Hesher è stato qui

Creato il 24 luglio 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1


Forse qualcuno di voi sa dell'espressione "Kilroy was here", nota tra gli americani durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, oppure avrà visto quel disegno sul muro, e ricorderà l'omino calvo col naso lungo. Quel che è certo è che, molti di voi, avranno pensato a Cliff Burton nell'immediato, quando sullo schermo è apparso quel capellone tatuato di Hesher. Joseph Gordon-Levitt in effetti non ha mai nascosto di essersi ispirato al bassista dei Metallica per rendere al meglio le fattezze vagabonde e disturbate proprie del personaggio voluto da Spencer Susser.
Opera prima per il regista, Hesher è stato qui è un ritratto amaro e claustrofobico sull'accettazione della perdita. T.J./Devin Brochu è un ragazzino distrutto e disorientato dalla morte della madre, avvenuta in un incidente d'auto. La stessa su cui viaggiavano lui e il padre Paul/Rainn Wilson. Questi non avrà reazione alla perdita della moglie se non quella di affogare nelle pillole e vegetare in casa, diretto e accudito dalla sola donna rimasta in famiglia, la signora Madeleine/Piper Laurie. A rompere la quiete del dolore e dello stato depresso di padre e figlio ci pensa un insolito vagabondo dai modi inspiegabilmente violenti e un corpo che parla per mezzo di tatuaggi piuttosto espliciti. Hesher è un po' l'angelo del male sceso momentaneamente tra i comuni mortali. Come suggerisce il titolo stesso, si capisce che questo moderno figlio dei fiori è "qui" di passaggio e non ha intenzione di fissare dimora.
Il giovane attore statunitense credo abbia dato qui, una delle sue più grandi prove d'attore. Una figura complessa, che porta dentro un male quasi mai afferrabile se non verso il finale del film. Certo è che la grande performance di Levitt non compensa (almeno non del tutto), le piccole imperfezioni che, nel corso della visione, "saltellano" davanti ai nostri occhi. Nel cast troviamo anche una bella e impacciata Natalie Portman, nei panni di una ragazza terrorizzata dall'idea di una vita anonima, del sentirsi una signora e non una ragazza, solo perché fa la cassiera e indossa un paio di grossi occhiali. Peccato perché il film avrebbe potuto dare davvero di più, non manca nel dire a chi guarda che a volte la vita ci toglie qualcosa e in questi casi dovremmo semplicemente guardare cosa è rimasto. Ciò che abbiamo ancora.

Non convince però il cambiamento inaspettato e inspiegabile di Hesher. Quello dalle manie piromani, violente e quasi mai comprensibili che alla fine diventa una sorta di messia maledetto. Quello che con la storia del "coglione" sinistro incanta i fedeli. Così, quell'attimo di quiete ed equilibrio apparente, dalle umane corde che si toccano nel vedere una vecchietta a fumare "sigarette curative", e quella corsa disperata di chi è arrivato troppo tardi e non ha mai ascoltato, perde un po' del suo fascino e non arriva dritto al cuore, come avrebbe potuto (e/o dovuto).

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