Magazine Diario personale

Ho altro da fare (illustrato)

Creato il 01 settembre 2015 da Lavostraprof

Credete che sia qui al computer, a scrivere ai lettori che ancora passano durante la mia latitanza perché, in questo lieto giorno di settembre, non ho altro da fare?
Vi disilludo subito: dopo aver passato l’estate a stirare, e essermi rilassata una settimana, mi ritrovo con l’asse strabordante di roba, e una lavatrice da vuotare e stendere e una cantina che sembra il dì vundos (cioè, il giorno undici, ed essendo nella Pianura capite da soli che significa; se non lo capite, avete vinto una seratina con Salvini). Il fatto è che abbiamo scoperto che l’armadio della cantina era invaso, colonizzato e polverizzato dai tarli: siamo passati a svuotarlo (io) e a distruggerlo (maritino), così che adesso tutta la roba che c’era dentro sta passando in lavatrice, sullo stenditoio e poi al ferro, per essere infine depositata nei bellissimi armadi in acciaio e tessuto prontamente acquistati in Grande&Criticato Sito di Distribuzione online.

di tutto, di più

di tutto, di più


C’è anche da dire che, nel mentre svuotavo e demolivo e pulivo, ho pensato: ma perché non sistemo tutta la cantina? Ora, vedete, io ho una casa piccola ma una cantina enorme, piena di libri di scuola, fumetti, cassapanche, vestiti, giochi, biciclette, ricordi, appunti, foto di classi ormai supermaggiorenni. Insomma, abbiamo (io facevo i pacchi, e il maritino portava in discarica) descargato l’equivalente di un camioncino e mezzo ben pieno.
Mi rimane soltanto di montare il secondo armadio e di mettere a posto quello che è rimasto in giro: vestiti, libri, cappelli da Zorro e così via.
Inoltre, la figliola è tornata dopo una settimana al mare dal moroso e una settimana di lavoro extra in Grande&Tentacolare Città del Nord: questo insegna che, oltre a cercare per le figlie dei morosi che abitano in ameni luoghi di villeggiatura, è necessario lavare tutto quello che si sono portate a casa.
Devo Dovrei anche controllare l’armadio dei libri di scuola, per gettare e ripulire, cosa che non ho fatto prima per un certo motivo.
E ora non vedo, da qui, ma credo di non aver ancora messo via i piatti del pranzo, spero ci pensi il maritino, anche se il lieve russamento che sento mi fa dubitare.
Ah, e poi ci sarebbe che domani ho una qualche riunione, e mi ci dovrei preparare.
E qui veniamo al dunque: perché son qui?, visto che ho tante belle cose da fare, perché sono qui?
Perché sto tentando un esperimento: se funziona ancora il fatto che io vengo qui, azzanno la tastiera con i canini che fuoriescono, e mi calmo un po’.
Vi conto solo questo: a giugno, non so se ve lo avevo detto, la CapaTórta dice che deve assegnare i docenti alle classi, che il criterio è la continuità didattica ma che [cit] “ci sono dei criteri segreti”[/cit], che lei non ci può dire (essendo, appunto, segreti), ma che farà lei.
E infatti ha fatto così: ha messo la gente un po’ qui e un po’ là, e poi stamattina ha detto: “Ora vi dico dove vi ho messo; c’è qualcuno che sarà molto penalizzato… A proposito, LaVostraProf, dopo fermati che ti devo dire una cosa”.
Già qui.
Però , giuro, non ho fatto una piega. Ho detto: son qui, dove vuole che vada. E poi sono stata zitta.
E ho visto che funziona questa cosa che ho letto in un libro e che io avrei scritto uguale uguale: che se state zitti, gli altri si agitano e sono spinti a parlare loro.
La CapaTórta ha parlato. Ha rivelato al Collegio docenti che io ero: in una nuova sezione, in una nuova classe (criterio segreto), anzi, che dico: in due nuove classi e in due nuove sezioni diverse. Criterio: in quella terza là c’è bisogno di una di polso. Così io guardo la collega Fòderami, che sta al mio posto nella mia sezione con le classi che (continuità didattica) sarebbero toccate a me, e che doveva invece andare nella classe dove andrò io, e le faccio segno: sei un po’ una merdina, non sei capace di tenere le classi, ci devo andare io.
Che, se ci pensate, è una soddisfazione del cazzo.
Comunque, finito il collegio docenti senza votare niente, nemmanco il Verbale precedente che ci è stato letto con vigore appassionato da Scopo ilTappetino, dopo aver sforato di mezz’ora il tempo previsto, mi presento dalla CapaTórta e dico: io vado.
Perché pensavo: se vuoi discutere con me il fatto che mi mandi in due sezioni diverse, e che mi metti al tempo normale (“so che tu lavori benissimo nel tempo prolungato”, mi ha detto, e forse questo è uno dei suoi criteri), e che mi togli la continuità, io non discuto: vado.
Invece lei dice: no, no, vi devo parlare.
“Vi”, al plurale.
Così, dopo il Collegio, dopo aver sforato l’orario del Collegio, ci troviamo tutti dalla CapaTórta, in ufficio. A far che? Non ho capito.
Ci ha ripetuto le classi e le assegnazioni, si è dimenticata qualcuno, e c’era la Maloni che girava per il corridoio chiedendo a tutti: ma io in che classe sono?, si è fermata a parlare con un nuovo arrivato e poi mi ha detto: l’altro giorno ti ho visto che giravi al mercato di PiccolaCittà della Bassa.
E io: io? ma no!
E lei: eri in bicicletta.
E io: allora sì, può darsi.
E lei è andata avanti a spiegare da quanto tempo non andava al mercato.
E allora io ho chiesto: ma posso andare?
E lei: sì, scusa.
Che, oltre al fatto che mi dà del tu, era una bella cosa da dire.
Anche perché io sono uscita e l’altra dozzina di colleghi di italiano sono rimasti in presidenza a pensare a me che andavo in giro in bicicletta.

Io sono venuta a casa a sputare un po’ di veleno.
Non dico che funzioni del tutto, ma sto già un po’ meglio.
E domani mi aspetta una riunione con tuuuutte le colleghe, anche le maestre; saremo una cinquantina capitanate da Marina la Maestrina che stamane mi mostrava l’ordine del giorno perché secondo lei era troppo difficile.
Sarà una bella giornata anche domani.



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