Certi libri malsopportano i confini. Le pagine finiscono, e invece loro no. Così te li porti dietro, come una cicatrice rimasta sotto al cuore. Non per questo bella. Perchè i concetti estetici, in fondo, sono essi stessi confini.Ecco: “Ho smesso tutto” rientra nella categoria. E non saprei descriverla, la sensazione che mi ha lasciato addosso. Non sono neanche certa di averla capita. E' un sapore amaro in bocca, di quelli che danno fastidio. Somiglia al disincanto. All'angoscia. A volte, in qualche modo, arriva a disgustare.
Che Il Cile scrive bene, poi, s'è sempre saputo. Almeno lo sapevo io, che ho aggiunto vari pezzi alla mia vita da quando mi sono innamorata delle sue parole. Eppure riesco ancora a stupirmi, davanti allo sbigottimento che mi creano le sue frasi. A quel senso di stordita ammirazione provato tante volte ascoltando le sue canzoni. Voglio dire: dovrei esserci abituata, ormai.Invece compro quel libro. Sento dire che si legge in due ore. Che si divora, via, d'un fiato. Ed io, lettrice accanita, ci impiego la bellezza di una settimana. Sette giorni, capite? Decine di minuti passati su uno stesso paragrafo. Replay di occhi su concetti e sostantivi. Sull'ironia di quei pub in legno che nascondono piromanie latenti; sull'empatia dei cervelli che viaggiano troppo veloci per accettare di rallentarsi con le droghe leggere. Lo degusto, “Ho smesso tutto”, come se fosse un vino. Poi mi chiedono se é bello, ed io non so che dire.
Allora dico che Il Cile scrive bene, perché forse questo giá basta. Basta alla sorta di competizione intrinseca che aggiunge un po' di pepe al mio esprimerlo ad alta voce. Perché al talento altrui reagisco in tre fasi: prima l'ammirazione, poi un pizzico d'invidia; per ultima, la voglia di aprire un foglio bianco di word. Manco mi dovessi misurare con qualcuno. O con qualcosa. Manco dovessi per forza dare il meglio di me. Chissá, magari capita anche a lui. Ho sempre pensato, ascoltando le sue interviste, che il suo modo di vivere la scrittura fosse sorprendentemente simile al mio. Non nella forma, certo; ma nell'approccio, nella genesi, nelle finalitá. Mi fa sorridere perché, per il resto, con il suo mondo non ho niente in comune. In certo modo é consolatorio. Fa pensare che ci sia una sorta di democrazia, nelle discipline creative. Insomma: puoi essere una persona tranquilla o vivere su una montagna russa di emozioni; puoi lavorare in banca o fare rock 'n'roll, ma quella passione, se ti prende, non sta certo lí a guardare chi sei. Non ti giudica, come non riesco a fare io con il romanzo de Il Cile. Forse dipende anche dalla sua natura frammentaria. Per certi versi é come leggere un blog trasposto su carta, tanto per parlare di cose che conosco. Non ti piaceranno mai tutti i post allo stesso modo. E a me, di “Ho smesso tutto”, la seconda parte piace infinitamente piú della prima. Ecco, diciamo che se il romanzo fosse iniziato a pagina 83 non avrei esitato. Avrei scritto che é stupendo. Vi avrei imposto di comprarlo con quel tono minatorio che mi dá l'entusiasmo quando é troppo acceso. Perchè da lí, da pagina 83, tutto diventa piú profondo. Piú umano. Piú toccante. Le scene ti sembra di vederle. Le persone di conoscerle. Le sensazioni, di viverle. Ma non inizia a pagina 83. Certo, prima di quello scoglio ci sono perle come il racconto dedicato a “Soldy”, in assoluto quello che piú mi ha fatta ridere. Peró mi manca quella vena di sentimento che invece é, a suo modo, cosí intensa nelle ultime pagine. Gusto personale, suppongo: sono e resto una romantica, vi piaccia o no.Peró ci vuole coraggio, a scrivere un libro del genere. Puoi insistere nel dichiararlo non autobiografico, ma resta narrato in prima persona. Riferimenti ed esperienze rimangono riconoscibili. E, come ovvia conseguenza, ti espone a ragionevoli dubbi. Io, che mi sono decisa a pubblicare qualcosa solo quando era palese che non parlasse di me, trovo il fregarsene estremamente lodevole. E poi quella cicatrice me la sto portando dietro. Quindi magari non sapró dirvi se “Ho Smesso Tutto” è bello. Ma, nonostante Il Cile continui a piacermi di piú come cantautore, la sua prosa si merita senz'altro una chanche.