“Lo sai qual è il primo segno che una società è in crisi? La nostalgia. Basta fargli vedere un Big Jim che scoppia in lacrime”.
Beatrice, una delle protagoniste del film “Generazione 1000 euro” del regista Massimo Venier, pronuncia questa frase mentre posta l’annuncio di una vecchia macchina da scrivere, trovata nell’immondizia, su Ebay. Il sito di aste on-ine tra i più famosi al mondo diventa simbolo non solo di una generazione, ma anche della crisi di una società. Attraverso internet Beatrice e Matteo, il protagonista del film, sfruttano il potere emotivo di un oggetto del passato per cercare di far andare avanti il loro futuro: pagare l’affitto.
Questo non perché non abbiano voglia di lavorare, sia chiaro. Ma perché le vicissitudini della società in cui vivono li risucchiano in ansie quotidiane in cui ci si dimentica di sognare. Mi sento parte di questa generazione, non dei “bamboccioni”, ma forse di poveri “creduloni”. Giovani educati alla cultura, che nella cultura hanno creduto e non smettono di credere, ma che in Italia sono sfruttati e mal pagati. E spesso smettono di credere ai loro sogni. O scappano via. Trovare una vecchia scrivania nella spazzatura, tirarla a lucido e rivenderla su Ebay per pagare l’affitto non è una scena irreale. Ho visto inventare molte più cose dai giovani trentenni per pagarsi un affitto o per avere qualche soldo in più. Perchè in una città come Milano 1.000 euro al mese non fanno vivere tranquilli. Ma Matteo nel film rinuncia alla possibilità di cambiare la sua vita, la sua situazione economica e il suo lavoro, restando a Milano vicino alle persone che ama e che, come lui, affrontano i problemi di ogni giorno. Non è un “coglione”, come gli dice Angeliaca nel film. Solo un trentenne che a deciso di sfidare i limiti a cui ci sottopone il mondo del lavoro e di fare tutto “come se ci fosse sempre il sole”. Anche con 940 euro al mese.