28 marzo 2013 Lascia un commento
L’impatto e’ improvviso, l’urto violento ma non con Bellow l’autore bensi’ con Herzog, il personaggio che prende possesso della scrittura, della narrazione, elimina lo scrittore e diviene padrone del suo fato, responsabile unico della lucida follia nella quale ci si riconosce, magari in sedicesimi.
Herzog, importante studioso, filosofo moderno ad un passo dal rivoluzionare il mondo delle idee, intelligente e celebrale all’eccesso, ogni oggetto, ogni accadimento richiede una riflessione, una domanda quando possibile e proprio le domande caratterizzano le sue giornate, missive scritte e mai spedite ad autori, politici, scienziati, forse vivi, forse scomparsi da anni.
A volte le sue lettere transitano per i pensieri senza approdare su carta, in fondo gia’ un trattamento per l’inutile risposta .
Non serve molto per capire, poi confermare, quando Bellow vi sia in Herzog e viceversa ovviamente, troppo potente la sua prosa, troppo precisa la descrizione degli eventi e dei pensieri del personaggio per lasciarsi ingannare da un presunta finzione ma quando l’equivalenza prende corpo nella consapevolezza e’ gia’ tardi restando invischiati nella trama di una biografia drammatica, giocata nell’incognita del conoscere quanto sia dell’uno o dell’altro..
Bellow e’ per molti versi uno scrittore diverso dagli altri, non migliore si badi bene, solo differente.
La sua prosa non e’ neppure esente da difetti e furbizie s’intende; le missive sovente si capiscono funzionali piu’ a mini trattati dell’autore piuttosto che alla trama, rendendo romanzo un mero sfoggio di cultura.
Anche l’insistenza sulle origini e all’appartenenza della cultura ebraica, di quel mondo chiuso ed autoreferenziale, che si compiace, si premia e si condanna senza concedere nulla a chi osserva dal di fuori, alla fine vuole imporre un giudizio, senza attenderlo dal lettore, il che’ alla lunga mi ha annoiato perche’ Bellow perde ogni sottigliezza nel mescolarsi col personaggio..
Trovo una discontinuita’ nel contenuto che coincide con un cambio stilistico che soprattutto nella parte centrale, si fa piu’ pesante e opaco, inconcludente persino, riprendendosi fortunatamente nel finale dove lo spirito sagace delle prime pagine, riprende respiro e spazio.
In realta’ alla fine, si tratta di una storia d’amore finita e un girare attorno alla follia di una mente che dominata dal sentimento, confonde la letteratura con la vita, cerca regole mai scritte sul rapporto tra un uomo e una donna dimenticando come Orazio, che ci sono piu’ cose in cielo ed in terra che nell’umana filosofia.
Che sia un’opera importante e speciale lo si intuisce sin dalle prime pagine e che come un vortice sappia trascinare nel centro esatto della vicenda, sono prerogative che restano oltre il giudizio d’eccellenza solo scalfito dai difetti trovati.