Heart of the Sea
di Ron Howard
con Chris Hemsworth, Benjamin Walker, Cillian Murphy
Usa, 2015,
genere, avventura, drammatico, azione
durata, 121
Nella ricca
filmografia di Ron Howard realtà e fantasia si sono spesso date il cambio nel
definire il contesto narrativo delle storie portate sullo schermo dal regista
americano. Da “Splash” e “Cocoon” a “Frost/Nixon – Il duello” e “Rush” il passo
non è certo breve e anzi sembra fatto apposta per ragionare sull’eclettismo
dell’autore che, numeri alla mano, sembra trovare il medesimo consenso sia
quando si appropria delle cronache del nostro tempo, rivestite con la stoffa
del mainstream vecchia
maniera, sia quando, allontanandosi dal mondo reale, lo ridisegna a immagine e
somiglianza dei libri delle fiabe. Da questo punto di vista “Heart of the Sea –
Le origini di Moby Dick” può considerarsi una piacevole eccezione perché non
c’è dubbio che il misterioso naufragio della baleniera Essex, ricostruito nel
libro dello scrittore Nathaniel Philbrick da cui Howard ha ricavato la storia
del film, rappresenti, per i
rimandi alla celebre opera di
Herman Melville che nel suo capolavoro trasfigurò in parte gli avvenimenti di
quella tragedia, il punto d’equilibrio tra le diverse anime del regista
americano.
Ricostruendo la
cronaca degli avvenimenti che portarono i marinai della baleniera ad affrontare
le ire del gigantesco cetaceo Howard racconta si, un pezzo di storia americana
ma lo fa da par suo, ripercorrendola attraverso il mito del romanzo
melvilliano, trasfigurato sia nella figura dello stesso scrittore, presente
negli inserti che fanno da cornice alla narrazione vera e propria, quelli in
cui Thomas Dickerson rievoca gli avvenimenti di cui fu testimone, sia, e qui
entra in gioco il cinema, nell’epica fantastico avventurosa con cui vengono
descritte le gesta del Capitano Pollard (Benjamin Walker), il comandante della
nave e del suo secondo, il signor Chase (Chris Hemsworth) che per coraggio e
abilità marinare è destinato a diventare la stella polare del racconto.
Segnalata dall’iperrealismo cromatico della fotografia e dagli effetti speciali
che permettono al progenitore di Moby Dick di sembrare più reale del reale, la
componente leggendaria dell’assunto nelle mani di Howard assume le forme di una
favola morale in cui gli ideali ambientalisti affermati attraverso la nemesi
rappresentata dalla punizione che la balena infligge a chi per motivi di lucro
ha osato sfidare le leggi del mare avventurandosi nell’ignoto più profondo,
trovano un contraltare meno nobile nella spettacolarizzazione della morte e
della violenza a cui il film paga tributo sia quando si tratta di mettere in scena
lo scontro tra uomo e natura; sia quando, nel momento della resa – e parliamo
del naufragio che decimerà gran parte della ciurma – “Heart of the Sea” mette a
rischio la sua incolumità commerciale con un epilogo a tinte forti, fatto di
scelte estetiche - volte a illustrare la maniera in cui i protagonisti riescono a sopravvivere
- raramente utilizzate nei film rivolti a un pubblico famigliare. Ed è proprio
questa cupezza di fondo, accompagnata a una narrazione fin troppo misurata per
i tempi che corrono, a fare del film di Ron Howard un prodotto in un certo
senso sfuggente rispetto ai canoni di popolarità che sembrerebbe comunque
perseguire. Un’irrisolutezza nondimeno affascinante ma al tempo stesso poco
utile alla conquista del botteghino.