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Henry Cartier-Bresson, il racconto del Novecento

Creato il 01 ottobre 2014 da Gaetano63

Henry Cartier-Bresson, il racconto del Novecento

Henri Cartier-Bresson, New York (detail), 1935.
© George Hoyningen-Hune

In mostra al museo romano dell’Ara Pacis
Un’inedita esposizione cronologica con disegni e stampe d’epoca per mostrare l’evoluzione dell’itinerario artistico del grande fotografo.
Nel tentativo di ricostruire il percorso unitario dell’artista la cui opera è spesso stata circoscritta alla sola nozione di «istante decisivo»
  di Gaetano ValliniHenry Cartier-Bresson aveva cominciato con la geometria — era ossessionato dalle misure, dalle proporzioni, dall’equilibrio — e con la pittura, studiando con la cubista André Lhote. Ma presto si fece ammaliare dal surrealismo, con il suo voler  liberare il pensiero da qualsivoglia controllo della ragione o d categorie morali ed etiche precostituite. In seguito però, dopo un viaggio in Costa d’Avorio, prese consapevolezza di come la fotografia potesse fissare la storia in un istante, creando una plasticità impensabile con la  pittura. Si svilupparono così il genio per la composizione, la straordinaria intuizione visiva, la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci come i più insignificanti. Tratti, questi,  che hanno fatto di Cartier-Bresson uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo. Nel corso della sua lunga carriera — era nato nel 1908 ed è morto nel 2004 — ha percorso il mondo e posato lo sguardo sugli eventi che hanno scritto la storia, non solo documentandoli da grande fotocronista, ma riuscendo a unire alla potenza della testimonianza la delicata forza della poesia. «C’è un istante in cui tutti gli elementi che si muovono sono in equilibrio», spiegava a chi gli chiedeva la formula magica, aggiungendo che ci sono «attimi decisivi» in cui si riesce a «mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio» e che occorre avere la capacità di «osservare lì dove gli altri sanno solo vedere». Il frutto della ricerca, lunga una vita intera, di questi attimi decisivi e di quell’equilibrio creato dall’irripetibile alchimia che dura solo tempo di un clic è confluito nella imponente mostra retrospettiva «Henri Cartier-Bresson» allestita a Roma presso il museo dell’Ara Pacis fino al 25 gennaio 2015. Realizzata a dieci anni dalla morte dal Centre Pompidou di Parigi, in collaborazione con la fondazione intitolata al grande fotografo, promossa da Roma Capitale e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, la grande esposizione presenta ben cinquecento opere tra fotografie, stampe d’epoca, disegni giovanili e dell’ultimo periodo, i soli due dipinti non distrutti dall’autore, film, documenti vari, tra cui ritagli di giornali, riviste, libri, manoscritti.

Henry Cartier-Bresson, il racconto del Novecento

Hyères. France, 1932. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos - Courtesy Fondation HCB

Non mancano le immagini più importanti  e divenute vere e proprie icone, ma ci sono anche scatti meno conosciuti del grande maestro, persino  rare fotografie  a colori.Alla presentazione della mostra il curatore Clément Chéroux ha spiegato i criteri usati per l’allestimento, che vuole offrire una doppia visione: rintracciare la storia dei lavori di Cartier-Bresson, per mostrare l’evoluzione dell’itinerario artistico nella sua complessità e varietà, e al tempo stesso ripercorrere la storia del Ventesimo secolo attraverso lo sguardo del fotografo.Di Cartier-Bresson si conosce praticamente tutto, la sua opera è stata esplorata minuziosamente. Tuttavia è giunto il momento di ricostruire il percorso unitario di questo artista — ha affermato Chéroux — il cui lavoro è spesso stato circoscritto alla sola nozione di «istante decisivo», divenuta  la chiave principale di lettura delle sue immagini. Con il rischio di voler spiegare una produzione tanto ampia come animata da un unico impulso. Così come non spiegherebbe tutta la complessità della visione del fotografo la suddivisione della sua opera per aree geografiche, come è stato fatto finora nelle mostre a lui dedicate. Bisognava, dunque, impegnarsi a ricostruire un filo — ha spiegato il curatore — per mostrare che non è esistito un solo Cartier-Bresson, per dare cioè conto di un artista molto più complesso. E per farlo si è  rimpiazzata la geografia con la storia, cercando di capire come quest’ultima abbia influito sulla sua visione.

Henry Cartier-Bresson, il racconto del Novecento

Sunday on the banks of the Seine, France, 1938. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB

Per rispondere a questa finalità è stato scelto un intelligente e inedito allestimento cronologico, anche se non di immediata lettura a causa della disposizione dei locali. Il percorso espositivo è diviso in nove sezioni c0n una parte introduttiva. Prime fotografie: gli anni di apprendistato, i rapporti con gli americani a Parigi, le influenze fotografiche, l’Africa. Viaggi fotografici: il surrealismo, il «caso oggettivo», le peregrinazioni in Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico. L’impegno politico: New York con Paul Strand e il Nykino group, Parigi con Jean Renoir e l’Associazione degli artisti e scrittori rivoluzionari, la stampa comunista con Robert Capa e Louis Aragon. Le guerre: il film sulla Guerra civile spagnola, l’attività durante il secondo conflitto mondiale, con il ritorno dei prigionieri. Il reporter: la fondazione della Magnum Photos, i reportage in Cina e in India, i funerali di Gandhi. Il reporter professionista: il primo fotogiornalista a entrare in Unione Sovietica dopo la morte di Stalin; poi Cuba, «L’Uomo e la Macchina» e la serie «Vive la France». La fotografia dopo la fotografia: la fine dei reportage e la scelta di una dimensione  più contemplativa; il ritorno al disegno. Infine Ricognizione: la riconsiderazione degli archivi (dai documenti al lavoro), mostre retrospettive e libri;  la iconizzazione di Henri Cartier-Bresson.Ma c’è anche un’altra caratteristica che rende ancor più interessante questa mostra: la scelta metodologica — ha spiegato Chéroux — di cercare stampe vintage, non affidandosi dunque a stampe successive, come spesso avvenuto per altre esposizioni, che hanno mostrato immagini tutte di analogo formato, stampate sulla stessa carta e nella stessa tonalità. Qui invece le foto sono trattate come documenti storici, e dunque ci sono stampe nei formati originali e su supporti d’epoca, che danno un quadro d’insieme davvero affascinante. Un viaggio nel XX secolo che viene riproposto anche nell’ampio ed esauriente catalogo (Milano, Contrasto, 2014, pagine 397, euro 65) con saggi di studiosi, esperti e testi inediti di Cartier-Bresson, al quale si affianca una più agile guida alla mostra. Un’occasione imperdibile per approfondire la conoscenza di un fotografo che con la sua inseparabile Leica ha raccontato con talento, rigore e originalità un’epoca e influenzato generazioni di fotoreporter.
(©L'Osservatore Romano – 2 ottobre 2014)

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