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In Helldriver il sangue sgorga come da un idrantelanciando d’attorno gocce che svelano la presenza della macchina da presa, sisguainano spade (elettriche!) per difendersi da un mondo infestato da zombiclassicamente rintronati, ma sulla cui fronte crescono cornetti che vanno a rubatra gli umani perché contengono una droga potente. Un gore-zombi-demenziale intenso, due ore di anarchicamarcia contrappuntata da musica a martello, con uno stile che eccessivo è direpoco. Yoshihiro Nishimura è un esperto del genere, essendosi occupato di truccoed effetti speciali per esempio in diversi film di Sono Shion (Suicide Club,Noriko’s Dinner Table, Strange Circus, solo del trucco in Exte: HairExtension e Love Exposure), oltre ad aver vinto, con un suo precedentefilm, Tōkyō zankoku keisatsu (TokyoGore Police), il premio come migliore film asiatico al Fant-Asia Film Festival.La storia di Helldriver inizia con una misteriosanube tossica che si espande sul Giappone e trasforma gli umani in zombi. Perovviare al problema della gestione di queste belve sceme, ma affamate di carneumana, viene costruito un muro attraverso il Paese, che le relega nella parteNord, lasciando agli umani il resto del territorio. Gli stessi umani che vannopoi a “caccia” nella riserva di zombi per raccogliere i preziosi cornetti oche, per contro, danno vita a comitati per la difesa delle creature. Finda subito, mentre si strappano cuori (e ce li si scambia, fine metafora), sibrandiscono arterie gocciolanti sangue, e il pubblico ride divertito, scatta ilmeccanismo dell’evocazione bieca, della citazione (ad insaputa del regista?)varia e a flash disordinati come la trama del film: la nube tossica sembrapresa in pieno dallo scenario altrettanto apocalittico e delirante de “La nubepurpurea” di M.P. Shiel e i poveri zombi braccati per i loro cornetti sono cosìsimili ai vampiri della serie True Blood, nella quale sono appuntoi vampiri ad essere ricercati per il loro sangue che agli umani fa l’effettodel viagra, e che tentano di organizzarsi in comitati e leghe per provare adifendere la propria diversità. Grondano metafore un po’ ovunque.La protagonista di Helldriver è Kika,ragazza-guerriera spesso in posa da eroina di un manga, animata da un vagospirito di vendetta nei confronti della cattiva Regina degli Zombi (EiniShiina, l’attrice che interpretava l’indimenticabile dark lady in Audition).La scena nella quale la ragazza è costretta ad assistere mentre il padre vieneletteralmente affettato (ma che ha la forza surreale di scambiare due parolecon lei nel frattempo) di nuovo sembra rimandare a qualcos’altro, a Tsumetainettaigyo (Cold Fish), di Sono Shion per dirne uno, film così prodigo disequenze di smembramenti di corpi. Le due donne (Kika e la Regina) sono bendelineate come personaggi. Attorno a loro gravita un circo di fantasiosiuomini-cowboy, apparenti dittatori con veline al seguito, inutili corpi senzavita che camminano. Gli effetti travolgono (mi ha colpita l’aereo fatto dicorpi umani), le trovate pure. Dopo tutto, il finale è delizioso, con la protagonista chesi riprende il cuore che le avevano rubato, lo rimette a posto e le arterie,come piccoli esseri vermiformi agitati, si riallacciano al muscolo el’equilibrio è ripristinato. Dopo due ore di marcia sgangherata e dalle tramesfilacciate, si approda ad un accenno di poesia, anche se sanguinolenta.[Claudia Bertolè]
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