Niente sembrerebbe più lontano dal “canone” della saga di Harry Potter, troppo fortunata alle casse delle librerie e al botteghino dei cinema di tutto il mondo per potersi attestare anche sugli scaffali delle biblioteche “alte”. In effetti, nonostante i molti tentativi (messi in atto soprattutto in ambito anglosassone, questo va detto) di conferire dignità culturale ai romanzi della Rowling, in casa nostra essi rimangono ancora outsider della vera e propria letteratura, studiati con coscienza solo da pochi spiriti liberi. La pretesa di inserirli in una lista “autorizzata” è – almeno questa è l’impressione – destinata al fallimento.
Il libro di Laura A. Macor Filosofando con Harry Potter. Corpo a corpo con la morte, da poco uscito per la casa editrice Mimesis, sembra possa cambiare le cose. Non (solo) nella direzione che ci si aspetterebbe, però.
L’analisi della Macor, che si concentra sui sette volumi con rigore e riesce a far cogliere sfumature anche minime perfino al lettore più disattento, sceglie come punto archimedeo interpretativo la riflessione sulla morte e la rende punto di irraggiamento per una comprensione a tutto tondo. Sulla scena non solo Harry, ma anche (e forse soprattutto) Voldemort, Silente e Piton, che in misura diversa lasciano che il lutto, proprio o altrui, anticipato o vissuto, cambi la loro vita. L’intenzione dell’autrice è filosofica: la meditatio mortis (indicata anche sul sito di Salani come tema fondante l’intera saga) rappresenta il filo rosso del pensiero occidentale e della vicenda descritta dalla Rowling, e “imparare a morire” diventa il motto di entrambi.
Oltre alla filosofia, però, l’interpretazione della Macor sembra contribuire in misura forse anche maggiore all’arricchimento di un’altra disciplina, tuttora in formazione e in continua diffusione nelle Università europee e statunitensi: i Death Studies. Studiare la morte in tutte le prospettive possibili (letteraria, filosofica, iconografica, culturale, medica, farmacologica, psicologica ecc.) è lo scopo di questo nuovo approccio, che, come tutti fenomeni in via di crescita, si sta lentamente costruendo un sistema di valori/riferimenti/testi.
La domanda non può non venire: perché non inserire anche i sette volumi della Rowling in questo canone? Certo, anche il libro della Macor dovrebbe figurarvi come pionieristico tentativo interpretativo.
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