Harper Lee nata il 28 aprile 1926 a Monroeville, Alabama è la più giovane dei quattro figli di Frances Finch Cunningham, aveva costruito il personaggio di Atticus sul modello del padre, Amasà Coleman Lee, anch’egli avvocato, che aveva difeso molti neri, anche se, a differenza dell’eroe del romanzo, era un segregazionista convinto. Ma le sue arringhe in tribunale avevano sempre affascinato Harper, che nel romanzo diventa Scout, la vivacissima figlia dell’avvocato che è la voce narrante nel romanzo.
La piccola Scout, guarda caso coetanea di Harper, avendo sei anni nel ’32, orfana, con il fratello maggiore Jem, della mamma, intuisce che i tempi non sono maturi per l’emancipazione dei negri.
Ma vediamo come la voce narrante di Scout apre il romanzo:
Parte prima
Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all’epoca in cui si ruppe malamente il gomito sinistro. Quando guarì e gli passarono i timori di dover smettere di giocare a palla ovale, Jem non ci pensò quasi più. […]
Quando mio padre fu abilitato, ritornò a Maycomb e si dedicò alla professione. Situata a una ventina di miglia ad est dell’Approdo dei Finch, Maycomb era il capoluogo della contea.[…] Maycomb era una vecchia città, e quando la conobbi io era una città vecchia e stanca. Nei giorni di pioggia le strade si trasformavano in una fanghiglia rossa, sui marciapiedi cresceva l’erba, e il palazzo del Tribunale sprofondava a poco a poco nella piazza. […] Acticus, Jem ed io vivevamo nella strada principale del quartiere residenziale, e con noi c’era anche Calpurnia, la cuoca. […](*)
Lee aveva solo cinque anni quando nell’aprile del 1931, nella piccola città di Scottsboro contea di Jackson stato dell’Alabama avvenne un episodio di presunti stupri di due donne bianche da parte di nove giovani neri. Gli imputati, che rischiarono il linciaggio prima di essere portatati in tribunale, dove non gli furono concesse le più elementari possibilità di difesa fornendo loro un avvocato d’ufficio. Nonostante le testimonianze mediche in cui dimostrarono che le donne non erano state violentata, la giuria di soli bianchi li giudicò ugualmente colpevoli del delitto e li condannò tutti, ma il più giovane, un ragazzo di dodici anni si impiccò. Il caso Scottsboro lasciò una profonda ferita nella coscienza della giovane Lee, ma fu come base di massima per gli eventi in To Kill a Mockingbird.
“Tomboy”, maschiaccio, e “stubborn”, testardo, sono le parole che tornano più spesso nei racconti di chi, come il reverendo Thomas Lane Butts l’ha conosciuta ottant’anni fa, quando Harper Lee teneva testa ai rudi compagni delle elementari di Monroeville e difendeva l’amico del cuore, arrivato da fuori e venuto ad abitare nella casa a fianco alla sua: un fragile Truman Capote. Già Truman Capote che nel suo romanzo è Dill un personaggio costruito chiaramente sul giovane amico. Ecco ciò che si dissero al loro primo incontro:
[…] Fu quella l’estate in cui capitò da noi Dill.
Una mattina presto, mentre stavamo per mettere mano al gioco in cortile, Jem ed io udimmo un rumore nel giardino vicino, nell’orto dove miss Rachel Haverford coltivava i cavoli. Ci avvicinammo alla rete divisoria per vedere se non ci fosse, per caso, un cucciolo – la rat-terrier della signorina Rachel aspettava la figliata – e invece scoprimmo uno, seduto, che ci guardava. Così, seduto, non era molto più alto dei cavoli. Lo fissammo finché non parlò.
“Ciao,” disse.
“Ciao,” rispose Jem affabilmente.
“Sono Charles Baker Harris,” disse. “So leggere.”
“Be?” dissi io.
“Così, pensavo che vi avrebbe fatto piacere saperlo: se avete qualcosa da leggere in casa, ci sono io.”
“Quanti anni hai?” chiese Jem. “Quattro e mezzo?”
“Quasi sette.”
“Allora non c’è niente di strano,” disse Jem, e indicandomi col pollice aggiunse: “Quella là legge da quando ne aveva tre di anni.” […] (*)
Il romanzo, pubblicato nel 1960 ebbe un successo immediato, diventa all’istante il grande romanzo americano dei diritti civili. Il libro più letto e commentato negli Stati Uniti dopo la Bibbia. L’anno successivo il premio Pulitzer. Nel 1962 il film con Gregory Peck nei panni di Acticus Finch, l’avvocato che, in quel tribunale di quella città dell’Alabama cuore di tutto il romanzo, visitato più volte dalla troupe del film e ricostruito identico a Hollywood, difende con grande passione e un’arringa indimenticabile, il negro Tom Robinson, accusato ingiustamente di aver stuprato la ragazza bianca Mayella Ewell, senza però riuscire a salvarlo. Perché la sentenza gli è avversa, e l’happy end sarebbe stato quasi fantascienza. Anni di celebrità per Harper Lee, che partecipa alla realizzazione del film, gira per Monroeville con Gregory Peck, che per la sua interpretazione riceverà uno dei tre Oscar vinti dal film: To kill a mockingbird, uccidere un usignolo era il titolo originale. Come il libro, anche il film, mise a soqquadro gli anni Sessanta lo stesso scompiglio dei discorsi di Martin Luther King negli anni Cinquanta. Del resto il razzismo, negli stati meridionali, continuava a essere un virus letale, e fu proprio quella ragazza dai tratti e dai modi mascolini a gettare il sasso (quasi) definitivo dello stagno, smuovendo le acque delle coscienze.
La Lee concede interviste a ripetizione per tre anni. Fino al 1964. Quattro anni di celebrità poi l’oblio, il silenzio. Mai più una parola con la stampa, di cui smise di fidarsi all’improvviso.
“Non una vita da reclusa, come hanno scritto molti nostri colleghi delusi”, spiega Connie Bagget, un’amica della Harper, ma soprattutto della sorella Alice, che fino al 2011, quando aveva la bellezza di 99 anni, ha continuato ad esercitare la professione di avvocato e parlare con la stampa a nome della sorella. “Harper Lee per molti anni ha passato il suo tempo tra New York e Monroeville. Quando veniva qui, giocava a golf, andava nei ristoranti, parlava con i suoi vecchi amici. Ha partecipato anche a qualche manifestazione pubblica e nel 2007 è stata alla Casa Bianca per ricevere da George Bush la Medal of Freedom (medaglia presidenziale della libertà). Ma non ha mai voluto più dire una parola alla stampa.”
Anche se i suoi secondi quarant’anni abbondanti li ha trascorsi e continua a trascorrerli in un isolamento quasi maniacale, ricoverata in un ospizio per anziani non autosufficienti: – quasi totalmente sorda, mezza cieca e parzialmente paralizzata dopo l’ictus che l’ha colpita nel 2007 – Harper Lee, anche se malata e sola, non si è mai sposata e non ha avuto figli, ha scatenato, comunque, un’offensiva giudiziaria sui suoi diritti del suo romanzo, accusando il suo agente Samuel Pinkus di averla derubata. Certo né Harper Lee né Alice hanno eredi: neanche la sorella si è mai sposata. Le cifre in ballo non sono per nulla irrilevanti: 35 milioni di copie, tradotte in oltre 40 lingue, Il buio oltre la siepe, ancora oggi è il romanzo più letto nei licei Usa, dove se ne vendono 750 mila copie, molte di più di quanto siano I promessi sposi nelle scuole italiane. Ciò consente alla Harper di maturare diritti per oltre 3 milioni di dollari l’anno.
Monroeville annovera 6.500 abitanti e 28 chiese e due dei più grandi scrittori americani di tutti i tempi, è perciò facile avere la testimonianza di padre Butts, che da tempo le fa visita ogni giorno, sul perché, pur amando scrivere, Harper Lee non ha mai pubblicato un altro romanzo: “Una volta le ho chiesto se avesse avuto paura di mettersi in competizione con se stessa, con quel suo primo romanzo quasi perfetto. Stronzate, mi rispose. I motivi sono due: non mi sottoporrei di nuovo, per tutto l’oro del mondo, alle pressioni e alla pubblicità arrivate dopo Il buio oltre la siepe. E poi ho detto tutto quello che avevo da dire e non intendo ripeterlo”. Anche molti biografi sono dello stesso parere.
“Lei ha vissuto in un momento straordinario, non è un caso che questo racconto abbia preso corpo proprio a Monroeville”, racconta l’amica Baggett. “La Harper ha perduto la capacità di scrivere un nuovo romanzo, quando tra lei e la sua gente si è frapposta l’intercapedine di un enorme celebrità.” Spiegata così l’unicità del lavoro di Harper Lee, comincia a evaporare anche il sospetto che ne Il buio oltre la siepe ci sia la mano di Truman Capote: “Se avesse avuto qualche merito, un egocentrico esibizionista come lui l’avrebbe gridato ai quattro venti. E, invece, mai nulla”, ripetono all’unisono la Baggett, e lo scrittore Jim Gilbert e molti altri. “Stili totalmente diversi: incalzante, fattuale, senza distrazioni per il lettore quello della Harper Lee. Pirotecnico e pieno di divagazioni poetiche quello di Truman Capote”, spiega Gilbert, che ha confrontato Il buio oltre la siepe con le opere dell’amico d’infanzia di Lee. “Anzi, è probabile che almeno in un caso, quello di A sangue freddo, sia successo il contrario: è stata Harper ad aiutare Truman.”
Il libro di Truman fu pubblicato a puntate dal “New Yorker” nel 1965, inaugurava così un nuovo genere letterario: il romanzo-reportage, un metodo ricercato nel ricostruire intrecci e psicologia dei personaggi, pedissequamente attinente alla ricostruzione giornalistica degli eventi. Tutto ha inizio nel 1959, quando in una cittadina agricola del Kansas, Holcomb viene barbaramente uccisa la famiglia dei Clutter. Il “New York Times” ne racconta i fatti e Truman capisce che è l’occasione che attendeva per creare il nuovo genere letterario e va a Holcomb per assistere alle indagini, alla cattura dei due assassini, al processo e alla loro esecuzione. Anche la Harper, che a quel tempo ha già scritto, ma non ancora pubblicato, Il buio oltre la siepe, segue l’amico considerando che il rapporto tra i due in quegli anni è ancora intenso, ma che si guasterà di lì a poco.
“Truman, già uno scrittore famoso, fu preso dall’invidia quando mia sorella vinse il Pulitzer. Da allora i loro destini si sono separati”, disse la sorella Alice poco prima di ammalarsi. Se da un lato la Harper è sempre più silenziosa e lontana dal mondo, sempre più chiassoso, esibizionista e eccessivo è Truman che a Monroeville, a differenza di Harper, non è più tornato. Oggi, nel Courthouse, il vecchio tribunale trasformato in museo, la città li celebra entrambi. Se un vecchio muretto di mattoni, è tutto ciò che rimane della casa in cui visse Truman Capote, diventato un monumento protetto e con tanto di targa storica, lì a fianco, al posto della casa di Harper Lee, c’è il chiosco di una gelateria, Mel’s.
Ed ecco lo splendido finale quando Scout comprende che non avrà più paura del buio che c’è di là della siepe.
[…] I vicini portano da mangiare quando muore qualcuno, portano dei fiori quando qualcuno è ammalato e altre piccole cose in altre occasioni. Boo era anche lui un nostro vicino, e ci aveva dato due pupazzi fatti col sapone, un orologio rotto con la catena, un coltello, e… le nostre vite. Una volta Atticus mi aveva detto: “Non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista”. Ebbene, io quella notte capii quello che voleva dire. Adesso che il buio non ci faceva più paura avremmo potuto oltrepassare la siepe che ci divideva dalla casa dei Radley e guardare la città e le cose dalla loro veranda. Accadde tutto in una notte: la notte più lunga, più terribile, e insieme la più bella di tutta la mia vita. (*)
A Monroeville più che enigmi e misteri letterari, il paradosso sono quei 30 mila turisti colti che ogni anno affollano le strade, protette da un inflessibile determinazione degli abitanti per la privacy della celebre cittadina.
(*)IL BUIO OLTRE LA SIEPE
Titolo dell’opera originale: TO KILL A MOCKINGBIRD
1960 by Harper Lee
Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
Featured image Il Presidente George W. Bush nella “East Room” della Casa Bianca premia Harper Lee con la Medaglia presidenziale della libertà (Foto di Eric Draper).