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Henri Cartier-Bresson: manifesto surrealista, II parte

Da Ragdoll @FotoComeFare

Nella seconda parte di questa serie analizzeremmo come Henri Cartier-Bresson usi le contraddizioni per minare la stabilità della vita quotidiana. Le cose più strane accadono ogni giorno intorno a noi, ma c’è bisogno di un occhio attento per riuscire a catturarle attraverso la fotocamera.

Dove eravamo?

Nella prima parte, abbiamo brevemente esplorato le origini dei Surrealisti e il loro obiettivo come movimento artistico. Esso fu creato, in principio, come una corrente poetica, ma venne ben presto adattato a pittori, registi e fotografi. L’obiettivo principale dell’arte classica, prima dell’avvento dei surrealisti, era l’osservazione della natura o la creazione di scenari idealizzati (pre-Photoshop).

I surrealisti erano stanchi di tutta quella serenità. Attraverso gli insegnamenti di Freud, volevano scrutare oltre il precipizio e sbirciare nell’ignoto. In un mondo con un solo Dio, giusto e sbagliato, soggettivo e oggettivo, Cartier-Bresson scoprì un mondo dove allo stesso tempo esistevano le contraddizioni .

Contraddizione

Il termine “street photography” è un termine abusato. L’unica altra frase, abusata forse nello stesso modo, è “momento decisivo”. Entrambi questi modi di dire, nel loro significato originale, si riferivano agli attimi sfuggenti del tempo, catturati al di fuori di uno studio, dove un abile fotografo poteva cogliere un’occasione unica in tutta una vita.

Oggi, questi termini hanno assunto connotazioni nuove e si riferiscono a tutti quegli scatti presi per strada che potrebbero avere un soggetto in movimento. Tuttavia, il semplice fatto che una fotografia sia stata scattata all’esterno non ne fa una “Fotografia di strada”. Un abile fotografo di strada si scontra con tutte le problematiche tipiche dei pittori, eccetto il fatto che ha solo una possibilità o due di scattare la sua foto. Non può chiedere ai suoi soggetti di tornare indietro nel tempo e rifare le stesse azioni che hanno catturato la sua attenzione. Una volta che il momento è passato, i soggetti tornano alle loro vite e l’occasione è irrimediabilmente perduta.

“La vita è un istante, per sempre”

- Henri Cartier-Bresson

Elliot Erwitt USA. New York City. 1946.

I cani non si preoccupano dei problemi esistenziali. Probabilmente è per questo che sono così felici. USA. New York. 1946. © Elliot Erwitt

Senza diventare troppo filosofici, ci sono molte contraddizioni che ha torturato l’umanità per centinaia di anni. Questo mi fa apprezzare particolarmente “Dogs”, di Elliot Erwitt, in quanto i cani non sono per nulla turbati da problemi esistenziali. Si preoccupano di cose più importanti: cibo, amore e altri cani. Noi umani, invece, siamo perennemente preoccupati da idee che torturano il nostro cervello:

  • Vita e Morte
  • Gioventù e Vecchiaia
  • Vecchio e Nuovo
  • Giusto e Sbagliato

Visualizzare l’impossibile. Affresco. René Magritte

Nelle pagine dedicate alle tematiche di cui sopra, in oltre 50.000 anni di storia, nessuno ha trovato una risposta definitiva. Semmai, i pensatori più sottili hanno solo scatenato nuove domande. Questo è esattamente ciò che Cartier-Bresson immagina sia la contraddizione. Egli non dà risposta a qualcosa, semplicemente afferma che le contraddizioni esistono nello stesso tempo. Ed è la nostra percezione che le rende visibili.

Quando consideriamo che Cartier-Bresson ha speso gran parte della sua vita a viaggiare in luoghi come l’India, la Cina e il Giappone, ci rendiamo conto che la dualità delle religioni orientali ha influenzato profondamente la sua fotografia. Infatti, è ampiamente noto che Cartier-Bresson apprezzasse il libro “Lo Zen e l’arte del tiro con l’arco“, ma per quale motivo ne fu influenzato? Se diamo uno sguardo più da vicino al concetto stesso della contraddizione, finiremo con l’aprire una finestra nuova dentro il labirinto del Fotografo Surrealista.

JAPAN. Kyoto. Daitoku ji Temple. 1965

GIAPPONE. Kyoto. Tempio di Daitoku-ji. 1965. © Henri Cartier-Bresson

Diventare il bersaglio

Se qualcuno dice essere di essere la sua stessa fotografia, è lecito pensare che quella persona sia completamente folle. Cosa vuol dire essere la propria foto?

Spendiamo tutte le nostre vite nel tentativo di scoprire chi siamo, cosa significa essere se stessi e il proprio soggetto? Quando Cartier-Bresson lasciò la sua Europa per l’India coloniale, giunse in un luogo in cui erano venerati gli dèi Hindu, come Shiva, che distrugge per poter far spazio alla creazione. Quest’idea è molto differente da quella di Paradiso e Inferno, di Dio e Diavolo. Le religioni orientali sono incentrate intorno all’idea dell’interconnessione. Questo significa che non esiste nulla che sia fine a se stesso e le contraddizioni sono solo un’illusione. Differentemente dall’insegnamento della Chiesa, che io conosco bene in quanto figlio di protestanti che è stato educato in una scuola cattolica, il bene e il male non sono considerate come entità separate. Essi sono due facce dello stesso fenomeno.

Nella prima parte di questa serie abbiamo visto come l’obiettivo dei surrealisti fosse quello di trasformare il mondo. Un cambiamento drastico è possibile soltanto a seguito di una revisione completa delle idee comunemente accettate. La mia sensazione è che l’impatto con la cultura Hindu fu così profondo su Cartier-Bresson che il fotografo cambiò il suo modo di vedere il mondo. Per supportare questa sua nuova epifania, egli cercò di catturare quelle scene che presentassero una netta contraddizione. Si dimenticò del suo arco e delle sue frecce e divenne egli stesso il suo bersaglio.

HCB WEST GERMANY. 1962. West Berlin. The construction of the Berlin Wall

HCB GERMANIA OVEST. 1962. Berlino Ovest. La costruzione del muro di Berlino. © Henri Cartier-Bresson

Scatenare l’inferno

Possiamo notare un aumento di immagini nell’archivio di Cartier-Bresson, dopo i suoi viaggi in India nei tardi anni ’40 e nei primi anni ’50. Questo mi fa credere che l’esperienza in India sbloccò qualcosa nel suo approccio alla fotografia.

Di ritorno in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, egli viaggiò per tutto il continente. Durante questi viaggi, scattò un numero impressionante di fotografie con oggetto la divisione esistente fra Germania dell’Est e Germania dell’Ovest. Affermava, già da questi primi anni della sua carriera, che i tempi di transizione sono perfetti per scattare fotografie notevoli. La sua foto di un soldato e dell’uomo con una gamba sola potrebbe non essere il suo primo tentativo di cogliere una contraddizione attraverso la fotografia, ma è un ottimo esempio di un’immagine che pone una domanda chiara, usando il linguaggio visuale come veicolo.

HCB WEST GERMANY. 1962. West Berlin. The construction of the Berlin Wall 123

HCB crea una struttura ritmica utlizzando gli elementi 1,2,3: il lampione, il soldato e l’uomo con le stampelle. GERMANIA OVEST. 1962. Berlino Ovest. La costruzione del muro di Berlino.

Il giovane soldato appare ben nutrito, propriamente vestito e soprattutto integro fisicamente, nettamente in contrasto con l’uomo più vecchio che possiamo immaginare abbia perso la sua gamba in guerra. La fotografia pone in risalto la contraddizione fra giovinezza e salute, vecchiaia e malattia. Possiamo anche ritenere possibile che questo soldato specifico non abbia nulla a che fare con la perdita della gamba da parte dell’uomo più vecchio. Eppure, penso ci fosse molto risentimento fra le diverse generazioni in Germania, dopo la guerra. Il successo di questa fotografia risiede nel fatto che è riuscita a catturare gli effetti duraturi della guerra e le generazioni future, al tempo stesso. Ognuno dei due uomini esiste in un mondo nuovo che è al tempo stesso parte e prodotto della guerra.

HCB Castille Léon. Salamanque 1963

Castille-Léon. Salamanca. 1963. © Henri Cartier-Bresson

Generazioni a confronto

Non tutte le contraddizioni sono così brutali. Nella città di Salamanca, in Spagna, Cartier-Bresson colse una scena che distilla il trascorrere del tempo al di sotto dell’orlo di una gonna. Questo non è certamente uno scatto che consiglierei di ricreare, a meno che il bimbo nella foto non sia il vostro. In effetti, le fotografie che hanno per soggetto bambini nudi sono state stigmatizzate negli anni posteriori a quello in cui fu scattata questa foto, ovvero nel 1963. Ma dimenticandoci di tutte le questioni etiche e comprendendo le intenzioni di Cartier-Bresson, questa fotografia in sé funziona molto bene.

HCB Castille Léon. Salamanque 1963 1 2

HCB crea una struttura ritmica utilizzando gli elementi 1, 2 dall’alto verso il basso e spezza tutte le regole, piazzando ogni cosa intorno alla divisione centrale della foto. È straordinario come riesca a disporre persino i due alberi fioriti in netta contrapposizione con quello morto sullo sfondo. Castille-Léon. Salamanca 1963. © Henri Cartier-Bresson

Il fotografo riesce ad accoppiare la dualità della luce e delle ombre in maniera perfetta, all’interno della cornice. Partendo dall’alto, dove una colonna della chiesa rimane immobile al centro dell’immagine, Cartier-Bresson posiziona degli opposti in tutto il frame (notare: studiando Cartier-Bresson comprenderai meglio come il fotografo posizioni spesso un’immagine di sfondo esattamente nel mezzo della cornice, ancora una volta minando le fondamenta della fotografia, in particolar modo la prassi comune di non mettere nulla sulla linea dell’orizzonte). Questo gioco degli opposti culmina nelle due coppie in contrasto in primo piano: da un lato ci sono due donne anziane, dall’altro due giovani bambine. Esistono molti modi differenti di interpretare questa immagine. Li lascio alla vostra immaginazione.

Come fotografi, vorremmo comprendere le dinamiche secondo le quali Cartier-Bresson compone i soggetti per mettere in risalto la questione del tempo. Onestamente, non sono in grado di dire quante schede di museo o volantini di esposizioni ho letto a proposito di artisti che si misurano con il concetto del tempo. Nel 99% delle volte, il loro lavoro non ha niente che a fare con il tempo stesso. Ricorda, solo perché è nella tua mente, questo non vuol dire che sia anche nell’opera d’arte.

Durante una lezione in università, un grande insegnante mi disse: “È un’ottima idea, ma non traspare nell’opera. Tu devi riuscire a portar l’idea fuori dalla tua testa e dentro il tuo lavoro. Tutti noi abbiamo idee geniali, ma solo un grande artista sa come esprimerle al mondo”.

Ci sono momenti nella nostra vita in cui possiamo sentirci più giovani o più vecchi della nostra età biologica. Vecchio e giovane non sono idee statiche. Per essere onesti, si può essere giovani e vecchi al tempo stesso. Questo diventa evidente con i bambini che spesso esibiscono dei comportamenti precoci che diventeranno più coerenti con il trascorrere del tempo. Tendiamo a guardare all’età in una maniera lineare, ma in realtà le cose sono più complesse di come sembrano.

Il Buddhismo, ad esempio, afferma che non c’è inizio e non c’è fine. Siamo soltanto dei punti in una ruota che continua a girare per l’eternità. In che modo possiamo convogliare le nostre idee filosofiche dentro le nostre immagini?

Cartier-Bresson sapeva che il tempo è un gioco multiforme. Questa fotografia ci ricorda che l’età esiste in molteplici forme. Oggi siamo vivi, ma al tempo stesso stiamo morendo. Entrambe le cose succedono simultaneamente. Dalla chiesa sullo sfondo, passando per gli alberi, e poi ancora lungo le silhouette delle donne anziane o quelle più giocose delle ragazzine, il tempo prende molte forme.

Cartier-Bresson cattura un momento dove il tempo è l’unico soggetto all’interno del quadro, dove sono rappresentate le estremità temporali della natura umana. Io immagino che il fotografo abbia visto il gruppo di donne, preparato lo scatto ed aspettato. Poi una delle due bambine si tuffò al di là della banchina e BANG! Fu allora che l’istinto entrò in gioco. Il fotografo, quindi, vide la scena, analizzò l’ambiente e attese prima di scattare. Come abbiamo visto nelle altre sue fotografie, questo non sempre succede. Quando succede, Cartier-Bresson scatta e, così facendo, congela quel momento nel tempo, per sempre. Questa è street photography.

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La Ruota di bicicletta di Marcel, 1951. Marcel Duchamp. (Sì, questo è una di quelle opere d’arte che ti fanno dire: “anche mio figlio potrebbe farne una uguale.”)

Se non hai molta dimestichezza con l’arte contemporanea e non sai chi incolpare, cerca Marcel Duchamp. Quest’ultimo è un personaggio controverso che è, solitamente, considerato il nonno dell’Arte Concettuale. Duchamp aveva due fratelli ed entrambi erano artisti. Non scenderò troppo nei dettagli, ma è il caso di includere un’immagine del suo famoso “Ready-Mades” per comprendere perché Cartier-Bresson abbia scattato questa fotografia a Palermo, in Sicilia.

HCB ITALY. Sicily. Palermo. 1971.

ITALIA. Sicilia. Palermo. 1971. © Henri Cartier-Bresson

Quando leggo le discussioni sui vari forum circa le velocità della raffica, valori bassi di apertura e la rapidità necessaria per fare street photography, mi viene da ridere. Cartier-Bresson ha fatto il lavoro di tutta la sua vita con fotocamere a pellicola manuale e non ha mai usato lenti f/1,4. Non ho nulla contro la tecnologia. Amo la mia M9, le innovazioni sull’ISO e gli obiettivi attuali sono fantastici. Ma cerco di non dimenticare che tutta l’attrezzatura costosa di questo mondo non troverà mai lo scatto geniale che solo io posso trovare.

HCB ITALY. Sicily. Palermo. 1971. Life Death

Vita e Morte viaggiano in due direzioni opposte. Che modo poetico di affrontare un tale quesito filosofico. Sicilia. Palermo. 1971. © Henri Cartier-Bresson

Ci sono volte in cui mi immagino Cartier-Bresson che compone le immagini nel modo in cui uno chef passeggia in un supermercato. Cammina osservando i venditori alla ricerca degli ingredienti migliori. Non sa ancora cosa userà per il piatto di portata di questa sera. Sbircia e annusa a modo suo, usando i suoi sensi come guida attraverso i banchi.

Ci potrebbe essere un pesce di prima qualità qui, un’ottima verdura là, ed ecco che improvvisamente ha raccolto abbastanza materie prime per il suo piatto. Cartier-Bresson probabilmente andava in giro dicendo “Sì, sì, questo mi piace…”. Poteva star guardando una luce particolare, o uno sfondo, o un carro funebre. Nella fotografia proposta, egli deve aver visto l’enorme carro funebre parcheggiato dall’altra parte della strada e al contempo, deve aver notato i bambini che correvano. Quando il ragazzo tirò fuori la ruota di marcel Duchamp, Cartier-Bresson seppe di avere qualcosa per le mani. Tutto quello che doveva fare era e attendere. E quando il ragazzo spinse la ruota lungo il marciapiede, BANG! Ecco lo scatto giusto. Singolo e irripetibile. E per questo geniale.

La gioia di essere vivi, l’atmosfera mentre ci si muove intorno per le strade e la libertà spensierata della gioventù… tutto si muove con la morte sullo sfondo. Mentre la ruota del Dharma (termine sanscrito che sta ad indicare la Legge Cosmica o Legge Naturale) scorre davanti alla sua lente, Cartier-Bresson cattura un momento che tocca una delle più grandi contraddizioni della vita.

E lo fa con lo spirito giocoso di Duchamp e una sensibilità tutta Zen. Quando parla di annusare una fotografia, è questo che Cartier-Bresson intende. L’esperienza accumulata in venti anni di viaggi, pellicole infinite e l’occhio affilato come un rasoio che scruta la scena.

Articolo di Adam Marelli, liberamente tradotto dall’originale: http://www.adammarelliphoto.com/2011/12/surrealist-manifesto-part-ii/


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