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Henry – come fossimo in America

Creato il 06 marzo 2012 da Soloparolesparse

Parte bene Alessandro Piva ed Henry sembra viaggiare sulla buona strada del thrillerone, dei bassifondi, della droga.
Poi però ci si perde un po’ troppo deviando verso roba troppo classica e soprattutto troppo scimmiottante i film di genere americano, dai quali però rimane decisamente lontano.

Henry – come fossimo in America

Siamo a Roma  e Rocco e Gianni sono amici (ma legati più che altro dalla tossicodipendenza).
Poi c’è Spillo, il loro spacciatore e finisce che un giorno di quelli da dimenticare Rocco lo fa fuori a colpi di Colosseo sul cranio e lascia che la Polizia arresti Gianni.
Anche perchè così può fare liberamente il marpione con la bella Nina, fidanzata dell’amico.

Poi abbiamo un gruppo di africani che smercia la roba, il boss mafioso della zona con i suoi scagnozzi e due poliziotti che indagano sull’omicido e si trovano coinvolti in tutto il resto del casino.

L’inizio di Henry è molto buono.
Siamo in casa dello spacciatore e vediamo la sua violenza, il modo in cui tratta la madre, quello in cui tratta i clienti.
Subito nel pieno della vicenda, l’evento che da il via alla storia capita dopo pochi minuti introduttivi e non c’è tempo per respirare.
Poi però ci si perde, come detto, in cose che hanno casa in altri generi e altri livelli.

Henry – come fossimo in America

Molto interessanti gli inframezzi con le interviste ai protagonisti, che danno respiro al racconto.
L’impressione è che tutto possa essere un flashback in cui si mostra quello che viene raccontato nelle interviste, fino a quando risulta invece evidente che si tratta di momenti fuori dalla trama, fuori dal tempo e dalla storia.
Per me la cosa migliore che Piva riesce a mettere nel film.

Due note sul cast.
Il migliore è Paolo Sassanelli, istrionico come sempre, riesce a caratterizzare il personaggio in maniera corretta.
Claudio Gioè è moscio, molto moscio. daccordo che il ruolo un po’ glielo imponeva (il commissario è svogliato e demotivato) ma mi sembra che abbia esagerato.
E poi c’è l’esplosività fisica di Carolina Crescentini, accompagnata da una recitazione convincente e la presenza buona di Pietro De Silva e del “giovane Montalbano” Michele Riondino.

In definitiva qualcosa in più potevamo aspettarci ma non mancano cose buone.


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