2010: Hereafter di Clint Eastwood
Presentata alla serata conclusiva del 28° Torino Film Festival (dopo l’anteprima al Toronto International Film Festival), un’opera che affronta il problema dei problemi: cosa ci aspetta dopo la morte?
Un film che lascia alquanto perplessi non tanto per l’argomento trattato… nonostante l’argomento trattato (di indubbio fascino e di sicura presa). I primi 15 minuti (tutti i recensori concordano) sono quanto di più bello -cinematograficamente parlando- il grande schermo ci abbia mai mostrato, il resto…
Gli attori sono bravi (in molti hanno detto che qui il talentuoso Matt Damon offre forse la migliore interpretazione della sua fortunata carriera), la sceneggiatura di Peter Morgan è ottima (1), le immagini sono molto raffinate, l’ambientazione è precisa al massimo, la cura dei dettagli è ammirevole, la regia è degna di un grande maestro qual è Clint Eastwood… Ma qualcosa non funziona.
A mio parere Hereafter (Aldilà) non emoziona, non coinvolge più di tanto. Osserviamo con un certo interesse lo svolgersi di tre storie parallele (che solo nelle ultime sequenze si unificheranno), storie che sembrano vivere ognuna per proprio conto: molto diverse tra loro, molto approfondite. L’impressione è quasi di assistere a tre film diversi che corrono continuamente il rischio di disturbarsi a vicenda per poi unificarsi (non senza qualche forzatura) in un happy end. Un happy end certamente coerente con tutto l’assunto dell’opera ma che non può non indurre a qualche dubbio e suscitare qualche sensazione di artificioso.
Clint Eastwood è un grande regista e ha firmato più di un capolavoro. Questo Hereafter, pur essendo un lavoro superiore alla media e coraggioso nel contenuto, non mi sembra all’altezza dei suoi ultimi lavori.
Il film ha suscitato in Italia -ma non in America (2)- l’entusiasmo di più di un critico:
“Un film affascinante” (Repubblica), “Clint Eastwood conferma la vocazione alle sfumature, azzarda l’esplorazione della morte con la grazia del poeta…” (MyMovies), “Eastwood ha scelto di affacciarsi alla soglia dell’inconoscibile, imbastendo con estrema finezza di regia e uno sguardo stoico che non indulge mai al patetico un altro suo bellissimo capitolo di cinema” (La Stampa), “…una solida, avvincente opera classica” (Panorama), “Un potente e fascinoso atto d’amore per la vita” (Il Messaggero), “E’ un’opera magistrale sul significato della vita e sulla solitudine fatta da un uomo che non ha paura di niente e di nessuno” (Cinematografo), “Eastwood si conferma come quel Re Mida capace di trasformare in oro qualsiasi soggetto capiti nelle sue mani” (Spaziofilm).
Non manca però qualche voce discordante:
“La svolta (im)prevedibile. Peccato, anche il duro Clint cade nella melassa new age… e si arrende al conformismo” (Il Giornale), “Il lavoro di Clint è più illustrativo e meno felice di altre volte” (Il Fatto Quotidiano) “…uno dei film meno riusciti di Clint Eastwood” (Comingsoon).
note
(1) A Peter Morgan dobbiamo la sceneggiatura di notevoli film, applauditissimi da critica e pubblico, come The Queen, L’ultimo re di Scozia, Frost/Nixon. Sembra, a quanto ci riferiscono le cronache, che Hereafter sia “il risultato delle sue riflessioni e della sua elaborazione di un lutto per la scomparsa improvvisa di un caro amico” (Giampiero Raganelli).
(2) Rottentomatoes: “Despite a thought-provoking premise and Clint Eastwood’s typical flair as director, Hereafter fails to generate much compelling drama, straddling the line between poignant sentimentality and hokey tedium”, Towleroad.com: “Strangely stiff and repetitive”, 2Theadvocate.com: “A meandering, pointless disappointment from the normally exceptional Eastwood”, 7mpictures: “Like a wasted appointment at a bad psychic’s reading room. All the set dressing is there, but it leaves you with an empty, unsatisfied feeling inside”, The Scorecard Review: “Damon breathes some life in to this boring film, but he’s only in one-third”.
premi e riconoscimenti