11 novembre 2014 Lascia un commento
In un dialogo immaginario tra lo scrittore e i suoi figli su carta stampata, inizia un incontro/scontro dall’evolversi imprevedibile. Film sulla paura, in realta’ e’ una commedia brillante che stempera le storture di questa epoca disintegrata nell’happy ending. Il messaggio e’ piu’ che positivo quindi, sorprendente se pensiamo che al contrario di quanto il titolo lasciava intendere, non v’e’ alcun attacco alla "famiglia borghese" il che credo, sia una specie di evento per il nostro cinema. Pirandelliano quanto basta, Salvatores cita se stesso e si racconta, traghetta i personaggi fuori e dentro i due livelli del racconto in una metanarrazione che prova ad essere originale e in parte ci riesce.
Si puo’ essere divertenti senza essere volgari. Si. In fondo la commedia e’ cio’ che il nostro cinema riesce a fare ancora bene, raramente ma talvolta ce la fa. Liberi, se lo desiderano, da valenze politiche, i registi possono esprimersi senza vincoli muoversi al loro meglio. Poi certo, abbiamo una tradizione che seppur sepolta non puo’ essere cancellata e qualche ottimo maestro ancora illumina la via da lassu’ a chi decidesse di cimentarsi nel difficile mestiere del far ridere.
Salvatores, lo ripeto ancora una volta, e’ un grande regista e lo e’ anche sottraendolo all’effettiva resa del suo cinema perche’ e’ uno che osa sia nei testi che nella tecnica. Sotto questo aspetto e’ persino unico e nell’impossibile nonche’ scorretto confronto con Sorrentino, se sotto il profilo strettamente cinematografico Napoli batte Milano, nelle storie e nel coraggio, il Nord sovrasta il Sud di molte lunghezze.
"Happy family" ha uno stile tutto suo, con molta Italia, anche quella televisiva, il meglio dell’America che si racconta nei festival indipendenti, poca Europa del nord e molta del sud, diciamo da Almodovar e Wenders ma ripeto, al contrario di Sorrentino che ha trovato i suoi maestri e cerca costantemente di superarli, Salvatores ha studiato la lezione e cerca di evolverla, non necessariamente scavalcarla.
Il grande risultato e’ dovuto in gran parte ai suoi protagonisti. Fabio De Luigi ad esempio dimostra di essere un uno dei pochi cabarettisti che funziona anche al di fuori della gag e dal monologo da tre minuti televisivo. Decano in un ruolo secondario ma sempre un gigante, Abatantuono i cui tempi comici restano unici ed imbattibili. Bravo Bentivoglio laddove non sempre riesce ad evadere dalla triste aurea che lo pervade. Persino Margherita Buy, come sempre nel ruolo di nevrotica piagnucolosa, riesce a divertire il che suona come un evento. Non e’ un evento invece faccia ridere Carla Signoris, la sola a riuscirci in casa Crozza. Si rivede persino la Sandrocchia nazionale, un’attrice che primo o poi sara’ da rivedere oltre le tette che furono.
Un po’ si squaglia, un po’ ci prova ma il risultato resta ottimo. Bello.