Ho le vene fragili, amore, passa il sangue ma tu non le toccare, che resta il segno, un blu deciso, rosso, giallo, verde, la fine. E’ una fatica grande, a scorrere tra pareti delicate, un minimo sobbalzo, una curva grave di sentimenti, un pugno dritto, non dico in faccia, nel cuore e la vena si spezza e il sangue esce, nel corpo intonso a fare da pozza.
Bizzarra la pelle! I pori stretti come chiappe posate, racchiudono il liquido sacro, un graal destinato, un pensiero sfocato, la mente s’annebbia quando perdi vigore?
Ho le vene fragili, dicevi, e pure lo sapevi, tu che di cuore sai mettere mano, con ferri, tubi, affilate strategie, le tue mani, dirette quando serviva, giù, dentro, fino al fulcro del battito, tu, sai stringere forte per fare rinascere vita. Già, lo sapevi, che di questo mio cuore conoscevi tutto, scandagliato, toccato, palpato, letto sulla carta, tra fili elettrici e radiazioni solari. Forse lo avevi visto anche da sotto la carne, si vede il cuore se mi scruti negli occhi?
Ho le vene fragili, amore, e allora dimmi: com’è che d’incendio le hai fatte brillare, poi di fiato acre ne hai spento l’ardore e ora, leone avvizzito, criniera dorata, ritorni e ne fai portamento glorioso, da sempre nel tuo cuore?
Siamo solo anime disfatte, alla ricerca di un senso.
E quel senso siamo noi.
Chiara