Quest’oggi mi è caduto di mano per l’ennesima volta il cellulare e per cause ovvie, a furia di cadute è passato a miglior vita.Un segno inequivocabile del destino? Ho deciso di non farlo più riparare, mettendolo nella cesta dei giochi di mia figlia. Dopo alcune ore di silenzio irreale, realizzavo che mi sentivo smarrita, sola, abbandonata a me stessa, in balia di chissà quali fantasmi e pensieri nefasti. Sentivo l’ansia salire: per scelta non abbiamo più la linea fissa di casa, ma tutti, o quasi, usiamo questo marchingegno elettronico che viene considerato indispensabile al pari di una compressa per il cuore. E se mi sento male? E se un ladro arriva ora, che non ho il cellulare per chiamare il 113? E se rimango chiusa fuori casa? Mille pensieri mi attanagliano la mente..ho anche perso il gusto di andare a trovare una persona, suonando banalmente il campanello, non so più scrivere una lettera con la penna e la carta, magari profumandola di rosa Canina. Svogliatamente mando ancora le cartoline dai luoghi di vacanza: i destinatari mi dicono che sono rimasta quasi l’unica ad avere questa abitudine, in via d’estinzione. Faccio pure fatica a scrivere un bel biglietto d’Auguri per ricorrenze speciali. Ma dove siamo finiti? D’altra parte, siamo noi i primi a dotare i nostri figli di tale mezzo, guai se non lo tengono sempre acceso o non sono raggiungibili. Si rischia di andare in paranoia e di pensare ad un incidente stradale. Ma come facevamo un tempo? Nella mia famiglia, come credo anche nelle vostre , siamo stati senza telefono, quello grigio unificato, sino al 1974 circa, ma siamo tutti sopravvissuti egregiamente! Se qualcuno aveva bisogno di noi, il barista dell’allora Bocciodromo di Rivalta o Cooperativa che dir si voglia, ci veniva ad avvertire in bicicletta, in modo tale che papà o mamma erano costretti ad andare al Bocciodromo, in cabina a gettoni, a richiamare. Che bei tempi! Quando sentivamo il “bi bip”d’avviso che stava finendo anche l’ultimo gettone, sempre nel bel mezzo di una conversazione importante, magari con un fidanzatino dell’epoca! Avete notato, che le prime parole dopo aver udito le varie suonerie, non sono più”Pronto, chi parla? Come stai?” Ma bensì,” Ciao Amilcare, dove sei?”. Non c’è più la sorpresa di sentire chi è all’apparecchio, vediamo già il nome memorizzato e ci comportiamo come fosse obbligatorio informare subito l’interlocutore del luogo esatto dove ci troviamo in quell’istante. Strumento perfido, da esserne schiavi e dipendenti, sono la prima a fare outing in tal senso, ritenendolo freddo ed impersonale, come le migliaia di milioni di sms che ci scambiamo in un anno!E’ anche traditore, perché lascia sempre le prove di tutto, come il computer dal quale vi sto scrivendo: rimane traccia di tutto, nulla scompare, e non credete a chi di dice il contrario. E’ pure costosissimo da mantenere , guai ad abboccare a ipotetiche vincite di ricariche o servizi gratuiti. Specchietti per gli allocchi, dove ci si ritrova a spendere senza saperlo e volerlo. Per ora e sino a quando non avrò le idee un po’ più chiare, lo lascerò nella cesta dei giochi di mia figlia. Ne guadagnerò in salute, in relazioni sociali più umane e anche in euro!
Risposta del dottor Nitrosi Davide.
Magari potrebbe anche aderire all’appello per salvare le cabine telefoniche, lanciato alcuni mesi fa. Che fine ha fatto? Telecom ha salvato le cabine in estinzione?Alla fine non è scritto sulla Costituzione che si debba essere per forza di cose, dotati di cellulare, anche se oggi è davvero un’impresa titanica. Ci racconti cara signora Fabiana, fra qualche giorno se ha resistito alla tentazione.
Canali, anno 2011.