Magazine Talenti

Ho tremila anni e settanta nomi

Da Ludovicopolidattilo

mg_9270[uno] Scrivo nudo.

[due] Un Реактивный Противотанковый Гранатомёт (Reaktivnyj Protivotankovyj Granatomjot), ovvero un lanciagranate propulse (a reazione) anticarro RPG-32 di fabbricazione russa, pochi istanti fa ha atomizzato nell’ordine: tapparelle avvolgibili in PVC, porta finestra in alluminio anodizzato con taglio termico, tende con bracciale a due teli beige chiaro collocati alle mie spalle, peraltro nude. In assenza di corpi solidi opachi quali serramenti e complementi d’arredo a celare la mia figura seduta innanzi al laptop, dalle nove finestre dell’edificio prospiciente quello in cui scrivo nudo, nove agenti operativi appartenenti a nove differenti servizi di intelligence possono spiarmi con relativo agio.

[tre] Il lettore a questo punto si immedesima nell’agente operativo di un qualsivoglia servizio di intelligence impegnato a scrutare la mia figura assisa attraverso le ottiche di un telescopio Yukon Advanced con microcamera assemblata in laboratorio, ideale per effettuare riprese video a lunga distanza, registrando a 25 fotogrammi al secondo (fps) in formato AVI più di 8 ore di video di qualità alla massima risoluzione video di 720 x 576, su una mini scheda SD da 8GB. E si chiede: su quale fottuta sedia è seduto il tuo fottuto corpo nudo innanzi al fottuto laptop? Ebbene il contesto richiede senza dubbio una Hill House di Charles Rennie Mackintosh. Fu pensata dal designer scozzese nel 1902 più con intenti decorativi che strettamente funzionali. Era destinata, insieme ad una gemella, alla camera da letto della casa “Hill” di proprietà dell’editore Walter W. Blackie a Helensburgh, non lontano da Glasgow. Le due sedie in legno nero ebanizzato sono ancora lì, nessuno ci ci siede sopra, e resta intatto l’effetto originale che provocano, spiccando sulle pareti totalmente bianche. Tornando a noi, le sue diciassette feritoie rivelano sezioni oblunghe orizzontali del mio corpo nudo visto da tergo, ciascuna delle quali risulta ineludibilmente geometrica, glabra, lattescente e sexy.

[quattro] La facciata dell’edificio prospiciente potrebbe divenire, se il lettore assecondasse l’allegoria, una scacchiera verticale di tre-per-tre caselle (identifichiamole univocamente adottando coordinate: sul lato sinistro le lettere A, B, C, dal basso verso l’alto; sul lato inferiore i numeri 1, 2, 3, da sinistra verso destra), ciascuna delle quali ospiterebbe una spia internazionale al servizio di una specifica nazione interessata per motivi ancora ignoti agli affari miei. In dotazione a ogni agente, oltre ai già menzionati telescopio e lanciagranate, un fucile semiautomatico di precisione anti-materiale a recupero di gas M82 Barrett (light fifty) calibro .50 BMG (12,7 × 99 mm NATO). Non si sa mai torni utile. Étienne Cousineau della Direction générale de la sécurité extérieure (DGSE), l’intelligence francese, reca tatuato, a formare un arcobaleno di caratteri gotici sul proprio ventre, il motto “Ad augusta per angusta”. La sua fidanzata si chiama Marie Catherine Vitalie Cuif, abita a Charleville nelle Ardenne, è lievemente strabica e lo tradisce di rado. Lo collochiamo in B3. Attraverso il suo Yukon Advanced legge sullo schermo del mio laptop: “Quando alle spalle dell’agente francese la porta si aprirà, egli non tenterà neppure di afferrare la propria arma. Il fruscio che l’agente del Mossad produrrà raggiungendolo, gli rammenterà il gemito del vento tra i ciliegi di Sedan”.

[cinque] Ora la casella B3 è vuota. Chlomo Appelfeld dello Ha-Mossad le-Modi’in ule-Tafkidim Meyuchadim (Istituto per l’intelligence e servizi speciali israeliano) può tornare a C1. Solo una breve sosta per pulire la lama del suo push blade sulla tendina stampata in fantasia optical che protegge una kentia rigogliosa dalla luce altrimenti troppo intensa del meriggio, attenuandola. Intanto l’agente operativo giapponese, in B2, scruta attraverso una fessura delle persiane in pvc il testo che appare sul mio monitor: “Accadde nella prima metà del ‘600. Il valoroso samurai Ii Naotaka incrociò un giorno un gatto che sembrava salutarlo. Interpretando l’evento come un presagio, il nobiluomo si arrestò e si diresse verso l’animale. Deviando dal cammino che avrebbe percorso altrimenti, si accorse di avere evitato una trappola tesa per lui poco più avanti. Da allora i gatti furono considerati, in Giappone, spiriti saggi e portatori di fortuna. Il Maneki Neko è un gatto in porcellana o ceramica con una zampa alzata nell’atto di salutare che viene acquistato o donato affinché garantisca successo. Non è l’unico motivo per cui l’agente giapponese tiene un soprammobile raffigurante un gatto che saluta accanto a sé in ogni missione. Ulteriore motivo: l’agente è una donna di nome Neko, Shirubiya Neko”.

[sei] La mano di Neko è perfetta. Essa fa cose che a osservargliele fare non si sa distogliere lo sguardo. Se diviene immobile innanzi al tuo volto [come accadde la sera appena trascorsa N.d.A.], diresti la bellezza definitiva. Diresti l’armonia vittoriosa su morte, putrefazione, meschinità, agonia, merda, umanità, inferno. Neko tiene sempre il proprio gatto di ceramica accanto durante un appostamento. Rigorosamente voltato verso sé, in modo che il suo influsso positivo sia di buon auspicio nei confronti della missione – garantendone il successo – e preservi la sua incolumità. Solo nel febbraio 2009 ruotò con tre dita l’animaletto portafortuna di 180 gradi, imponendogli di rivolgere lo sguardo smaltato altrove. Fu durante l’appostamento che avrebbe portato all’omicidio di un sindacalista del Nihon Rōdō Kumiai Sō Hyōgikai (Sōhyō), la più diffusa organizzazione di lavoratori giapponese. Prima di sparare Neko si masturbò per alcuni minuti con la mano perfetta di cui sopra, rischiando di perdere di vista l’obiettivo impegnato a sorseggiare un shochu con alcuni colleghi presso un bar di Hamamatsu. L’eccitazione fu tuttavia tanto inspiegabile quanto incontenibile. Quando Shirubiya Neko ebbe terminato di appagarsi potè tornare alla missione. Lasciò gli slip a ingarbugliare le caviglie nude. Girò il talismano nuovamente verso di sé e imbracciò il fucile di precisione. Premendolo con l’indice destro, inumidì il glilletto di trasudato vaginale.

[sette] Ciò che il mio nudo corpo scrive tra doppi apici è questo. Ciò che il mio nudo corpo scrive tra doppi apici è “Ciò che il mio nudo corpo scrive accade. Sono a conoscenza di tale facoltà grafo-demiurgica i governi di nove nazioni: Israele, Russia, Germania, USA, Giappone, Francia, Regno Unito, Cina, Turchia. Ciascun governo ha incaricato i propri servizi segreti di inviare un agente operativo a sorvegliarmi da una delle nove finestre dell’edificio prospiciente da cui io possa essere sorvegliato, in attesa di nuove indicazioni circa la procedura da adottare. Rapirmi per sfruttare il mio potere a proprio vantaggio? Sopprimermi affinché non possa cadere in mano a governi ostili o sgraditi? Uno degli agenti operativi menzionati è già fuori causa. Era francese. Mentre lui moriva la moglie scopava con qualcuno. Il suo collega del Federalnaya Sluzhba Besopasnosti (Servizio Sicurezza Federale russo) ha appena ricevuto l’ordine di spararmi nella nuda schiena infrangendo uno o più listelli laccati dello schienale della mia bellissima Hill House Chair. Lo consentirete agenti ulteriori? Consentirete venga rovinato un manufatto di design di tale pregio? Credo di proprio di no. Bye bye Georgij Nikolaevič Leonidze!”.

[otto] Lei no. Shirubiya Neko (dalle sue mai sazie di scosse telluriche parti: シルビア 猫), la letale giapponesina [pavento abbia trent’anni N.d.A], non ha partecipato alla rimozione dell’agente operativo russo dalla casella C2. Si era distratta. Si tratta della seconda “distrazione” attribuita alla fanciulla dopo la digressione autoerotica del capitolo sei. Al lettore avvezzo alla contabilità o al disturbo ossessivo-compulvo non sarà di certo sfuggito. Che un agente operativo di un servizio segreto internazionale si distragga due volte in un numero esiguo di capitoli parrà (a questi e a chiunque) insolito. Tolleralo lettore. C’è motivo e ragione. Si vogliono talvolta dire cose che si dicono meglio distratti piuttosto che concentrati. Specie se riguardano l’amore e il sotterfugio e il sotterfugio che l’amore intenda celare. Allora distraiamoci con Neko. Mentre gli agenti si agguatano vicendevolmente al fine di rosicchiarsi quella porzione di vita avventurosa che ancora spetta loro, ella distoglie lo sguardo seducente dall’oculare del telescopio, dal mirino del fucile di precisione e da quello del lanciagranate per guardare invece la pagina di carta dell’edizione giapponese del 1996 di “Foglie d’erba” di Whitman. È la pagina numero 百十八. Sulla pagina c’è “Canto il corpo elettrico, / Le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io le abbraccio, / Non mi lasceranno partire finché non sia andato con loro, non abbia loro risposto, / E li abbia purificati, e li abbia riempiti col pieno carico delle anime loro.” Poi cè altro e alla fine di quello che Neko ha il tempo di leggere c’è “E se il corpo non opera in pieno quanto l’anima? Ché se il corpo non è l’anima, che cosa dunque è l’anima?”. La ragazza dagli occhi a mandorla che trascurano i mirini prediligendo le pagine di carta dei libri, sa del mio corpo nudo e ha innanzi il mio corpo nudo mentre legge quelle parole. Curiosa circostanza. Le suggerii io stesso, nel 1855, al poeta dell’isola a forma di pesce.

[nove] Tre furono i miei doni agli uomini. Le 22 lettere dell’alfabeto originario, i tarocchi, gli scacchi.

[dieci] I primi colonizzatori delle terre emerse sono ancora qui. Hanno proliferato occupando gli interstizi più reconditi della realtà. Mai trascurandone alcuno. Saturando l’Universo interstiziale. Generando con protervia e pervicacia. Hanno proliferato sino a occupare il pieno, il vuoto, il qui, l’altrove, l’ovunque e gli appartamenti dell’edificio prospiciente. Hanno nome di “agente”, “sicario”, “assassino”, “insetto”. Si dica che “fanno un lavoro”. Si sappia piuttosto che essi cercano cibo, fottere e identità sulla superficie di una sfera di pietra e oceani contraccambiando il favore loro concesso nell’unica maniera loro consentita, loro nota: coprendo quella superficie della propria escrezione. Ora vi faccio vedere come se ne schiaccia uno col tacco della scarpa (tallone del piede nudo nella fattispecie, ma fa lo stesso). È sufficiente io scriva e lui legga “La biopsia dei linfonodi non è andata molto bene caro Chris. La Dottoressa Bettany te lo comunicherà nel suo studio al termine della missione. Ti informerà che in base alla classificazione di Ann-Arbor, il linfoma di Hodgkin che vai ospitando da circa diciotto mesi risulta di tipo IV-10. Il tipo IV è sfortunatamente il più grave. È irreversibile e letale. Quel ‘10’ ha invece a che fare con le dimensioni della massa tumorale. Indovina: è massima. Limitiamoci a dire ‘enorme’ se vogliamo trascurare i tecnicismi superflui. Che dici: trascorriamo il prossimo annetto tra interventi chirurgici superflui, chemioterapie e radioterapie atroci o ce ne andiamo con agio e rapidità adesso, in mezzo a una bella missione, urlando ‘Semper occultus!’ o, se preferisci, ‘Fanculo la Regina!’?”. A questo punto lo sparo attutito che si sente provenire dalla casella A1, dove Christopher Northrop dell’MI6 sino a pochi istanti fa mi controllava, non è diretto verso di me ma verso il suo anglosassone palato molle.

[undici] Non ero ancora diventato Lo Scriba quando accadde. Quando accadde non avevo principiato a sedere a lato del Trono. Anche allora, come oggi vedi accadere, gli angeli guardavano alle figlie degli uomini con desiderio. Nel primo libro che reca il mio nome sul frontespizio saprai infatti leggere “E avvenne che quando i figli degli uomini si erano moltiplicati, in quei giorni nacquero loro figlie belle e avvenenti. Gli angeli, i figli del cielo, le videro e le bramarono, e si dicevano l’un l’altro: ‘Venite, andiamo a scegliere le nostre mogli tra i figli degli uomini e generiamo bambini.’ Erano in tutto duecento; essi discesero al tempo di Jared sulla vetta del Monte Hermon. E questi erano i nomi dei loro capi: Samlazaz, Araklba, Rameel, Kokablel, Tamlel, Ramlel, Danel, Ezeqeel, Baraqijal, Asael, Armaros, Batarel, Ananel, Zaqel, Samsapeel, Satarel, Turel, Jomjael, Sariel. E tutti gli altri insieme a loro presero con sé delle mogli, ciascuno scegliendone una, e cominciarono ad andare con loro, cominciarono a entrare dentro di loro, a contaminare se stessi con le donne. Poi insegnarono loro la seduzione e gli incantesimi, fecero loro conoscere le piante e il taglio delle radici. Quindi le mogli rimasero incinte e partorirono giganti la cui altezza era di tremila braccia. Ma quando gli uomini non poterono più sostentarli, i giganti si rivoltarono contro gli uomini e li divorarono. E cominciarono a peccare contro gli uccelli, le bestie, i rettili e i pesci, a divorarsi a vicenda e a bere il sangue gli uni degli altri. Allora la terra pronunziò un atto di accusa contro quei senza legge*.” Ecco cosa temo. Accade ancora. Qui, adesso, allontanatomi dal Trono, cambiato nome e volto e luogo e tempo innumerabili volte, la figlia di un uomo mi guarda (la mia schiena nuda guarda), e so di non essere mai stato così lontano dal Trono come quando io (anche volgendole la schiena lo so fare) guardo lei.

[ventinove] In piedi, nudo integrale, incorniciato dai lembi di un muro squartato, ali d’arcangelo dispiegate, agenti operativi appartenenti ai più importanti servizi segreti internazionali che mi tengono sotto tiro, inquadrandomi negli acuminati mirini, una scomoda sedia di design vuota alle mie spalle, un laptop esausto appoggiato sul tavolo innanzi alla sedia di design, una gatta nelle mie mani che guarda con me verso la notte incerta e curiosa dell’esito dei nostri destini: sono un figo. Lei se ne frega di me. Ciò non attenua di un’inezia il mio essere figo. Ho i piedi nudi appoggiati su pezzi di vetro frantumati. Ho deciso di non sanguinare. Refrattario alle circostanze. Ho alcuni minuti prima dell’alba per farmi conoscere, per farmi riconoscere, per farla invaghire di me, per farmi amare. Per farle percepire quanto io sia figo. Intanto il mio efficiente Golem del Mossad va compiendo la propria opera. Uccide ispirato dalle bibliche piaghe d’Egitto filtrate da “L’abominevole dottor Phibes”, film del ’71 diretto da Robert Fuest in cui Vincent Price fa fuori un tot di persone interpretando fantasiosamente le piaghe suddette. Probabilmente lo ha visto in TV durante l’adolescenza. L’agente americano in B1 viene dissanguato (terza piaga: il sangue). All’agente turco in A3 viene infilata la testa nel freezer sino a congelarla (settima piaga: la grandine). L’agente cinese in A2 viene divorato da locuste una volta sedato, denudato e cosparso di liquido zuccherino assai apprezzato dalla nostra adorabile Schistocerca Gregaria (ottava piaga: le locuste). Quando l’agente israeliano ha concluso i preliminari e viene a trovarsi dietro le spalle di Neko, agisco. Volo attraverso la notte e giungo innanzi a lei. Lei non mi spara ma si alza in piedi abbandonando ogni arma. Mi fronteggia. Quando allungo un braccio sopra la sua spalla non mi ostacola. Posso così cancellare la prima lettera della parola che il Golem reca sulla fronte. EMET (verità) diviene MET (morto). Il mio servitore si accascia al suole esanime. Non ho tempo per tributargli gratitudine. Neko mi guarda negli occhi. Allora sfodero il mio, il suo, il nostro Whitman per sorprenderla e conquistarla. “Questa è la forma femminile, un nembo divino ne emana dal capo alle piante, e attira con una violenta attrazione irresistibile, mi sento attratto dal soffio, quasi altro non fossi che un imbelle vapore, tutto scompare tranne noi due, / Libri, arte, religione, tempo, la solida terra visibile, e quanto si sperava dal cielo, si temeva dall’inferno, sono ora consunti, / Pazzi filamenti, incontrollabili radiazioni promanano da essa, parimenti incontrollabile la reazione, / Capelli, petto, fianchi, piega delle gambe, negligenti mani che cadono in completo abbandono, anche le mie abbandonate, /Riflusso sferzato da flusso, flusso da riflusso sferzato, carne d’amore che inturgida e deliziosa duole” Terminai così “Come vedo l’anima mia riflessa nella Natura, / Come vedo attraverso una bruma, un Essere d’inesprimibile compiutezza, sanità, bellezza, / Vedo il capo ricurvo, le braccia incrociate sul petto, vedo la Donna..”. Mi chiede chi cazzo io sia. Con queste precise parole “Chi cazzo sei?”. “Ho tremila anni e settanta nomi” rispondo. “Fui Enoch, figlio di Jared, uomo e scriba tra gli uomini. Poi divenni Metatron. Arcangelo e scriba tra gli arcangeli. Se avessi letto il terzo libro di Enoch sapresti che ho settanta nomi, corrispondenti alle settanta lingue del mondo e tutti si basano sul nome Metatron, Angelo della Presenza, ma il mio Re mi chiama ‘Gioventù’ (Na’ar). Sedetti a lato del Trono. Il Santo, benedetto Egli sia, ha aperto a me trecentomila porte di intesa, trecentomila porte di finezza, trecentomila porte della Vita, trecentomila porte della grazia e gentilezza amorevole, trecentomila porte d’amore, trecentomila porte di verità, trecentomila porte di mansuetudine, trecentomila porte di manutenzione, trecentomila porte di misericordia,
trecentomila porte di paura del cielo. In quel momento il Santo, benedetto Egli sia, ha aggiunto in me la saggezza alla sapienza, intelletto ai comprensione, sottigliezza verso sottigliezza, la conoscenza alla conoscenza, pietà verso la misericordia, l’istruzione verso l’istruzione, l’amore verso l’amore, gentilezza amorevole verso infantile gentilezza, bene alla bontà, mitezza verso mitezza, potere ai potenza, forza al forza, potere alla potenza, brillantezza fino a brillantezza, bellezza verso la bellezza, lo splendore verso lo splendore, e ho avuto l’onore e il dono di tutte queste cose buone e lodevoli più di tutti i figli del cielo. Ed Egli fece crescere le ali su di me, 36 su ogni lato. E ogni ala era come il mondo intero. Tutte queste cose il Santo, benedetto Egli sia, fatto per me: mi ha fatto un trono, simile al Trono di Gloria. Ed Egli sviluppa su di me una cortina di splendore e l’aspetto brillante, di bellezza, grazia e misericordia, simile alla tenda del Trono di Gloria; e su di essa sono stati fissati tutti i tipi di luci nell’universo*”. “E tu cosa cazzo vuoi da me? Io volevo farti fuori, questo è chiaro, ma tu hai tutta l’aria di volere qualcosa da me visto che mi hai salvato dall’ebreo”. Rivelo ciò che adesso va rivelato “Quando giovinetta guardavi Cassiopea e confrontavi il disegno delle cinque stelle con i nei sulla tua spalla guardavi me. Il mio trono era tra quelle stelle proprio nella porzione di cielo che adornavano. Io ti vidi e mi innamorai di te. Ora sono qui per averti. Ho rinunciato a tutto per essere qui con te. Vulnerabile. Arreso. Lontano dalla Gloria e dal Trono”. “Mi spiace ma sono fidanzata”. “Il tuo fidanzato non esiste più. L’ho privato dell’esistenza”. “Lo hai ucciso?”. “Più o meno”. “Allora io faccio fuori te”. Lei si tuffa verso le sue armi mentre io rimango immobile. Lei afferra un’arma qualsiasi e la usa contro di me. Io rimango immobile. Anche il gatto di ceramica che osserva la scena è immobile. Il gatto vivo invece scappa velocemente altrove. I proiettili espulsi dalla sua arma penetrano nel mio corpo e lo fanno sanguinare. Io rimango immbile. Il colore del mio sangue è differente dal colore del sangue umano ma la funzione dl mio sangue è pressochè la medesima. Identiche le conseguenze di una emorragia. Intingo il dito nel mio sangue, mi avvicino a al muro più vicino e vi scrivo (consapevole del fatto che quanto scrivo accade):

* dal Terzo libro di Enoch (apocrifo dell’Antico Testamento noto anche come “Apocalisse ebraica di Enoch”)

[trenta] “Lo scrivere abbia fine”.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine