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Hiroshima e dintorni

Creato il 09 agosto 2013 da Asinistra
Mi è giunta da Alberto Gabrielli questa utile riflessione. Credo che il fare politica non può fermarsi al lato emozionale, ma cogliere l'insieme e relazionare tra loro gli avvenimenti, gli episodi e le reazioni alle azioni. Alberto in questa paginetta riesce a fare tutto questo restituendoci all'attualità dei nostri giorni. Loris
Hiroshima e dintorni

Hiroshima … e domani- 9 agosto - Nagasaki……per finire bene il lavoro…. (a proposito di americani cattivi che finiscono per farci “difendere” altri criminali….)
E’difficile riassumere la guerra 1914-1918, la Rivoluzione Russa, Versailles, la Repubblica di Weimar, la elezione di Hitler, e quindi non ci provo neppure. Ricordo solo che il Capitalismo, come sistema economico, non ha mai potuto tollerare scelte politiche che mettessero in discussione il suo potere assoluto, in questo non amando neppure scelte nazionaliste troppo di destra per due motivi: uno di principio: il nazionalismo, nel bene e nel male, pone una collettività (statuale, nazionale, razziale,…) al centro dei suoi interessi e può, in taluni rarissimi casi, essere persino di ostacolo alla totale libertà del mercato; uno di immagine: non è bello pubblicizzare uno spazzolino da denti dentro una baracca di Auschwitz o essere ufficialmente alleati di criminali riconosciuti tali da tutto il mondo, perché si rischia di non vendere più bene la propria mercanzia. E’ meglio quindi sbarazzarsene di certi regimi. Anche perché (terza ottima buona ragione per il Capitalismo) si acquisiscono dei diritti economici di basilare importanza. Tutti ricordano il Piano Marshall la cui cioccolata e le cui sigarette hanno comprato la benevolenza di Italiani e Tedeschi massacrati dai bombardamenti statunitensi, e che De Gasperi si prodigava a encomiare garantendo il soddisfacimento delle esigenze del capitale nei Paesi sconfitti. Pochi ricordano, invece, il Piano Dawes (1924) che permise alla Germania di riprendere il pagamento delle riparazioni di guerra stabilito a Versailles (1919) e che, come era ovvio, la Repubblica di Weimar (prima Repubblica Tedesca di stampo democratico) non era in grado di mantenere. Il Piano Dawes rallentò con la crisi del 1929 che arrestò i prestiti USA alla Germania, mise completamente in ginocchio la repubblica di Weimar (inflazione, disordini gestiti dalla solita classe media, ….), preparando in tal modo il terreno per l'ascesa di Hitler al potere. Ma intanto il Piano Dawes aveva fatto si che i tedeschi emettessero un prestito obbligazionario di 200 milioni di dollari, su New York, garantiti dalle azioni della società ferroviaria tedesca e da un'ipoteca sugli introiti fiscali (simile all’ ”ipoteca” che la troika attuale sta imponendo ai popoli europei con il fiscal compact), e che immensi capitali statunitensi affluissero in Germania. Il Piano Dawes (1924), (come il Piano Marshall del 1947) garantì agli Stati Uniti d’ America di
- esportare in Europa merci e capitali in sovrapproduzione
- legare i mercati europei e soprattutto tedeschi agli USA arginando possibili rivoluzioni “comuniste”
- rilanciare l'economia europea al fine di farsi pagare i debiti di guerra.
   E allora:
- Che gli USA siano stati particolarmente cattivi il 6 ed il 9 agosto del 1945… …è vero.
- Che nel ’45 ci abbiano dato una bella mano a farci liberare di Benito e di Adolf…. … è vero.
- Che in tutto ciò siano costantemente mossi dall’ esigenza imperiale insita, ontologicamente, nell’ economia capitalistica… è altrettanto vero, ma facciamo spesso finta di non accorgercene; e di fronte alla esigenza - tutta capitalistica - di sperimentare dal vivo (sulla carne viva) non solo gli effetti di una bomba con 60 kg di uranio arricchito (Hiroshima), ma anche di quella - assai più economica, con solo 6 kg di plutonio ma di doppia potenza (Nagasaki) - , rischiamo di finire per essere mossi a compassione per chi quella esigenza aveva già fatto sua, si trattasse di Hitler, di Hirohito o, più cialtronamente ma non meno pericolosamente, di Mussolini.
Certo, l’ avere usato il nucleare rappresenta un salto di qualità che assicura al Capitale il diritto alla prepotenza; ma per cancellare questo diritto non si tratta di giocare alle guerre fredde, fare quelle calde, inseguire progetti di competizione militare e nucleare fra stati e nazioni, ma, più semplicemente, anche se non in modo indolore, insabbiare gli ingranaggi del Capitalismo. Come ?, ma con la lotta di classe, ovviamente, la sola che può metterlo davvero in crisi perché incide sul profitto, cuore materiale ed anima metafisica dell’ Economia di Mercato
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Alberto

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