Dietro a un grande regista, si trova una grande donna
Biopic di un capolavoro. Hitch (bonario vezzeggiativo) e la creazione dell’indiscusso masterpiece Psyco (Psycho, 1960). Tra incomprensioni affettive e ossessione, Sacha Gervasi firma il suo esordio al cinema. Buona la prima.
1960. Hitchcock dopo il successo di Intrigo Internazionale (North by Northwest, 1959), cerca un soggetto diverso e accattivante e rimane incantato dal romanzo Psyco di Robert Bloch, che trae ispirazione dalle vicende del pluriomicida Ed Gein. La Paramount non ha intenzione di produrlo e allora Alfred, spalleggiato dalla moglie Alma, decide di auto-prodursi.
Alfred Hitchcock (mago del brivido e autentica leggenda cinematografica) è attraversato dalla classica “crisi da pagina bianca”. E anche se la definizione è più adatta al ruolo dello scrittore, qui calza a pennello. Difatti il regista Gervasi ci presenta ironicamente la storia dell’ideazione di Psyco, tra diritti e intoppi distributivi e produttivi, ma soprattutto ci presenta Mrs. Hitchcock, la donna dietro al genio registico. Sceneggiatrice e collaboratrice stretta di Alfred, Alma Reville è interpretata da una convincente Helen Mirren, posata, trattenuta e ideale contraltare della figura “ingombrante” di un grandissimo attore come Hopkins. Perfetto nel caratterizzare il regista, Hopkins sfiora la mimesi e riesce a trasmettere allo spettatore tutte le sfaccettature psicologiche che caratterizzano Hitchcock. La regista prosegue il suo racconto senza impedimenti, scivolando leggermente verso la conclusione. Ma sicuramente grande merito va alla stesura della sceneggiatura, che delinea perfettamente i due protagonisti, con ironia, senza sfociare nella macchietta ridicola. Infatti pare antitetico, eppure il regista riesce a trasmettere leggerezza e brio a una pellicola che potrebbe facilmente avere un risvolto drammatico. Perché Gervasi non si sofferma esclusivamente sul rapporto a due tra Hitch e Alma, ma anche sulle relazioni intellettuali, che sfociavano spesso in ossessioni (e infatuazioni), tra il Maestro e le sue attrici. Il regista ce le descrive, ne pesa l’univocità e il fascino.
Gervasi romanza la realtà, ma non scade mai nella caricatura. Impasta alla perfezione scenografia e fotografia degli anni 60 e ci racconta la crisi (di gelosia) del regista nei confronti dello sceneggiatore Cook. Tensioni private e professionali si sommano così in un crescendo che culmina nella “scena della doccia” (una violenta frustrazione), che ha segnato la storia del cinema. Dopotutto è risaputo che lo stesso Hitchcock ha brandito il coltello e ha abbassato il braccio verso la sua attrice Janet Leight. Romanzato, ma aderente alla realtà, Hitchcock (2012) cala nella costruzione della tensione (non necessaria agli sviluppi della storia) e guarda principalmente ai rapporti umani, a un rapporto che va oltre l’affetto e la professionalità. Un marito e una moglie uniti nel successo. E se la narrazione fresca e agro-dolce vince su qualsiasi cosa, la costruzione del film mostra due lati: divertente e citazionista, nel momento in cui si apre e si chiude, e deludente, nei momenti in cui l’atmosfera d’inquietudine è ricercata e artefatta (soprattutto quando Hitch è tormentato dalla presenza di Ed, il Norman Bates della cronaca nera).
Tutto torna e gira alla perfezione. Hitchcock diverte e appassiona. Il Maestro è tornato. Senza brivido.
Uscita al cinema: 4 aprile 2013
Voto: ***