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Ho sognato il Papa

Creato il 31 luglio 2010 da Lucas

Stamani mi sono alzato e, previa pipì, mi son precipitato sul mio quaderno per scrivere quanto segue:

Cammino nella piazza vecchia del paese. È buio e non capisco se è prima dell'alba o dopo il tramonto. Nella piazza c'è una fonte. Mi avvicino per sciacquarmi la bocca dal sapore amaro del caffè (probabile sia prima dell'alba, quindi). Accanto alla fonte c'è un palazzo d'epoca fascista piantato in mezzo alla piazza per farci abitare il Podestà. A pianterreno ci sono dei grandi fondi finora adibiti a garage e una corte con al centro una palma. Il prete “alternativo” che conosco bene sta ristrutturando tali locali per un suo progetto particolare. È un prete pieno di iniziative lodevoli sotto tutti gli aspetti: spirituali, sociali, culturali, caritatevoli. In questo caso, ho saputo (è il sogno che mi ha fatto sapere che), ha intenzione di aprire una sorta di circolo filosofico-letterario-religioso: un progetto davvero ambizioso per il nostro piccolo paese.

Insomma, sto bevendo alla fonte. Da una delle aperture di uno dei locali da ristrutturare, con passo malcerto tra i calcinacci, esce Benedetto XVI in persona, vestito di bianco (claro), con le scarpe nere e mi sorride. Nello stesso momento passa il prete a bordo di un enorme pick-up giapponese e, dal finestrino, dice al Papa: «allora grazie Maestra, torna presto a trovarci. Mi raccomando per quei finanziamenti, conto su di te». Benedetto XVI sorride, nonostante la polvere gli abbia rovinato il candore della sacra veste. Io sono lì tra loro, nel mezzo, come un ebete. Mi aspetto da un momento all'altro di vedere un cospicuo dispiegamento di guardie del corpo papali e, invece, dalla stessa apertura esce un tipo che mi sembra il sosia del prof. Franco Cardini, salvo che ha i capelli arruffati e un codino. Costui, imbufalito, si rivolge verso me come se mi conoscesse: «io quello lì [il prete, capisco] un giorno lo strozzo». Ed io, che mi rivolgo a lui come se fosse uno dei miei amici avvocati:

«Perché ce l'hai con lui? Perché ha dato del tu al Papa in modo irriguardoso?».

«Ma no», risponde.

«E perché allora?» insisto. «Perché l'ha chiamato “Maestra”?»

E lui: «Nemmeno. Lo chiamano tutti così, i giovani preti».

«E dunque, perché t'ha fatto incazzare?».

«Ebbè, sto nostro pretucolo! Sempre a chiedere soldi, finanziamenti... ma non si vergogna? Io lo strozzo o gli sputo in un occhio, giuro».

Fine del sogno.


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