle elementari accanto agli adolescenti, i trentenni e quarantenni fianco a fianco con signore di mezz’età ed uomini attempati, rappresentano il segno più tangibile di come “Happy Days” sia profondamente penetrato nell’immaginario collettivo. L’omonimo musical (tratto dal celebre telefilm e scritto qualche anno fa dallo stesso autore di quest’ultimo, quel Garry Marshall regista di film amatissimi come “Pretty Woman”), arrivato sugli schermi statunitensi nel lontano 1974 (in Italia nel 1977) sull’onda del successo di pellicole come “American Graffiti”, si pone come obiettivo proprio quello di far rivivere, in chiave spettacolare e moderna, le atmosfere ed i personaggi che tutti noi abbiamo amato, invitandoci a sognare, ridere e ballare al fianco degli indimenticabili Richie, Potsie, Ralph, Fonzie, i signori Cunningham e di tutti gli altri personaggi della saga ambientata nella Milwaukee degli anni ‘50. La Compagnia della Rancia, per la regia di Saverio Marconi, ci propone dunque in scena l’atmosfera allegra e spensierata, sempre però nel pieno rispetto dei solidi valori morali dell’epoca, che fa da cornice alla vita quotidiana della tipica famiglia borghese americana di quegli anni. Sulle note di una musica orecchiabile e divertente, piena di coinvolgente energia, si alternano sul palco i personaggi che, definiti da un sondaggio i più amati dal pubblico italiano, abbiamo tanto apprezzato sul piccolo schermo e che, finalmente, reinterpretati e rinvigoriti, possiamo ammirare dal vivo. Il musical, con il suo giusto mix di parti recitate, di ballo e di canzoni (tutte in italiano), tra cui emerge l’immarcescibile ed amatissima sigla, che ai suoi tempi, fungeva da inevitabile richiamo a tavola per tutti, pare sposare in pieno lo spirito del telefilm e allo stesso tempo sembra rappresentare il genere di spettacolo oggi più rispondente alle mutate esigenze dello spettatore del terzo millennio.
Le curate scene che ripropongono quasi fedelmente le location di “Arnold’s”, della casa dei Cunningham e delle strade della cittadina americana, insieme ai colorati e sgargianti vestiti d’epoca (fantastiche le gonne a ruota svolazzanti delle ragazze e i capelli a ciuffo dei ragazzi), ci catapultano fin da subito nelle atmosfere degli anni ’50; il resto lo fanno il sottofondo musicale rock, ma soprattutto la presenza scenica degli attori, tutti davvero vicinissimi in movenze, mimica e mosse ai loro epigoni originali. Come nella mitica sit-com, il vero protagonista dello spettacolo diviene fin da subito Fonzie, interpretato dal bravissimo Riccardo Simone Berdini, che con il suo immancabile chiodo, lo schiocco delle dita e i rituali “Hey” conquista la platea trasformandosi nell’eroe che risolve tutti i problemi. Il lavoro di Paul Williams (autore dei testi e delle musiche delle canzoni che, ricordiamo, noi abbiamo però ascoltato tradotte nella nostra lingua) ha sicuramente contribuito a rendere questo musical un grande successo oltreoceano, ma forse, in fin dei conti, il vero cavallo vincente è proprio quella nostalgia “canaglia” per un’epoca, per un’età, per uno stato dello spirito, innocente ed ottimista, che non ci ha mai abbandonato da quando seguivamo in TV le avventure di un gruppo di adolescenti in cui un po’ tutti noi potevamo identificarci allora, come oggi. Gli scroscianti, convinti e calorosi applausi finali sono stati il segno più evidente del gradimento di questa rappresentazione che per due ore ci ha fatto riporre nel cassetto ansie, delusioni, disillusioni facendoci sognare e sorridere.
I tre scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro EuropAuditorium di Bologna – Fotografie di Alessandro Pinna