Magazine Cinema
HELL ON WHEELS (2001)
Ideatore: Joe Gayton, Tony Gayton
Attori: Common, Colm Meaney, Anson Mount,
Dominique McElligott
Paese: USA
“Make no mistake. Blood will be spilled. Lives will be lost. Fortunes will be made. Men will be ruined. (…) There will be betrayal, scandal and perfidy of epic proportion, but the lion shall prevail.”
Queste le parole con cui ci eravamo lasciati dopo aver scritto del pilot di “Hell on Wheels”. Pronunciate da Durant, uno dei protagonisti della serie, distribuivano speranze affatto indifferenti senza troppa parsimonia. Mostrando peraltro una certa arroganza, considerando il fatto che il primo episodio non si è certo imposto come uno dei più avvincenti della storia televisiva. A quanto pare, però, i creatori della serie avevano già allora le idee abbastanza chiare sul prosieguo, tanto da potersi permettere promesse simili. Al termine di questa prima stagione si può affermare in tutta sicurezza che i rischi e i limiti mostrati inizialmente sono stati messi da parte senza difficoltà, del resto anzi, col senno di poi, non era neanche del tutto corretto parlare di limiti. Come molti altri prodotti, infatti, "HoW" non si mostra avvincente fin da subito perché punta su elementi che non si costruiscono certo in una sola puntata: sulle atmosfere più che sulla narrazione, non sul ritmo quanto sull'introspezione. Quest'ultima, nello specifico, non è in realtà così trascendentale ma è più che sufficiente, se si considera che la serie tende a restare nel mezzo; pur essendo introspettiva e d'atmosfera non rinuncia infatti agli altri due aspetti poc'anzi scritti, tanto che laddove uno non riesce ad andare oltre, subentra l'altro a raccogliere il testimone. La sinergia tra i vari elementi funziona, quindi, e funziona bene, tanto da rendere l'intera stagione assolutamente valida.
È vero, quando si parla di ritmo non propriamente incalzante, di introspezione e di AMC la paura tende con prepotenza a travolgere lo spettatore trascinando il pensiero all'antagonista per eccellenza nell'universo televisivo contemporaneo. Ogni volta che si ascolta “previously on AMC's...” il panico è inevitabile, ma quando poi la frase termina con “... Hell on Wheels” invece che con “... The Woukin Ded”, si torna ben predisposti alla visione. Ed è un bene, perché quella che seguirà sarà con il giusto approccio una visione assai piacevole. Questa volta, infatti, di interazione e dialoghi da soap opera non ce ne sono, i tempi lenti vengono gestiti con criterio e l'intreccio si rende in un modo o nell'altro interessante. Nonostante il motore della vicenda, soprattutto nelle prime battute, sia il percorso vendicativo di Bohannon, la serie non si risolve in una corsa alla resa dei conti, in cui l'attenzione è calamitata dall'attesa della stessa e dal personaggio chiamato a portarla a termine; al contrario lo sguardo si amplia sensibilmente irradiandosi da ognuno dei personaggi principali: Elam apre la narrazione sugli schiavi e sulla loro situazione, Bohannon sulla guerra civile tra Nord e Sud che aveva appena devastato il Paese, Durant sul capitalismo, quindi sullo sviluppo come sulla speculazione, e Lily Bell sul volto più idealista del Paese. Vi è quindi la vendetta dell'uomo solitario e lo scenario di cambiamento di un'intera nazione. Il western classico e quello crepuscolare. Pistoleri che saldano i conti col passato e gente che guarda al futuro. Azione e disillusione.
Non è difficile da capire, alla luce di ciò, il motivo per cui la serie non coinvolge immediatamente. Come quasi tutti i prodotti che ampliano lo sguardo e che puntano maggiormente sulle atmosfere, anche questa ha bisogno di tempo, quello necessario a costruire un contesto sufficientemente ampio al quale poi lo spettatore deve avvicinarsi ed adattarsi. In "Deadwood” per esempio, di cui si era già parlato quando si è scritto del pilot di “HoW”, l'azione è ancor meno presente, tanto che per affezionarsi a serie e personaggi di tempo ce ne vuole anche di più, salvo poi scoprire che di quei secondi non ne è andato perso nemmeno uno.
Un ruolo fondamentale nel creare il contesto come al solito ce l'hanno le atmosfere, in questo caso però ricreate grazie, più che ad una regia ottima nel suo essere sempre calibrata e ad una fotografia ricercata e assai funzionale, alle musiche. Nello specifico a quelle combinazioni, classiche in una serie, tra le stesse e il montaggio. Le scelte in tal senso sono tutte perfette nel loro essere talvolta accattivanti (western classico) talaltra avvolgenti (western crepuscolare). Stupenda quella in apertura della penultima puntata dei malinconici Mumford and Sons ad esaltare gli aspetti, sapientemente montati, meno spettacolari e affascinanti di una battaglia.
In linea con tutto il resto il finale di stagione, che infatti non punta in quanto tale su un climax classico, contraddistinto da un ritmo in crescendo, ma su un montaggio alternato che per l'ennesima volta sottolinea le due facce di "HoW", quella riflessiva e quella più viscerale. Entrambe però permeate da una disillusione di fondo che tanto da alla serie. Si spera di non vederla scemare in seguito perché sarebbe davvero un peccato rinunciare al fascino di quello che si è rivelato uno dei pochi prodotti validi in circolazione.
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