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E' con una certa preoccupazione che siamo entrati in sala per darvi conto dell'ultima opera di Clint Eastwood, di cui non pensiamo siano necessarie presentazioni.
La preoccupazione era dovuta parzialmente al tema trattato (l'aldilà) e in altra parte alle numerose recensioni comparse in questi giorni, divise fra il "capolavoro" ed il "povero vecchio, ormai si sente un piede nella fossa". A nostro avviso l'opera resta di un gradino al di sotto delle sue migliori, quanto alla seconda ipotesi vi rimandiamo alla foto qui sopra, a voi il giudizio!
Sgombriamo dunque preventivamente il campo da malintesi, Hereafter non è un film sulla morte, nè su cosa ci attende dopo la morte. A dispetto di sguardi superficiali Eastwood con questo film ci ricorda che viviamo qui, adesso e solo di questo dovremmo preoccuparci. Che il discorso provenga da un autore di 80 anni (assai ben portati peraltro) è forse un sintomo dei nostri tempi irrisolti e depressi?
Belle e azzeccate le scenografie, in particolare la casa da single di Matt Damon e quella da intellettuale di una Cecile de France sempre molto ben vestita. Il che, oltre a piacerci "a prescindere", è anche ben in accordo con il personaggio.Per potenza visiva e senso della misura la sequenza dello tsunami è da storia del cinema e da sola varrebbe il prezzo del biglietto.
La trama segue tre personaggi che più diversi non potrebbero essere: George Lonegan (Matt Damon), un sensitivo americano che rifugge dal proprio "dono" di comunicare coi morti (o meglio con le loro anime), Marie Lelay, una giornalista francese (Cecile de France - belga a dispetto del nome - Il giro del mondo in 80 giorni con Jackie Chan) in vacanza nel sud est asiatico travolta dallo tsunami, che prova un esperienza di vita oltre la vita e Marcus, un ragazzino inglese (Frankie McLaren, e il gemello George) proveniente da una famiglia disastrata (la madre è eroinomane) e che perde il proprio fratello gemello per un incidente automobilistico. I destini di questi tre personaggi seguiranno per quasi tutto il film strade parallele, per poi incrociarsi nel finale.
Questi personaggi, ciascuno a modo proprio ossessionato dalla morte, sperimentano dapprima l'incomprensione: George, perchè non vuole sfruttare economicamente le proprie possibilità di mettersi in relazione con l'aldilà; emblematico che a nessuno interessi cosa LUI provi o quanto gli costi, i suoi clienti vogliono solo sapere cosa ne è dei cari estinti. Marie, dopo essere quasi annegata nello tsunami inizia a porsi ed a porre domande importanti, sempre percepite come fuoriluogo. Il suo fidanzato-capo le spiega infastidito come sia ovvio che dopo la morte non c'è nulla, chiunque abbia buon senso lo sa. Incompresi anche i gemelli, che amano - ricambiati - la propria madre così com'è (anche se non rinunciano a sperare che diventi migliore).
Il secondo tema è la difficoltà a comunicare (o di ascoltare?). Quanto a George nè il fratello nè la possibile fiamma Melanie (Bryce Dallas Howard, figlia del Ron regista, vista in Twilight: Eclipse, Spiderman 3 di Sam Raimi, Come vi piace di Kenneth Branagh e Manderlay di Lars Von Trier) riescono a capire che lui non vuole più praticare un "dono" che porta più dolore che serenità. Riguardo a Marie, nè la casa editrice per cui dovrebbe scrivere un libro, nè il fidanzato-capo (che ci mette pochissimo a sostituirla, e non solo in video) riescono a capire la sua ansia di ricerca, di risposte. Nessuno, infine, intorno a Marcus, sembra realmente capire la sua necessità di ritrovare l'unico punto fermo della sua vita, letteralmente strappatogli via.
Il destino fa sì che i tre protagonisti si incontrino a Londra, dove avverrà la catarsi finale ed i nodi si scioglieranno in un inno alla vita. Marcus il ragazzino - grazie ad una seduta con George - riuscirà a salutare il fratello e a tornare, finalmente sorridente, dalla madre, ormai sulla via della disintossicazione. Sceglierà la vita anche George, che decide di rischiare con Marie, sceglierà infine la vita - e George - anche Marie, passata attraverso le difficoltà di pubblicare un libro sulla propria esperienza, arrivando alla fine del percorso senza avere trovato la risposta a nessuna delle sue domande.
Riassumono bene il film due frasi di George: quando - per bocca del fratello - afferma che non si può vivere pensando sempre alla morte, e quando tenta di convincere Melanie che ci sono cose, nel passato nostro e dei nostri cari che è meglio restino non dette. La poverina non lo ascolta e uscirà sconvolta dall'esperienza del contatto con l'aldilà.
Eastwood pare ammonirci: non ci è utile sapere se c'è e come è fatto il dopo... Quello che ci serve è capire che siamo comunque provvisori, e non è mai troppo tardi (citando gli Smiths: "quanto presto è ora?") per scegliere, con tutti i rischi che questo comporta, la vita.
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COMMENTI (1)
Inviato il 12 gennaio a 14:33
ottima recensione, non so se considerare il film un capolavoro ma devo ringraziare comunque Clint Eastwood per avere trattato un simile argomento con grandissima sensibilità. Normalmente quando vedo film del genere mi mettono ansia e alla notte dormo male invece con hereafter non è successo:)