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Creato il 11 settembre 2013 da Eymerich
Un film che ci parla della vita, della sua follia latente, del suo essere immersa in un mondo complesso e frenetico e, infine, della difficoltà di trovare un posto davvero degno di essere chiamato "casa".
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Una campagna arida e brulla, una casetta un pò bruttina e scalcinata a lato di un lembo di autostrada incompiuto. Questo è il luogo dove vivono Marthe e Michel e i loro tre figli Julien, Judith e Marion. La famiglia sembra vivere in una dimensione surreale. Lontani dalla società moderna e frenetica, l'unico elemento che sembra legare i nostri protagonisti al mondo "abitato" è questa lunga lingua di asfalto, ideale per le corse in bici di Julien, partite di hokey casalinghe ed esuberanti volate sui pattini. La prima parte del film ci presenta i rapporti tra i componenti della famiglia, mostrandoci alcuni stralci della loro vita quotidiana. 
Marthe, casalinga a tempo pieno, ma vestita sempre a puntino, come se dovesse partecipare a qualche evento mondano,  passa gran parte della giornata attaccata alla radio, a cucinare e a badare ai suoi figli, soprattutto al piccolo Julien. Michel, padre di famiglia, esce alla mattina per andare al lavoro e torna alla sera, quale prfessione svolga non è specificato. In casa è un papà attivo e gioviale, protagonista di di tutti i giochi e le gag familiari. Judith, la figlia più grande, è una ragazza caratterizzata da un'estrema apatia, passa tutta la giornata sdraiata in giardino ad ascoltare musica e a prendere il sole. Marion, la figlia intermedia per età, sembra una ragazza estremamente intelligente, amante della lettura e dei numeri, ha un'ossessione scientifica e maniacale per l'igene e la prevenzione di possibili malattie. Julien, il figlio più piccolo, è un ragazzo turbolento e simpatico, sempre pronto a saltare in bici e a pedalare avanti e indietro sulla strada deserta davanti a casa.
Nonosante l'apparente tranquillità della situazione è come se percepissimo da subito una sorta di equilibrio precario che non tarderà molto per venir sconvolto.
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Il quadro situazionale, infatti, cambia da un giorno all'altro quando l'autostrada, fino a quel momento inutilizzata, viene improvvisamente inaugurata. In poco tempo la tranquillità e il silenzio sono solo un ricordo e centinaia di macchine sfrecciano davanti alla casa di Marthe e Michel. Tutto diventa più difficile: attraversare la strada per andare a scuola o al lavoro, stendere i panni, stare in giardino, respirare, dormire tranquilli. L'autostrada è un elemento fortemente destabilizzante per la famiglia e piano piano affiorano forti tensioni interne. Sullo schermo sembra aleggiare l'ombra di una follia latente, di una situzione problematica precedente che la regista non ci esplicita ma ci fa intendere, attraverso gli sguardi e le azioni dei personaggi, attraverso alcune frasi. La commedia si fa dramma esistenziale, fino all'esplodere di una nevrosi che sembra quasi incontrollabile e che avrà bisogno di esprimersi in tutta la sua violenza per venir superata ( forse).
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Home, primo lungometraggio di Ursula Meier uscito nel 2008, è un film che ci parla della qualità della vita e di quanto sia difficile trovare "una casa" dove sentirsi protetti e tranquilli. Ci mostra l'equilibrio precario dell'esistenza e dei  rapporti umani e di quanto sia facile far crollare tutto, cadendo in una spirale di incomunicabilità che finisce per spezzare le relazioni, anche quelle più forti, come quelle di una famiglia. L'autostrada è il simbolo dell'elemento esterno devastante, improvviso, ma perennemente presente in sottofondo, che irrompe prepotentemente anche nell'ambiente più difeso e apparentemente isolato dagli sconvolgimenti repentini della vita. I protagonisti si illudono di aver trovato una dimensione di felicità fiabesca e ovattata, ma il mondo li viene a riprendere e lo fa in un  modo crudele. La realtà e la sua confusione invade tutto, come un essere strisciante che si insinua in ogni piccola debolezza, incertezza, fessura e incrinatura dilatandola fino a farla sgretolare. Si può solo aspettare che questa follia si esprima e poi si plachi, per poter ricomporre i pezzi, uscire fuori dal guscio in cui si è cercato di proteggersi e andare avanti. Emblematica, a questo proposito, è una delle scene finali, dove in una casa barricata dai travertini, completamente isolata dal rumore esterno, dove, nel tentativo di ritrovare una calma perduta, manca perfino l'aria per respirare, Marthe rompe il muro a martellate, ritrovando la luce e la speranza dopo il buio e la disperazione più profonda.( ricordandomi, tra l'altro, la scena finale di un altro bellissimo film, Take Shelter di Jeff Nichols, diverso per estetica, ma per certi versi simile per tematiche).


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Home è ambizioso, dall'aria assurda, ma girato con uno stile estremamente realista. Pur non essendo di certo un capolavoro è un film interessante, pieno di spunti di riflessione e di interpretazioni possibili, che non ci fornisce nessuna risposta precisa, ma ci fa calare, allo stesso tempo delicatamente e con forza, nella nevrosi maniacale che attraversa come un fiume sotto al ghiaccio la nostra esistenza e la nostra modernità.

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