Ogni tessuto è la testimonianza di ciò che siamo stati.
Un’esplorazione dell’essenza attraverso l’estetica. In Io sono l’Amore di Luca Guadagnino, la sontuosa Villa Necchi Campiglio, costruita fra il 1932 e il 1935 a Milano, si presenta come lo spazio fisico della solitudine interiore.
Il design degli interni di questo capolavoro razionalista dell’architetto Piero Portaluppi, come la rigidità dell’architettura milanese, si riflettono anche nell’eleganza misurata e nel minimalismo di abiti e accessori della famiglia Recchi. Ogni elemento è in sintonia con l’ambiente che lo circonda. Quest’estetica influenza anche gli animi dei personaggi. La set designer Francesca Di Mottola afferma, a proposito di Emma Recchi [Tilda Swinton], che “Villa Necchi Campiglio è una gabbia dorata in cui è imprigionata“. Ispirata al cromatismo di Sacrificio, del regista sovietico Andrej Tarkovskij, e al Fanny e Alexander di Ingmar Bergman, Francesca Di Mottola abbina l’autocontrollo dei caratteri allo schema cromatico degli interni di Villa Necchi, facendone un’ampolla di vetro che circonda e soffoca Emma.
Se Villa Necchi e i suoi interni rappresentano la solitudine di Emma, gli abiti raccontano la storia della sua rivoluzione interiore. Nella narrativa di un film, i costumi si caricano di senso al di là della loro funzione d’uso. Gli abiti raccontano storie, racchiudono passioni, valori, ricordi. A livello espressivo, il cambiamento di abito può scandire il tempo della narrazione e le trasformazioni di un personaggio sul piano del contenuto.
Antonella Cannarozzi, costumista del film, ha una predilezione per gli abiti “che non si vedono, totalmente al servizio della storia e dei personaggi“. Così gli stati mentali di Emma si esprimono in una serie di accostamenti e capi dalle tonalità accuratamente ricercate che rappresentano anche la sintesi del lusso, purificato da ogni eccesso, dove la ricchezza non è ostentazione ma ricerca del dettaglio. Per vestire Tilda Swinton, Antonella si è ispirata alla palette di colori di un libro sulla pittrice russa Sonia Delaunay. Raf Simons, direttore creativo della maison Jil Sander, ha riprodotto questa palette per tutti gli abiti.
I colori assumono tonalità sempre più calde inseguendo l’intensificarsi delle emozioni, per sfociare in un’estasi che abbraccia tutti i sensi. Gli eleganti tessuti entrano in un’armonia corale con l’arte culinaria ed i colori delle pietanze preparate da Antonio. Lui, l’Amore.
Ho avuto il piacere di intervistare Antonella Cannarozzi che, per i costumi di questo film, è stata candidata all’Oscar. Molto raro che accada per un film ambientato nella contemporaneità. Ma Antonella, cresciuta tra i tessuti della sartoria di famiglia in Puglia, è la dimostrazione di quanto nella qualità di una ricerca non ci sia distinzione tra passato e presente. Conoscere la moda e avere cultura di essa è quello che conta per modellare un abito sulla storia di un personaggio.
Non conta l’abito che indossi, conta la vita che vivi in quell’abito (Diana Vreeland)
Se dovesse identificare un’emozione forte che si esprime attraverso un solo capo e in uno dei film per cui ha lavorato, quale capo d’abbigliamento sceglierebbe?
Ripensando ai miei lavori, non posso dire che ci sia un capo specifico che io prediliga a priori. Tuttavia, nel mio percorso professionale, ci sono state molte folgorazioni. Mi è capitato spesso di essere attratta istintivamente da un capo di abbigliamento per la forza con cui evoca in me la strada per costruire un personaggio. Ecco, posso dire che la capacità che ha un certo capo di trasmettermi informazioni su ciò che deve essere quel tale personaggio, nel rispetto della storia, della regia e del segno stilistico, è il mio capo elettivo. E’ chiaro che questo capo miracoloso è diverso di volta in volta, a secondo del film realizzato o da realizzare: la stola di Tilda Swinton futurista in Io sono l’amore, il mini-abito rosso fuoco di Valentina Cervi in Provincia Meccanica, il parka bianco di Alba Rochrwacher ne La Solitudine dei numeri primi, ma anche i suoi collant color carne. Detto questo, credo che le scarpe giochino un ruolo fondamentale nel costume, anche se spesso purtroppo sono ignorate dalla macchina da presa. Esse possono determinare una silhouette, modificandola a secondo della loro altezza, comodità, stabilità e via dicendo. Insomma, influenzano il modo di camminare e di stare nello spazio.
Qual è lo stile che più le appartiene e quali stilisti, sia contemporanei che del passato, apprezza particolarmente?
In passato sono stata una fashion-victim e anche oggi sono molto interessata alla moda, la seguo per un interesse personale ma anche perchè credo sia essere uno strumento necessario e imprescindibile per il mio lavoro di costumista. Per quanto mi riguarda, conoscere la moda, avere cultura di essa, mi permette di maneggiarla nel miglior modo utile al personaggio, non a riproporre “la passerella”, e anche ad avere tutti gli strumenti per potersene distanziare quando occorre.
Per quanto riguarda il mio stile personale, direi che oggi prediligo un modo di vestire informale ma ricercato, mi riferisco ad un’attenzione al taglio, ai materiali, ai colori.
Gli stilisti che apprezzo sono molti, ognuno di loro ha contribuito a formare il mio gusto, alimentando la mia curiosità, il mio spirito di ricerca, ampliato la mia cultura. Per quanto riguarda il passato, sono molto affezionata a Walter Albini, naturalmente ad Yves Saint Laurent, Moschino, Martin Margiela. Oggi, ancora Yves Saint Laurent, Céline, in parte Stella McCarteney, Segio Zambon.
Nel film “Io sono l’amore”, il Signor Recchi afferma che nella loro azienda “ogni tessuto è la testimonianza di ciò che siamo stati”. Anche la palette di colori degli abiti di Tilda Swinton sembra testimoniare il mutare delle sue emozioni, ora in accordo con l’architettura più rigida di Milano, ora con la vivacità dei colori delle pietanze preparate da Antonio. Quali sono i dettagli dei costumi su cui si è focalizzata per meglio raccontare la storia di Emma?
I costumi di Io sono l’Amore sono la summa del mio pensiero sul fare costumi e sono enormemente felice che proprio questo film dalle forme pulite, rigorose, semplice ma allo stesso tempo estremamente ricco, mi abbia regalato una così grande soddisfazione. Quando dico ricco, non mi riferisco all’ostentazione del lusso, mi riferisco ad una ricchezza di dettagli, alla precisione delle scelte, alla ricerca meticolosa di ogni accessorio, di ogni materiale, di un cerchietto per capelli. Questo era il mondo dei Recchi, questo era il mondo da cui Emma era stata plasmata. Abbiamo cercato di ricreare quel mondo.
Quale forma d’arte ama associare più spesso ai costumi?
Per quanto riguarda la forma d’arte a cui guardo per i miei costumi, prediligendo il costume contemporaneo, la fotografia è la mia più grande fonte di ispirazione. Nel corso del tempo ho saccheggiato molti fotografi, Tillmans, Diane Arbus, Nan Goldin, Slim Aarons… Ma ogni forma di arte visiva è per me una preziosa fonte di ispirazione, dalla pittura classica alle istallazioni, passando per la video arte e i fumetti.
“Une Histoire de luxe” è una storia sul lusso, un “lusso” visto come arte di saper comunicare attraverso uno storytelling emozionale, fatto di ricerca e incontro armonico di diversi saperi. Legandosi a questo concetto, nel suo mestiere di costumista, qual è per lei il sinonimo di “lusso”?
Il lusso è avere la possibilità di scegliere con cura estrema tutto ciò che ci circonda e che ci nutre, direi che nasce più che altro da un bisogno intellettuale.
Tilda Swinton in Jil Sander, Autunno/Inverno 2008-2009. Ph. via Vogue.it
Tilda Swinton in "Io sono l'Amore". Photo courtesy of Magnolia Pictures
Tilda Swinton in "Io sono l'Amore", Milano. Photo courtesy of Magnolia Pi
Tilda Swinton con Edoardo Gabbriellini in "Io sono l'Amore". Photo courtesy of Magnolia Pictures
Tilda Swinton in "Io sono l'Amore". Photo courtesy of Magnolia Pictures
Tilda Swinton con Edorado Gabbriellini in "Io sono l'Amore"
Tilda Swinton in "Io sono l'Amore". Photo via Vogue.it
Tilda Swinton in "Io sono l'Amore". Photo courtesy of Magnolia Pictures.
Emma Recchi (Tilda Swinton), costume design by Raf Simons per jil Sander. Photo via nydailynews.com
Emma Recchi (Tilda Swinton), costume design by Raf Simons per jil Sander. Photo via nydailynews.com
Emma Recchi (Tilda Swinton), costume design by Raf Simons per Jil Sander. Photo via nydailynews.com
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